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Iovine: ”Ho dato soldi a tutti, anche ai sindaci”

“So benissimo di quali delitti mi sono macchiato. Sto spiegando un sistema di cui la camorra non è l’unica responsabile”. Sono le prime dichiarazioni del boss dei Casalesi Antonio Iovine che da poco ha deciso di collaborare con la giustizia. I verbali sono stati depositati in un processo in corso al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere.

Oltre a depositare i verbali, il pm ha chiesto di interrogare Iovine, che dovrebbe riferire vicende legate ai suoi rapporti con imprenditori. Il collegio ha accolto la richiesta e fissato l’interrogatorio per sabato 7 giugno.

Iovine ha rivelato anche che finirono nelle casse del clan dei casalesi alcuni finanziamenti del Ministero dell’Agricoltura per il rimboschimento nell’alto Casertano. La vicenda viene collocata da Iovine nei primi anni Duemila. “Si trattava – si sottolinea nel verbale – di lavori appaltati attraverso finanziamenti del Ministero dell’Agricoltura e Della Volpe Vincenzo ottenne di essere colui che avrebbe gestito per conto del clan i relativi appalti”. Della Volpe, secondo il pentito, “utilizzò anche imprese del napoletano, vivai che avevano le categorie giuste per accedere a questi finanziamenti. Se non sbaglio – ha aggiunto Iovine – questi finanziamenti si riferiscono al periodo in cui il ministro dell’Agricoltura era Alemanno e ricordo il particolare che il ministro venne a San Cipriano per una manifestazione elettorale al cinema Faro su invito di mio nipote Giacomo Caterino, anche lui impegnato in politica tanto che è stato candidato alle elezioni comunali e provinciali ed è stato anche sindaco di San Cipriano”.

Pronta la risposta di Alemanno: “I fatti a cui fa riferimento il pentito Antonio Iovine – scrive in una nota – risalgono a un periodo antecedente la mia gestione al Ministero dell’Agricoltura. Infatti, i finanziamenti per la forestazione affidati alla ex Agensud – vigilata dal Ministero – furono previsti nella delibera Cipe 132 del 1999 e furono erogati dalla stessa Agensud nell’anno 2000, quindi prima del mio insediamento nel Dicastero avvenuto nel 2001. Al contrario la nostra Amministrazione ha avuto un ruolo decisivo nel portare alla luce e debellare lo scandalo noto con il nome di “Forestopoli”, denunciato nel 2002 in un rapporto del dirigente del Corpo Forestale dello Stato della Campania, dott. Antonio Spaguolo”.

“Questa denuncia – prosegue l’ex sindaco di Roma – nel 2003 mi consenti di istituire una commissione, presieduta dal magistrato dott. Francesco Castello, che revoco tutti gli appalti che erano stati precedentemente assegnati e che permise alla magistratura di acquisire elementi decisivi per inquisire i pubblici ufficiali che avevano permesso l’assegnazione di quegli appalti”.

“In questo ambito naturalmente – ha aggiunto Iovine – si deve considerare anche la parte politica ed i sindaci dei comuni i quali avevano l’interesse a favorire essi stessi e alcuni imprenditori in rapporto con il clan per avere dei vantaggi durante le campagne elettorali in termini di voti e finanziamenti. Non aveva alcuna differenza il colore politico del sindaco – ha concluso Iovine – perchè il sistema era ed è operante allo stesso modo”.

“C’erano soldi per tutti in un sistema che era completamente corrotto”, soldi anche per sindaci. Ha detto il boss dei Casalesi Iovine. “Non aveva alcuna differenza il colore politico del sindaco – ha aggiunto – perché il sistema era ed è operante allo stesso modo”. “In questo ambito naturalmente – ha aggiunto Iovine – si deve considerare anche la parte politica ed i sindaci dei comuni i quali avevano l’interesse a favorire essi stessi e alcuni imprenditori in rapporto con il clan per avere dei vantaggi durante le campagne elettorali in termini di voti e finanziamenti. Non aveva alcuna differenza il colore politico del sindaco – ha concluso Iovine – perché il sistema era ed è operante allo stesso modo”.

