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Intercettazioni. Non lasciamo spazio ai fascisti in Aula

Sarà vero che i cittadini chiedono privacy ma, nel frattempo, la legge voluta e stravoluta da Berlusconi ha assunto una diversa connotazione, anche perché  abbiamo avuto i casi Bertolaso, Anemone, Balducci. Qualcuno dice che ci sia un problema di entourage dalla grande eminenza grigia Gianni Letta… E poi la crisi economica con un decreto legge di tagli da 25 miliardi. Perché tanto insistere a fronte della crisi economica per questa legge? Sarà per la norma transitoria che blocca la pubblicazione delle intercettazioni anche nei procedimenti già in corso?

Questa settimana è stata segnata dall’approvazione – con la 34esima fiducia, più di una al mese, nonostante i numeri certi alla Camera e in Senato – della legge sulle intercettazioni. Iniziata al climax della vicenda Palazzo Grazioli/D’Addario, nei mesi i fatti si sono “sbiaditi” e sempre più la legge voluta e stravoluta da Berlusconi ha assunto una diversa connotazione, anche perché sarà vero che i cittadini chiedono privacy ma, nel frattempo, abbiamo avuto i casi Bertolaso, Anemone, Balducci. Qualcuno dice che ci sia un problema di entourage dalla grande eminenza grigia Gianni Letta…
E poi la crisi economica con un decreto legge di tagli da 25 miliardi. Perché tanto insistere a fronte della crisi economica per questa legge? Sarà per la norma transitoria che blocca la pubblicazione delle intercettazioni anche nei procedimenti già in corso?

Il PD ha fatto una battaglia limpida che forse avrebbe meritato il “no” alla fiducia e la pubblicazione delle 84 leggi più urgenti di quella sulle intercettazioni che abbiamo proposto in Aula due settimane fa nella maratona oratoria.
Tuttavia – fatta salva la necessità di migliorare la nostra comunicazione all’esterno e sui media – diffido di “sbandierate” e occupazioni delle aule legislative democratiche; certo vai sui giornali, certo sfrutti le “photo-opportunity” ma, mi chiedo, se noi parlamentari occupiamo le aule legislative i 7.000 disoccupati creati all’Alitalia, i precari che col prossimo decreto di tagli rischiano il licenziamento, gli immigrati sfruttati dal caporalato, perché dovrebbero frenarsi di fronte ad un Consiglio Regionale o Comunale che non può dare risposte?

La risposta sana e democratica alla destra (qualcuno insiste ancora che Fini è diverso?!) è la “monotonia” della democrazia: rispettare i luoghi della rappresentanza; usare tutti gli strumenti della democrazia; fare opposizione vera e non solo sui media; poi elaborare una proposta alternativa; infine vincere e portare al governo i deboli e gli oppressi. Questo è il modo per servirli, non fare retoricamente scena per dimostrare di farlo.
Insomma io non ho la “sindrome di Idv”. Semmai la voglia di migliorare azione e comunicazione del mio partito.
Spero se ne discuterà anche a Roma, a Caracalla, alla “Festa democratica dell’amicizia e dell’unità” (così son tutti contenti!) del Pd.

Roberto Di Giovan Paolo, Senatore PD

(Tratto da Aprile online)