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La clandestinità è ormai un crimine in Italia. Via alle ronde. Un salto all’indietro!

Più ricattabili gli stranieri con la legge sulla clandestinità

L’entrata in vigore della legge che fa della clandestinità un crimine e che istituisce le ronde suscita indignazione fra chi tiene conto dei diritti umani e della loro universalità, fra chi ritiene che i reati siano le azioni criminose e non uno status, una situazione personale, come non essere in possesso di un permesso di soggiorno

La propaganda razzista obiettivo prioritario dei partiti di governo.

La politica del governo italiano e della sua maggioranza parlamentare sembra essere interessata principalmente a trovare consensi su un tema così delicato e ad istigare al razzismo piuttosto che trovare soluzioni per regolare l’immigrazione nel nostro paese. L’effetto di queste leggi sul senso comune popolare costituisce l’aspetto più pericoloso perché modifica il punto di vista su diritti e cittadinanza, diffonde paura, diffidenza, comportamenti antisociali e provoca aggressività verso i diversi. Nell’episodio di grave intolleranza a via di Donna Olimpia a Roma, all’inizio di luglio, gli aggressori del rifugiato politico del Congo gridavano ” Facciamo come vuole il governo!”.

La portata della questione “immigrazione” non è di semplice soluzione ed è destinata a crescere esponenzialmente nel futuro. Lo “State of the World ” 2008 – del Centro per gli Studi Strategici e Internazionali USA sulle implicazioni dei cambiamenti climatici globali – identificava la migrazione di milioni di esseri umani in fuga da territori devastati da desertificazioni e da inondazioni per effetto del riscaldamento globale, tra i problemi futuri della politica estera e della sicurezza nazionale. Per questo al Forum sulla Migrazione della Piattaforma Mediterranea è stato chiesto ai Ministri degli esteri dell’Unione per il Mediterraneo (Processo di Barcellona) di riconoscere lo status di rifugiato ambientale.

Anche senza evocare visioni apocalittiche non è difficile immaginare che, ci piaccia o no, fra venti anni l’Italia sarà un paese diverso con una popolazione colorata, multi etnica e multi culturale, plurilingue.

Le procedure per regolarizzare chi lavora vanno semplificate.

Dobbiamo cercare quindi di rendere accettabile e possibilmente piacevole questo ineluttabile processo. Certo è non è facile adeguarci ad un mondo diverso da quello a cui eravamo abituati, se non ci rendiamo conto di quanto il lavoro degli stranieri sia fondamentale nell’organizzazione della nostra vita. Questo è il senso della richiesta da molte parti, anche istituzionali, della regolarizzazione del soggiorno di badanti e di collaboratori e collaboratrici domestiche, che è senz’altro positivo ma che costituisce un incongruenza giuridica perchè per le badanti non varrebbe il reato di clandestinità come per tutti gli altri: evidentemente l’eccezione viene offerta perché si tratta di lavoratori singoli con un rapporto familiare e non di intere maestranze a lavoro nero: da quando è in vigore la legge Bossi Fini la crescita dei clandestini nel nostro paese è esponenziale, eppure la maggioranza di loro, decine di migliaia, lavora nelle fabbriche, nelle campagne e nei cantieri senza riconoscimento di alcun diritto.

Le leggi sulla migrazione sono quasi sempre state restrittive, tuttavia al tempo del primo governo Prodi, una legge consentì a migliaia di stranieri di essere regolarizzati dai loro datori di lavoro, anzi divennero decine di migliaia e probabilmente per questo, in un rimpasto della compagine governativa, Rosa Russo Iervolino perse il posto di ministro dell’interno.

Se prima della legge appena entrata in vigore il lavoro nero si giustificava con la difficoltà di regolarizzare i soggiorni per motivi di lavoro, oggi, con i clandestini sempre più ricattabili sarà sempre più svalutato e abbasserà la soglia dei diritti per tutti, stranieri e italiani. Dovrebbe essere la Confindustria stessa a protestare perché la competitività fra i settori economici e le aziende è distorta da questa disponibilità di lavoro nero -il settore edilizio per esempio ne è favorito rispetto ad altri- e si diffonde l’illegalità. Anche gli imprenditori dovrebbero, come le famiglie per le badanti, avere la possibilità e la sicurezza di poter utilizzare legalmente l’indispensabile lavoro degli stranieri dal quale dipende l’economia del nostro paese.

Le buone pratiche

Allora, per chi è impegnato sull’antirazzismo si tratta di costruire nei quartieri e sul territorio strutture di orientamento, sostegno e aiuto per i migranti e di organizzazione di cittadini e cittadine italiane che vogliono cambiare l’insopportabile senso di intolleranza che si è installato sul nostro paese. Il lavoro in supporto dei migranti non esaurisce i nostri compiti: è necessario migliorare le relazioni all’interno della nostra società in modo che tutti siano rassicurati e non abbiano paura. L’immaginario popolare distorto di immigrati che vivono di espedienti – o peggio, come dice Bossi, che delinquono e uccidono- va riportato nei binari della realtà dove la stragrande maggioranza degli stranieri, anche se non in regola con il permesso di soggiorno, lavorano e fanno crescere economicamente il nostro paese, e anche demograficamente.

Patrizia Bonelli, della rete di ONG per il Mediterraneo MIO-ECSDE (Mediterranean Information Office for Environment, Culture and Sustainable Development)

(Tratto da www.aprileonline.info)