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.Indagata la Presidente della Commissione Antimafia della Regione Campania

 

Indagata per voto di scambio politico mafioso la presidente della 

Commissione Antimafia alla Regione Campania 

La Caponnetto fa il punto sulla criminalità organizzata in provincia di Salerno

 

In merito alle recenti operazioni dell’Autorità Giudiziaria nei riguardi della presidente della Commissione Regionale Antimafia della Regione Campania, Monica Paolino, il segretario nazionale della Caponnetto, Elvio Di Cesare, ha rilasciato la seguente dichiarazione.

I fenomeni criminali registrati sul territorio della provincia di Salerno hanno, rispetto a quelli delle altre province campane, una loro specifica peculiarità.

Le organizzazioni criminali attive su quel territorio presentano infatti profili di peculiarità tali da accostarle  al sistema mafioso delle ‘ndrine presenti nella regione Calabria. Infatti  nel salernitano non troviamo storiche famiglie, ovvero apparati criminali organizzati in strutture piramidali. Le recenti operazioni della magistratura salernitana e delle forze dell’ordine hanno messo in luce come i sodalizi criminali agiscano in quel territorio con strategie invasive che operano in modo talmente capillare da creare sul territorio una rete che include relazioni di autorità e di potere distribuite orizzontalmente. In altri termini, come ha efficacemente  evidenziato la DIA in un recente rapporto, operano “più nuclei di potere decisionale che proliferano e agiscono autonomamente, collaborando tra loro e con le consorterie criminali delle altre province al fine di realizzare progetti comuni immediati o a medio-lungo termine che producono profitto per tutti”.

Sul territorio della provincia di Salerno si riscontrano sodalizi riferibili alle seguenti famiglie:

Apicella, Bisogno, Celentano ( operanti a Cava dei Tirreni),

Carratù, Capozza (Eboli),

Contaldo, Adinolfi Petrosino – Fezza   (Pagani),

D’Agostino – Panella (Salerno),

D’Auria, De Feo – Bellizzi (Piana del Sele),

Genovese (Baronissi, Vallo dell’Imo),

Graziano, Serino (Sarno, Agro nocerino sarnese),

Iannaco (Sant’Egidio del Monte Albino),

Mariniello – Pignataro (Nocera Inferiore, Agro nocerino sarnese),

Matrone (Scafati),

Pecoraro – Renna (Battipaglia, Piana del Sele),

Tempesta (Angri).  

Gli ambiti criminali nei quali agiscono questi sodalizi sono  prevalentemente quelli del traffico degli stupefacenti, smaltimento dei rifiuti, degli appalti pubblici legati alla riqualificazione urbanistica, portuale e costiera locale e quella infrastrutturale nazionale, l’imprenditoria alberghiera, ristorativa e l’indotto turistico.

L’ingerenza, il condizionamento e la strumentalizzazione dell’azione amministrativa degli Enti Locali a favore di interessi criminali rappresentano un fenomeno molto esteso su quel territorio.

Basta ricordare le vicende culminate nello scioglimento del Consiglio comunale di Pagani e le recenti incriminazioni che hanno portato la magistratura salernitana ad indagare ben 52 persone (nella cosiddetta Operazione Criniera) . L’indagine riguarda l’intreccio tra politica e camorra a Pagani. Tra gli indagati, l’ex sindaco Alberico Gambino (oggi rieletto alla Regione Campania), il consigliere comunale ed ex consigliere provinciale Massimo D’Onofrio, nonché Gerardo Cascone detto Aldo, ex assessore alle attività produttive della giunta Gambino ed ex assessore provinciale al turismo, padre della consigliera comunale di FdI Raffaella Cascone; ancora, il fratello di Aldo, Renato Cascone, già consigliere comunale in seno all’amministrazione Gambino, e l’ex presidente dell’ormai fallita Multiservice Giovanni Pandolfi Elettrico. Insomma, l’infiltrazione e la collaborazione camorristica nelle amministrazioni sono un punto nevralgico per questo tipo di attività, tanto che, in base alle indagini,  eclatanti continuità sono state scoperte tra amministratori,  funzionari pubblici e camorristi.

Ricordiamo inoltre il recentissimo caso dello scioglimento del comune di  Battipaglia,  il cui sindaco è stato accusato di aver privilegiato, durante la assegnazioni di commesse pubbliche, aziende legate ai clan dei Casalesi.

Questo territorio, quindi,  è stato gravato, come quello delle altre provincie della Campania, dalle  complicità politiche/criminali, soprattutto, per quanto riguarda lo smaltimento dei rifiuti  nelle aree agricole del Vallo di Diano, dei Picentini e della Piana del Sele.

Un’ulteriore peculiarità dei sodalizi criminali operanti in quei territorio sta nel fatto che le stesse non disdegnano di aprirsi  a commistioni  con organizzazioni criminali di altre province, come quelle di Caserta (in particolare Casal di Principe), oppure quelle di Avellino (in particolare dei clan Cava e Graziano).

La vicenda giudiziaria di stamane, che vede coinvolti il sindaco di Scafati, la moglie del sindaco, la consigliera regionale di Forza Italia – e presidente della Commissione regionale antimafia – Monica Paolino, indagata per voto di scambio, e  Immacolata Di Saia, della segreteria comunale, appare molto grave perché dimostra come il calare di attenzione degli organi del Ministero dell’Interno in questo delicato fenomeno  delle ingerenze criminali nei comuni,  sia del tutto ingiustificato. Vale a dire che se gli strumenti di prevenzione che la legge pone a disposizione dell’Amministrazione degli Interni avessero funzionato con regolarità, sicuramente oggi non ci saremmo trovati  di fronte ad attività dello Stato volte a reprimere (piuttosto che a prevenirne le correlate condotte) i  reati che secondo le accuse (da confermare in  sede di giudizio) purtroppo  sono già consumati.

Infatti l’attenzione degli organi inquirenti è stata indirizzata verso la documentazione relativa all’aggiudicazione di appalti pubblici, e segnatamente  quello relativo alla realizzazione del Polo scolastico comunale dell’importo di circa 6 milioni di euro, al conferimento di incarichi a tempo determinato ai dirigenti dell’Ente e alle determine inerenti i lavori di riqualificazione urbanistica e stradale presso lo stesso consesso amministrativo.

Scafati è stato uno dei tanti comuni già sciolti per infiltrazione mafiosa. Elementi sintomatici di condizionamento della vita amministrativa di quel comune erano già emersi in relazione al recentissimo, inquietante episodio dell’esplosione di un ordigno rudimentale avvenuto a Scafati il primo novembre dello scorso anno davanti all’abitazione dei coniugi Cuomo-D’Alessandro, rispettivamente cognato e sorella dell’avvocato Vittorio D’Alessandro, consigliere comunale di minoranza del comune di Scafati.

L’associazione Caponnetto auspica che la delicata funzione di prevenzione antimafia cui sono deputati per legge i prefetti titolari di sedi provinciali, possa riprendere a dispiegare con regolarità ed efficacia le proprie azioni, cosi come è avvenuto negli anni scorsi. Infatti, alla luce  delle vicende giudiziarie come quella di Roma e oggi quella di Scafati, appare  evidente come il contrasto a questi deleteri fenomeni criminali di inquinamento degli equilibri democratici degli enti locali, di fatto sia stato delegato solo alla magistratura inquirente.

Roma, 18 settembre 2015

Ufficio stampa Associazione Antimafia Caponnetto

contatti: 347 0515527 – 347.3615263  https://www.comitato-antimafia-lt.org/