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La guerra atomica di Rosy Bindi con l’arco e con le frecce

 

Il commissario straordinario di Roma Francesco Paolo Tronca parla con Rosy Bindi durante l'audizione in commissione parlamentare Antimafia,  Roma, 1 marzo 2016. L'audizione rientra nell'ambito del ciclo di audizioni che la commissione Antimafia sta svolgendo sull'inchiesta denominata "Mafia Capitale". ANSA/GIUSEPPE LAMI

Il commissario straordinario di Roma Francesco Paolo Tronca parla con Rosy Bindi durante l’audizione in commissione parlamentare Antimafia, Roma, 1 marzo 2016. L’audizione rientra nell’ambito del ciclo di audizioni che la commissione Antimafia sta svolgendo sull’inchiesta denominata “Mafia Capitale”. ANSA/GIUSEPPE LAMI

È un vorrei ma non posso fino in fondo, quello di Rosy Bindi e della Commissione antimafia. Vorrei fare uno screening sui candidati (un esercito, tenuto conto che a giugno si vota in 1.400 comuni) e sulla loro illibatezza, ma non ce la farò. Si vota in grandi città come Roma, Milano, Napoli, in comuni dell’Emilia e della Calabria, e dovunque mafie e malaffare hanno i loro politici di riferimento. Ma l’attenzione sarà rivolta solo ai comuni sciolti per mafia e commissariati, e a quelli che sono stati oggetto di commissioni di accesso e oggi sono gestiti da commissari “ordinari”.
La Bindi mette le mani avanti, memore delle polemiche suscitate alle scorse elezioni regionali per le sue dichiarazioni sugli “impresentabili”, ma anche con tutti i limiti il lavoro dell’Antimafia si presenta interessante. Nella lista delle realtà da mettere sotto la lente di ingrandimento rientra Roma. E allora la domanda da porre subito è netta: siamo sicuri che dopo l’inchiesta Mafia capitale, gli arresti dei politici coinvolti nel sistema Buzzi-Carminati, sia tutto ok? Siamo sicuri che “il mondo di mezzo”, non abbia già scelto i nuovi referenti da candidare? La risposta è no.
I grandi capataz del Pd e del centrodestra oggi messi fuori gioco dall’inchiesta, non stanno con le mani in mano. Hanno i loro candidati e dispongono dei voti per farli eleggere. E allora tocca ai partiti, se vogliono almeno tentare di salvarsi dal discredito che li circonda, fare pulizia. Loro conoscono i nomi dei politici legati agli uomini di mafia capitale. Loro sanno. A Roma come nell’Emilia una volta rossa, dove le inchieste hanno dimostrato che la ‘ndrangheta  è in grado di intrecciare rapporti politici a livelli altissimi. Rosi e l’antimafia, ancora una volta, combattono una guerra atomica con l’arco e le frecce. I partiti stanno a guardare perché le prossime amministrative sono difficili e i voti non hanno odore. Neppure quello rivoltante del malaffare e della mafia.
Da Il Fatto Quotidiano di giovedì 14 aprile 2016