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INCHIESTA DELL’ANTIMAFIA DI TRAPANI, LE PALE EOLICHE DI VITO NICASTRI SONO PASSATE DAL PORTO DI GAETA

Sono passate dal porto di Gaeta le pale destinata all’edificazione dei parchi eolicidel Molise, d’Abruzzo e del Gargano. Provenivano da quattro società spagnole, tra cui la Gamesa Eolica Group leader mondiale del settore, e una francese.  Un affare milionario considerato quanta energia produce un sistema eolico.

Eppure non pulito come si potrebbe intendere se ai primi di aprile la Direzione Investigativa di Trapani su mandato dello stesso Tribunale ha messo sotto sequestro un miliardo e mezzo di euro tra beni immobili, quarantatre società di capitali con partecipazioni estere e ingentissimi patrimoni, più di 60 rapporti finanziari e decine di lussuosissime autovetture, oltre a uno splendido catamarano di 14 metri appena costruito.

Tutti beni riconducibili a Vito Nicastri, 54enne imprenditore di Alcamo, ex elettricista, soprannominato dal Financial Times come “il signore del vento”, ma anche ritenuto vicino a Cosa Nostra e in particolare al boss Matteo Messina Denaro. Da venti anni latitante, soprannominato Diabolik, attualmente il quarto latitante più ricercato del mondo.

E Gaeta? Inevitabilmente, vista la destinazione delle merci, tra il 2010 e il 2012 era il porto dove le pale eoliche e le turbine di Nicastri transitavano per le località del centro Italia dove dovevano essere installate.

*Ancora un'immagine del caricamento di una pala eolica tra il 2010 e il 2012*

*Ancora un’immagine del caricamento di una pala eolica tra il 2010 e il 2012*

Stoccate su un piazzale regolarmente preso in affitto dall’Autorità Portuale, le pale venivano poi affidate a cooperative di trasporto quali La Molisana che da anni opera nei trasporti industriali ed eccezionali sia sul territorio italiano che europeo. E che, negli ultimi anni, si è contraddistinta per il trasporto di impianti eolici in quanto dispone di veicoli speciali esclusivamente adibiti al trasporto di componenti eoliche. Tutto regolare.

Ma è la figura di Nicastri, ancora una volta, ad emergere sopra ogni altra. Professione ufficiale sviluppatore (il suo compito era di “vendere” il prodotto eolico: parchi eolici e fotovoltaici forniti chiavi in mano alle grosse aziende energetiche), innumerevoli erano le aziende che si rivolgevano a lui, Siemens, Greetech, Alerion tra le più importanti, secondo gli inquirenti metteva in contatto la mafia con le imprese pulite.

“Gli dico: Vito fai scendere gli spagnoli qua e gli dici che se non portano un altro milione e mezzo… Ma cxxxx! Loro devono sapere, prima di accendere il quadro che costa niente quel quadro non si metterà mai. Loro ci scendono con l’esercito e io la notte gli mando il topo”, è una delle intercettazione fatta a casa di alcuni mafiosi alcamesi riferita all’imprenditore che, prima di altri, aveva già capito l’enorme business delle energie rinnovabili e in breve era diventato un mago nell’ottenere concessioni dallo Stato (concessioni che in certi casi erano state negate persino all’Enel), acquistare terreni, costruire i parchi eolici e poi cederli “tutto incluso” ai grandi colossi del settore.

Nel centro Italia, passando dal porto di Gaeta.

 

IL SEQUESTRO DELLA ”XXI OTTOBRE II” E L’INCHIESTA SUL TRAFFICO D’ARMI

*Ilaria Alpi e Miran Hrovatin*

*Ilaria Alpi e Miran Hrovatin*

Ogni porto ha le sue storie,alle volte oscure, e quello di Gaeta non fa eccezione. Anzi, per alcuni versi si contraddistingue per vicende misteriose e, in alcuni casi, ancora oggi inevase. Con nomi, spesso gli stessi, che ritornano puntualmente.

Andando indietro nel tempo, oltre la vicenda del sequestro di ferro del dicembre scorso (LINK), e quella del trasporto di camion rubati verso la Libia del 2009 (LINK) che portò alla denuncia di dodici persone, la madre di ogni mistero resta quella relativa al 21 Ottobre II, la nave della Shifco, azienda di stato somalo, che aveva avuto in donazione nel 1981 sei navi, tra cui proprio la 21 Ottobre II, ed aveva attivato, nel corso degli anni, rapporti con la Pia di Gaeta, l’industria ittica di Vito Panati che proprio in questi mesi sta smobilitando in favore di un centro commerciale (LINK).

