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La mafia dentro i padiglioni di Expo 2015

L’Espresso, Mercoledì 06 luglio 2016

La mafia dentro i padiglioni di Expo 2015
Nel mirino della Dda il consorzio Dominus che allestì nel sito di Rho il palazzo congressi, l’auditorium, e gli stand milionari di Francia, Qatar e Guinea. Le accuse: associazione a delinquere con l’aggravante di aver agevolato Cosa Nostra. Undici arresti. Tra loro anche un avvocato, ex presidente della Camera Penale di Caltanissetta

DI MICHELE SASSO

I tentacoli di Cosa nostra fin dentro il cuore delle strutture espositive più grandi d’Europa, Fiera Milano, un colosso da 260 milioni di euro di ricavi l’anno. E grazie a rapporti criminali e subappalto dopo subappalto, anche l’allestimento e la costruzione di alcuni padiglioni di Expo 2015, il maxi evento andato in scena alle porte della metropoli l’anno scorso.

L’incubo dell’infiltrazione e del lato oscuro degli appalti milionari è diventato realtà stamattina quando la Guardia di Finanza ha arrestato 11 persone su richiesta dei magistrati milanesi antimafia Sara Ombra e Paolo Storari, coordinati dal procuratore aggiunto Ilda Boccassini.

Le accuse vanno dall’associazione a delinquere finalizzata a favorire gli interessi di Cosa Nostra, in particolare la famiglia Pietrapersa di Enna, a riciclaggio e frode fiscale. Nel mirino della Dda il consorzio Dominus, che allestì per conto della controllata della Fiera, Nolostand, i padiglioni di palazzo congressi, auditorium, Francia, Qatar, Guinea, e lo stand Birra Poretti.

Funzionava così: Fiera Milano delegava la realizzazione della opere necessarie a grandi manifestazione internazionali (come il Salone del mobile e la Borsa del Turismo) alla controllata Nolostand. E quest’ultima assegnava gran parte dei lavori alla società consortile “Dominus”, amministrata da “teste di legno”, ma di fatto riconducibile a Giuseppe Nastasi e Liborio Pace.

Secondo l’ordinanza d’arresto, le indagini hanno dimostrato “una serie di elementi relativi all’infiltrazione mafiosa”. La figura principale è quella di Giuseppe Nastasi, “un imprenditore che si occupa di allestimenti fieristici e che, insieme ad altri soggetti che fungono da prestanome, commette una serie di reati tributari per importi assai rilevanti”.

Nell’ordinanza si legge che “Nastasi è apparso subito in rapporti molto stretti con Liborio Pace (con cui è socio), già imputato per appartenenza alla famiglia mafiosa di Pietraperzia e che dalle indagini appare come elemento di collegamento con detta famiglia partecipando all’attività di riciclaggio del denaro provento dei reati tributari”.

I due soci Pace e Nastasi “intrattenevano costanti rapporti con i dirigenti e gli organi di vertice della Nolostand, al fine di ottenere l’aggiudicazione o di assicurarsi il rinnovo dei contratti di appalto dei servizi di trasporto e facchinaggio dei siti fieristici”. A scriverlo è il giudice Fabio Roja che si è occupato del provvedimento con il quale la Nolostand è stata commissaria. “Pace e Nastasi – continua l’ordinanza – avevano, quali interlocutori privilegiati, Enrico Mantica, in qualità di direttore tecnico ed ex amministratore delegato di Nolostand spa, per la risoluzione di problematiche lavorative e Marco Serioli, amministratore delegato di Nolostand spa”. Entrambi i manager, allo stato, non risultano comunque indagati.

Il giro d’affari dimostra i rapporti stretti e consolidati: su 20 milioni di euro di fatturato in tre anni, 18 milioni il consorzio di cooperative Dominus scarl li ha fatti con Nolostand spa, per la quale ha realizzato dentro il sito di Rho-Pero gli allestimenti che milioni di persone hanno ammirato durante i sei mesi dell’esposizione universale: palazzo congressi, l’auditorium da 1.500 posti, i padiglioni della Francia, del Qatar e della Guinea, nonché il maxi stand della Birra Poretti.

Giuseppe Nastasi e Liborio Pace sono accusati di associazione per delinquere finalizzata a fatture false e altri reati tributari, ad appropriazione indebita e a riciclaggio con l’aggravante di aver agito per favorire Cosa Nostra nella «famiglia» mafiosa siciliana di Pietraperzia (Enna).

A Nastasi, a suo padre Calogero e a Pace, è contestata anche l’aggravante di aver agito per favorire Cosa Nostra con la consegna di denaro in contanti (prodotto dal «nero» delle fatture false e dal riciclaggio) ad un esponente (attualmente detenuto per associazione mafiosa) del clan di Pietraperzia: Pace, che in passato è stato assolto dall’accusa di associazione mafiosa, è sposato con la figlia di un condannato per associazione mafiosa, e la cognata è moglie di un altro condannato per mafia, mentre nell’hinterland milanese, a Pioltello, la zia della moglie di Nastasi è invece sposata con un condannato per associazione mafiosa nel processo di ‘ndrangheta Infinito, a sua volta fratello del pure condannato capo della “locale” di Pioltello.

Proprio uno dei viaggi del denaro in contanti dal Nord al Sud è costato l’arresto (con l’accusa di riciclaggio aggravata dalla finalità di favorire Cosa Nostra) anche all’avvocato di Caltanissetta Danilo Tipo. Il 23 ottobre 2015, mentre era in corso una perquisizione di routine in una cooperativa, Pace ha messo in salvo a casa sua e consegnato 295.000 euro in contanti all’avvocato, il quale, infilatili in 25 buste bianche di plastica dentro un sacchetto di carta nero, li ha portati dalla Lombardia in Sicilia nel bagagliaio della propria auto, provando a spiegarli (all’alt di un finto-casuale posto di blocco in autostrada) che erano delle forensi pagategli «in nero» da alcuni clienti.

Il solo Pace, invece, è accusato di riciclaggio per un secondo trasporto di contanti -sempre sul tragitto Lombardia-Sicilia- a bordo di un camion, stavolta 413.000 euro nascosti il 14 giugno 2015 dentro un valigia nella custodia di cartone di una piscina gonfiabile.

Danilo Tipo, fino a pochi mesi fa era presidente della Camera Penale nissena, difensore in importanti processi di mafia (come quello sulla strage di Capaci), ed ex consigliere e assessore comunale in una giunta di centrodestra del capoluogo siciliano.