“Generalmente – ha affermato Iovine – io ero del tutto indifferente rispetto a chi si candidava a sindaco nel senso che chiunque avesse vinto automaticamente sarebbe entrato a far parte di questo sistema da noi gestito”. “Devo però anche dire – ha aggiunto – che altre persone del clan potevano avere passione per la politica e comunque un interesse per un candidato piuttosto che per un altro”.

Esiste, ha detto il boss, una “mentalità casalese inculcata fin da giovani”. È quella che si può definire “la regola del 5 per cento, della raccomandazione, dei favoritismi, la cultura delle mazzette e delle bustarelle che, prima ancora che i camorristi, ha diffuso nel nostro territorio proprio lo Stato che invece è stato proprio assente nell’offrire delle possibilità alternative e legali alla propria popolazione”.

Pur ammettendo le proprie responsabilità in “gravissimi delitti”, nell’interrogatorio reso nei giorni scorsi al pm Ardituro l’ex boss del clan ha affermato: “le nostre condotte sono anche conseguenza di questo abbandono che abbiamo percepito da parte dello Stato”. Tali considerazioni – ha sottolineato – sono anche alla base della sua decisione di collaborare con la giustizia. “Forse non mi crederà – ha aggiunto – ma quando nel 2008 il governo emanò dei provvedimenti emergenziali che miravano nelle intenzioni di chi li predispose a dare delle risposte di legalità maggiori per il nostro territorio, io ne fui contento”.

Iovine ha aggiunto: “Anche la parte politica che dovrebbe rappresentare la parte buona dello Stato è stata quantomeno connivente con questo sistema se non complice. Sicuramente era del tutto consapevole di come andavano le cose”. “Era noto a tutti – ha detto
– che quella era un’impresa di Antonio Iovine eppure nessuno si è mai opposto a questo sistema. Per esempio, a San Cipriano una personalità come Lorenzo Diana che pure ha svolto un’azione politica dura di contrasto alla criminalità organizzata facendo parte anche della commissione antimafia, ha permesso che noi continuassimo ad avere questi appalti anche quando erano sindaci Lorenzo Cristiano e Angelo Reccia della sua stessa parte politica. Il sistema – ha concluso – è andato avanti fino al 2008 e allo stesso modo nulla ha avuto da ridire il sindaco Enrico Martinelli che era invece del centrodestra”.

La replica di Diana. Il boss pentito del clan dei Casalesi Antonio Iovine “scopre l’acqua calda sul fatto che gli appalti nei territori a dominio camorristico dei Casalesi fossero condizionati dalla criminalità organizzata dal momento che non c’era la libertà di partecipare agli appalti senza il loro assenso”: lo dice l’ex parlamentare Lorenzo Diana, citato da Iovine in una delle deposizioni ai pm della Dda di Napoli.

“Quando i funzionari dei comuni facevano gare di appalto – aggiunge Diana – partecipavano solo le ditte che avevano l’assenso del clan dei Casalesi. Questa realtà era da me denunciata con evidenti prove nella Commissione Antimafia, alla Prefettura e in pubbliche dichiarazioni chiedendo allo Stato di estirpare il controllo del territorio da parte del clan. Su questi aspetti ho chiesto e ottenuto tante riunioni del Comitato provinciale per l’ordine e sicurezza pubblica”.

“Il comune – continua Diana – chiedeva il certificato antimafia e queste ditte, che Iovine indica come proprie, lo producevano; senza quel certificato l’appalto non sarebbe stato confermato e pertanto è evidente che c’è la realtà del dominio della camorra da estirpare”.
“Su tutto il resto – aggiunge Diana – basta aggiungere che il mio impegno politico e personale contro la camorra dava talmente fastidio che Iovine e gli altri clan si riunirono per decidere di ammazzarmi con una bomba sotto la mia auto e quella della mia scorta. In quel periodo – conclude Diana – senza aspettare il diniego del certificato antimafia cacciai personalmente, in uno scontro diretto, la ditta notoriamente camorristica di Vassallo”, che aveva l’incarico di raccolta dei rifiuti.

(Tratto da Huffington Post)