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La ’ndrangheta voleva prendere la Toscana. “Contava su politici, dirigenti e associazioni”

La ’ndrangheta voleva prendere la Toscana. “Contava su politici, dirigenti e associazioni”

Ventitré arresti, decine di indagati. Tra loro il capo di gabinetto della Regione, il sindaco di Santa Croce e un consigliere regionale

di STEFANO BROGIONI

Firenze, 16 aprile 2021 – La polvere bianca e un’altra sostanza, scarto delle lavorazioni delle concerie di Santa Croce sull’Arno. Droga e rifiuti: così la ndrangheta fa affari in Toscana. Ma l’inchiesta della Dda di Firenze (23 arresti, decine di indagati) è una bomba, perché nelle carte di una triplice indagine che ha visto collaborare carabinieri del Ros, del Noe e Forestali, accanto a personaggi come Domenico Vitale Nicola Chiefari, contigui al clan Gallace, ci sono politici associazioni di conciatori. Il sindaco di Santa Croce, Giulia Deidda, è inserita in un’associazione per delinquere che, secondo i pm Giulio Monferini ed Eligio Paolini, si sarebbe organizzata per aggirare le leggi sullo smaltimento dei fanghi e influenzare la politica.

Tra gli indagati (corruzione per atti contrari ai doveri di ufficio) il capo gabinetto della Regione, Ledo Gori, il direttore del settore Ambiente, Edo Bernini (abuso d’ufficio) e il consigliere regionale Pd, Andrea Pieroni (corruzione).

Decapitati i vertici dei conciatori: ai domiciliari, in esecuzione di un’ordinanza del gip Antonella Zatini, il presidente dell’Associazione Conciatori Alessandro Francioni, l’ex direttore Piero Maccanti e il suo successore Aldo Gliozzi. In carcere Francesco Lerose, crotonese domiciliato a Pergine Valdarno, gestore con moglie e figlio di due impianti, a Pontedera Levane. Sarebbe stata sua l’idea di cedere il “keu” (il prodotto finale del trattamento dei fanghi di conceria) a un’altra impresa infiltrata dalla ’ndrangheta che stava costruendo la variante della Sr 429.

Così sotto la nuova strada tra Empoli e Castelfiorentino sarebbero finite 8mila tonnellate di terra pregna di cromo. Lerose è l’anello di congiunzione con il secondo filone dell’inchiesta, in cui una storica impresa del Mugello, la “Cantini Marino“, si sarebbe impadronita del mercato con metodi mafiosi perché infiltrata dalle ’ndrine a loro volta padrone del porto di Livorno, snodo del traffico internazionale di droga. Nelle intercettazioni, il potere dei conciatori e la loro influenza. La sindaca di Santa Croce avrebbe fatto pressioni sul presidente Giani affinché Ledo Gori, già capo gabinetto con Rossi, restasse al suo posto, com’è poi è stato. “A me il Giani – dice la Deidda -, quando gli ho fatto il lavaggio del cervello, lui si è messo a sede’ gli ho detto: per questo territorio mi devi dì una cosa ed una sola: dove c… sta Ledo? Per noi è dirimente e mi ci metto anch’io”. Gori, per i pm, aveva l’obiettivo di mantenere le promesse fatte ai conciatori e rimuovere Alessandro Sanna, funzionario regionale ostile agli interessi degli imprenditori di Santa Croce.

Fonte:https://www.lanazione.it/cronaca/indagine-ndrangheta-1.6250681