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Intercettazioni: La bocciatura del CSM

Il testo sarà discusso e votato dall’assemblea la prossima settimana

Intercettazioni, la bocciatura del Csm
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Bocciatura in commissione: indagini difficili per i reati più gravi

«Pericoloso, irrazionale, problematico, distonico, incongruo, incoerente, eccentrico… ». In altre parole, «non condivisibile». Con una motivazione molto articolata, il Consiglio superiore della magistratura riduce in coriandoli il ddl Alfano sulle intercettazioni telefoniche che, di fatto, limiterà il ricorso a questo mezzo di ricerca della prova e allungherà il divieto di pubblicazione degli atti giudiziari (anche per riassunto) fino al termine delle indagini preliminari.

La proposta di parere al Guardasigilli, già votata dalla VI commissione e in discussione oggi in plenum del Csm, arriva con tempismo rispetto al dibattito che ieri ha visto la commissione Giustizia della Camera riunirsi ancora in seduta notturna per votare gli emendamenti al ddl 1415. Lo schema previsto dal relatore, il togato di Unicost Fabio Roia, ha un suo epicentro laddove descrive le conseguenze sui processi di maggior allarme sociale innescati dalla nuova disciplina: «È bene segnalare che una siffatta modifica potrebbe condurre ad impedire od ostacolare proprio questa attività di ricerca». Per esempio, argomenta l’ex pm Roia, «il ritrovamento di un cadavere e l’evidenza che si tratta di una persona uccisa non sarebbero più sufficienti per autorizzare le intercettazioni per avviare le indagini, essendo necessario anche aver individuato il possibile autore…» dopo aver raccolto, in altro modo, «gravi indizi di colpevolezza » a suo carico.

Il Csm non lo scrive ma il concetto è largamente condiviso a Palazzo dei Marescialli: per spuntare le unghie a una decina di pm che hanno esagerato con le intercettazioni, magari puntando senza successo sui colletti bianchi, si rischia di buttare via il bambino con l’acqua sporca. Infatti, vengono citati «i reati di criminalità comune (omicidi, violenze sessuali, rapine, truffe, estorsioni, corruzione, pedopornografia, sequestro di persona a scopo di pedofilia)» per i quali oggi le intercettazioni sono fondamentali. Il Csm poi boccia la norma, che si presta a «pericolose strumentalizzazioni», secondo la quale il pm indagato per violazione del segreto può essere rimosso dal capo dell’ufficio: «Così, attraverso denunce pretestuose, si consente» anche a «terzi estranei al procedimento di incidere sulla designazione del pm». Infine, il vaglio ex post del giudice collegiale: se il fatto è diversamente qualificato, cade il presupposto delle intercettazioni che si dissolvono come neve al sole. Così come gli eventuali provvedimenti di custodia cautelare derivanti dall’ascolto di quelle conversazioni.
Dino Martirano

(tratto dal Corriere della Sera)