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La mafia e i nuovi accordi con la politica

La mafia e i nuovi accordi con la politica

di Giuliano Turone

Come si può leggere nel rapporto giudiziario del 23 dicembre 1980, Piersanti Mattarella nel suo operato politico si era battuto per sradicare i vincoli di reciproco condizionamento tra politici, forze imprenditoriali e organizzazioni mafiose.

Egli aveva disposto, infatti, accurate ispezioni in materia di appalti, tra cui una in particolare, volta a verificare presunte irregolarità sulle procedure seguite dal Comune di Palermo nelle gare di appalto per la costruzione di sei edifici scolastici. Ciò deve essere stato enormemente sgradito a Cosa Nostra, soprattutto a quella fazione facente capo a Bontate, Spatola, Inzerillo e Gambino –specificamente interessata a quelle gare –che abbiamo visto confrontarsi addirittura con il presidente del Consiglio Andreotti in persona sul «problema» Mattarella, sia prima sia dopo l’omicidio. Pertanto non sembra casuale che, appena due giorni dopo l’omicidio Mattarella, il Comune di Palermo si sia affrettato a sostenere la regolarità delle gare d’appalto, contestando così i risultati dell’ispezione e contraddicendo anche l’impegno, che aveva assunto il sindaco pro tempore con il presidente della Regione, di annullare le procedure sino a quel momento formalizzate.

Piersanti Mattarella era da tempo angosciosamente preoccupato per la crescente aggressività di Cosa Nostra e anche per le possibili reazioni mafiose alle sue iniziative, che avrebbero potuto minacciare la sua stessa incolumità fisica. Questo stato d’animo di Mattarella traspare dalle deposizioni del suo capo di gabinetto Maria Grazia Trizzino e dell’allora ministro dell’Interno Virginio Rognoni, che aveva avuto un colloquio con il presidente della Regione nell’ottobre 1979.

In particolare, in base alla deposizione del ministro Rognoni, veniamo a sapere che in quel colloquio Mattarella: –si era ricollegato agli omicidi del commissario Boris Giuliano e del giudice Cesare Terranova (rispettivamente luglio e settembre 1979) per sottolineare che la mafia stava privilegiando nuove forme criminose e creando inquietanti legami con la politica;–aveva aggiunto che il suo sforzo era quello di recidere proprio tali legami, facendo riferimento agli interventi volti a fermare la procedura di alcuni «appalti concorso» (a proposito dell’omicidio di Piersanti Mattarella si veda G.Grasso, Piersanti Mattarella. Da solo contro la mafia, Edizioni San Paolo, 2014; G.Marcucci, Generazione senza rimorso, in AA.VV., Alto tradimento, P. Bolognesi (a cura di), Castelvecchi,.2016.4Deposizione Trizzino 10 aprile 1981 e deposizione Rognoni 11 giugno 1981, in Tribunale Palermo, g.i., sentenza-ordinanza 9 giugno 1991, pp. 210-214.5Il cosiddetto «appalto concorso» viene adottato quando, per l’esecuzione di lavori che presentano caratteristiche tecniche particolari, le ditte vengono invitate a presentare, a fianco delle offerte economiche, anche i relativi progetti tecnici) e ad altri interventi simili, senza nascondersi che potevano provocare ostilità nei suoi confronti e anche un clima di grave intimidazione; –aveva espresso chiaramente il suo vivo dissenso e la sua grande preoccupazione per le notizie sulle pressioni che l’ex sindaco di Palermo Vito Ciancimino –uomo di «discussa, ambigua e dubbia personalità» – stava mettendo in atto per ottenere «un reinserimento a un livello di piena utilizzazione politica all’interno del partito della Democrazia cristiana».

Un’altra deposizione rilevante, circa le preoccupazioni che tormentavano il presidente della Regione Sicilia, è quella del suo successore, Mario D’Acquisto, secondo il quale Mattarella «era particolarmente preoccupato anche perché temeva che il terrorismo potesse cercare nuove aree di espansione nel Sud aggiungendosi al fenomeno della mafia […]. Il presidente ucciso paventava che la mafia siciliana potesse offrire al terrorismo killer e aiuti di altro genere, ove il terrorismo politico avesse deciso l’alleanza con la mafia».

4 Febbraio 2020

FONTE:http://mafie.blogautore.repubblica.it/