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Inferno Testimoni di Giustizia. Una tragedia che si ripropone ogni giorno. In 3 giorni ci sono stati sottoposti 4 casi, tutti di una drammaticità singolare e tutti causati da una burocrazia da incubo e dalle carenze di organismi che non dialogano fra di essi

LA VITA DI UN TESTIMONE DI GIUSTIZIA: UN INFERNO.
COMMISSIONE CENTRALE CHE VA A RILENTO, SERVIZIO CENTRALE PROTEZIONE CHE FA ACQUA DA TUTTE LE PARTI E NON SI COORDINA CON IL NOP, NOP CHE ESEGUE LE DIRETTIVE SENZA CONOSCERE NEMMENO LA STORIA, LE VICENDE, LE PROBLEMATICHE, LE SENSIBILITA’ DELLE PERSONE CHE SONO SOTTOPOSTE ALLA SUA PROTEZIONE, PERSONALE CHE DOVREBBE ESSERE ALTAMENTE PREPARATO ANCHE DAL PUNTO DI VISTA PSICOLOGICO PER I SUOI CONTATTI CON UN MONDO DI PERSONE SENSIBILI, QUAL’E’ QUELLO DEI TESTIMONI E DEI COLLABORATORI DI GIUSTIZIA E CHE INVECE NON LO E’ AFFATTO.
PUBBLICHIAMO UN VECCHIO ARTICOLO DI “REPUBBLICA” CHE, ANCHE SE DEL 2002 E QUINDI VECCHIO, DENUNCIA UNA SITUAZIONE CHE NON E’ PER NIENTE MUTATA RISPETTO ALLA DATA IN CUI E’ STATO SCRITTO.

 