Nei confronti della nave 21 Ottobre II nell’aprile del 1994 la Procura della Repubblica di Latina, sostituto Vincenzo Saveriano, adottò un provvedimento di sequestro. Questo, come raccontò il magistrato il 27 ottobre del 2005 presso la caserma Cadorna della Guardia di Finanza a Roma, sentito dalla Commissione parlamentare di inchiesta sulla morte di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, fu adottato dopo le dichiarazioni di Samayar – un marinaio somalo – il quale raccontò di aver assistito al carico della nave a Tripoli e allo scarico di container a Beirut. All’epoca a prendere l’iniziativa fu l’allora capitano dei carabinieri della compagnia di Gaeta Sottili.

“Attraccata la nave nel porto di Gaeta – racconta Saveriano come si legge dal resoconto stenografico del 2005 – adottai un provvedimento di sequestro di tutta la documentazione – comprensiva di eventuali giornali di bordo, relativa ai movimenti della 21 Ottobre II dal 1990 sino al 1994 – presso gli uffici della Shifco dislocati presso la società Pia di Gaeta, nonché presso l’agenzia Lellimar, sempre di Gaeta, e dovunque si trovassero”.

Non fu trovato alcun riscontro ma l’ipotesi investigativa, la stessa che aveva mosso Ilaria Alpi e Miran Hrovatin uccisi in Somalia nel 1994, era di un traffico illecito di armi. E di rifiuti tossici.

 

DISASTRO MOBY PRINCE, SULLA SCENA C’ERA ANCHE LA ”21 OTTOBRE II”

*Le fasi di spegnimento della Moby Prince*

*Le fasi di spegnimento della Moby Prince*

La sera del 10 aprile 1991, il Moby Prince e la petroliera Agip Abruzzo entrano in collisione al largo del Porto di Livorno: muoiono 140 persone. In porto è ormeggiata, ufficialmente per riparazioni, anche la “21 Ottobre II”, l’ammiraglia della flotta Shifco che proprio quella sera ripartirà, pur priva di metà dell’equipaggio. E di cui tre anni dopo il procuratore Saveriano disporrà il sequestro a Gaeta. Da tempo è sospettata da polizia, servizi segreti e agenzie dell’Onu, di essere dedita a traffici internazionali d’armi ma quello che succede nei giorni precedenti la tragedia di Livorno è sintomatico del mistero di quei giorni.

Tra il 20 marzo e il 10 aprile, come racconta un’inchiesta di “Famiglia Cristiana” (LINK) recentemente pubblicata, tre dirigenti della compagnia Shifco raggiungono il porto toscano: sono Florindo Mancinelli, Ennio Malavasi, Omar Said Mugne.

“Mancinelli – racconta il pm Saveriano alla Commissione parlamentare di inchiesta sulla morte di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin nel 2006 – risiedeva in un albergo a Formia: era della Pia, una società che aveva contatti”.

I tre dirigenti sono diretti alla nave “21 ottobre II”, ormeggiata in porto. I permessi, sicuramente quello di Florindo Mancinelli, scadono proprio il giorno del disastro del Moby Prince. E mentre Mancinelli resta a bordo del peschereccio, all’Hotel Astoria di Reggio Emilia (resteranno il 6 e 7 aprile), il Sismi (il servizio segreto militare italiano) segnala  l’arrivo del capo della Shifco: Omar Said Mugne.

Insieme a lui “l’ambasciatore somalo Yussuf Ali Osman (ambasciatore presso la Santa Sede, noto anche come Ali Hussein) e l’addetto militare somalo Mohamed Hassan Hussein”.

L’11 aprile, il giorno dopo la tragedia, la Shifco cambia proprietà mentre all’aeroporto di Ciampino un avvocato somalo indicato come collaboratore dei servizi segreti militari italiani riceve Siad Barre, deposto a gennaio dopo essere stato per ventidue anni dittatore della Somalia. Anni dopo, nel 2003, un’indagine Onu troverà le prove del coinvolgimento della flotta somala nei traffici internazionali d’armi verso la Croazia e la Somalia del trafficante Monzer Al Kassar (noto alle cronache nazionali e internazionali per la sua partecipazione alla vicenda Iran Contras e per il sequestro della nave italiana Achille Lauro), che, secondo l’indagine, pagava le armi con permessi per scaricare rifiuti tossici in Somalia. I mezzi per il trasporto? Le sei navi della flotta Shifco e tra queste la “21 ottobre II”.

H24