“Il mio inferno di testimone da 9 anni vivo in ostaggio”
“Mi sono dovuta sposare per finta e mi hanno
persino impedito di riconoscere i miei figli”
CARO direttore, mi chiamo
Maria, ho 28 anni e da nove vivo
in una località protetta scelta dal
servizio di protezione da cui
dipendo (per ovvi motivi di
sicurezza uso uno pseudonimo).
Decido oggi di rivolgermi a lei,
per sottoporle il mio caso. Da
ragazza mi accadde di assistere
ad un sequestro di persona.
Convinta che fosse la cosa
giusta, decisi di rendere
spontanea testimonianza di
quanto visto presso un posto di polizia.
Non sapevo all’epoca dell’esistenza di un servizio di protezione
per i testimoni. Il Pubblico Ministero che seguiva il caso di
sequestro mi dimostrò in ogni modo che potevo fidarmi di lui. Fu
lui a richiedere ed ottenere per me il programma di protezione, e
prima ancora che io firmassi alcun documento mi fece trasferire
dal mio luogo d’origine in una località protetta.
A quel tempo era una ragazza determinata, combattiva, convinta
dai miei ideali di aver fatto la scelta giusta, in quanto nutrivo una
grande fiducia nella giustizia. Ero pronta a lottare contro il mondo
intero per amore della giustizia, non riuscivo a vedere in essa
tutta la negatività che ci trovava la società del mio luogo
d’origine.
Una volta entrata in programma di protezione, accondiscendevo
con tranquillità alle richieste e alle pretese del Servizio Centrale,
mentre le mie richieste nei confronti del Servizio si possono ancor
oggi contare sulle dita di una mano. Tutto andò bene fino a
quando non decisi di costruirmi una vita assieme a un ragazzo
conosciuto nella località protetta, il quale accettava la mia
condizione. In un primo momento sembrava che non ci fossero
problemi, fissammo così la data delle nozze, preparammo
l’evento con grande entusiasmo, ma a due giorni dalle nozze mi
fu comunicato che non si poteva più fare niente, che erano sorti
non meglio precisati problemi. La cerimonia fu così una farsa per
ingannare i parenti dello sposo, che non dovevano sapere nulla
della mia situazione, in quanto non ha alcun valore, né civile, né
religioso. Dunque una convivenza a tutti gli effetti, ma questo
potrebbe anche andarmi bene perché ai fini pratici non cambia
niente.
Successivamente, assieme al mio compagno, decido di avere dei
figli. Anche in questi casi non sembrava ci fossero problemi, ma
al momento del parto, in entrambe le occasioni, si sono
presentati in ospedale alcune agenti del Servizio, costringendomi
a firmare la rinuncia di maternità sui miei due figli, impedendomi,
quindi di riconoscerli. Oggi i miei due bambini hanno
rispettivamente sette e sei anni e non ho ancora potuto
riconoscerli e non ho alcuna speranza di poterlo fare, per il
momento.
Da quasi cinque anni ho espressamente richiesto il cambio di
generalità, avendo terminato presso tutti i gradi della giustizia di
rendere testimonianza di quanto avevo visto nove anni fa. Solo
due anni fa la Commissione del Servizio Centrale di Protezione
decise di accettare la mia richiesta, rispondendomi che mi era
stato rinnovato il programma di protezione per altri due anni al
fine di determinare il cambio di generalità. Questi due anni sono
scaduti i primi giorni dello scorso mese di aprile.
Nel settembre scorso l’ultima brutta notizia. Carissima Maria, sei
stata inserita nel programma sbagliato, cioè nel programma per
“collaboratori di giustizia” anziché nel programma per
“testimoni”. Il cambio di generalità, purtroppo, non può avvenire
fino a quando la situazione non sia chiarita. Per oltre nove anni la
mia pratica ha viaggiato attraverso gli uffici del Servizio Centrale
di Protezione dalla sezione “testimoni” alla sezione “collaboratori”
e viceversa.
Dopo aver interpellato il Presidente della Repubblica, il Presidente
della Commissione del Servizio Centrale di Protezione e
sottosegretario agli Interni, onorevole Mantovano, il ministro
degli Interni, onorevole Scajola, sono stata convocata lo scorso
febbraio presso gli uffici del Servizio Centrale, per un incontro
chiarificatore sulla mia posizione. Durante tale incontro mi è stato
comunicato che la pratica per il cambio di generalità aveva
ricevuto, dopo sette mesi, la firma del ministro di Grazia e
giustizia, Castelli.
Solo lo scorso mese di marzo è stata chiarita la mia posizione di
“teste”.
Dopo vari contatti diretti, sia con la segreteria dell’onorevole
Mantovano che con gli uffici del Servizio Centrale di Protezione,
sono riuscita a sapere che la mia pratica era passata al vaglio
della Commissione Centrale, ma dopo più di un mese da tale
“evento” non si sa ancora con quale esito.
La segreteria del Presidente della Commissione afferma che
l’esito è stato positivo e che mi sarà comunicato ufficialmente
tramite gli uffici centrali, ma a questi ultimi non è ancora giunta
alcuna documentazione giocando allo scarica barile. A chi devo
credere?
Ho chiesto un incontro diretto con la Commissione ma mi è stato
negato.
Ho minacciato allora di rendere pubblica la mia situazione, cosa
che sto facendo e ben sapendo a quali rischi vado incontro e,
dopo essersi molto adirati, mi è stato risposto che il Servizio è
cambiato, che tali casi non accadono più nel Servizio, ma io,
egregio Direttore, di cambiamenti non ne vedo alcuno.
Sono nove anni che sono dimenticata dal Servizio e di fronte alle
mie ultime insistenze mi sento rispondere che sono molto
impaziente. Incredibile vero?!
Devo però ammettere che nella Bibbia, nel salmo 90 al versetto 4
è scritto: “Si dice che mille anni sono agli occhi di Dio come un
giorno”; per me però sono stati nove anni veri e non mi sembra
di essere stata impaziente. Un’ultima chicca, riguarda il Nop
(Nucleo operativo protezione).
Essi rappresentano il mio unico modo di comunicare con il
Servizio Centrale, ma spesso mi rispondono male, mi trattano
male in casa mia, riattaccano il telefono prima che la
conversazione sia terminata, nel caso devo fare qualche istanza
al Servizio Centrale, cosa rara, mi rispondono che loro non mi
fanno da postini, spesso non si fanno sentire per lunghi periodi,
quando tra i loro doveri c’è quello di contattare il “protetto”
almeno una volta alla settimana.
Ora, dopo tre mesi dalla delibera, nulla è cambiato. Sono ancora
seguita dalla stessa squadra che mi seguiva in precedenza, quella
che mi ha maltrattato, mentre ho tutto il diritto di essere seguita
dal gruppo che segue i testimoni. Più volte mi sono rivolta al
direttore del Nop per avere un miglior trattamento, ma mai nulla
è cambiato. Per l’ennesima volta sono stata ignorata.
Maria
(30 luglio 2002)