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Il voto mafioso di Trapani, 200 boss appena scarcerati nella città che sceglie il sindaco.TRAPANI,UNO SCENARIO DAVVERO DRAMMATICO,CE L’HANNO RIFERITO ANCHE GLI AMICI SICILIANI DELL’ASSOCIAZIONE CAPONNETTO.LO STATO,SE ANCORA C’E’,NON PUO’ CONTINUARE AD ASSISTERE INERTE.

Il voto mafioso di Trapani, 200 boss appena scarcerati nella città che sceglie il sindaco
Lo sfogo del colonnello: “È chiara la scelta di Cosa nostra di ricorrere in maniera sistemica alla corruzione”

Duecento mafiosi hanno riconquistato la libertà, sono tornati a casa. Killer e capi. Mandanti ed esecutori. Un quarto di secolo dietro le sbarre. Ora basta. Hanno pagato i loro debiti con la giustizia. Trapani si gira dall’altra parte. E ha paura di questa offensiva dello Stato. Non era mai successo prima che, in piena campagna elettorale, anzi appena subito dopo il deposito delle liste e delle candidature a sindaco di Trapani, la magistratura arrestasse un candidato a sindaco per corruzione e chiedesse il soggiorno obbligato per un altro. Una sfida, consapevole di essere accusata di “una giustizia ad orologeria”.

È stata ed è una sfida perché tutti intendano. Ma la iniziativa più clamorosa non sono gli arresti per corruzione di uno dei cinque candidati a sindaco, Mimmo Fazio, deputato regionale e a tempo pieno al servizio dell’armatore napoletano che ha il monopolio del collegamento con gli aliscafi con le isole minori, Ettore Morace. Gli sviluppi delle indagini, che vedono sempre di più compromessa la figura del Governatore della Sicilia, Rosario Crocetta, hanno portato ad attribuire la cifra di ben 250.000 euro di mazzette finite nella cassaforte di Fazio.

Ma non è clamorosa neanche la richiesta, che si discuterà nelle prossime settimane, di soggiorno obbligato perché “socialmente pericoloso” del senatore Tonino D’Alì, anche lui candidato a sindaco. Certo, D’Alì rappresenta la storia dei rapporti tra quella borghesia agraria latifondista e la mafia, sin da quando la mafia svolgeva la funzione di campiere nelle campagne. Una famiglia agraria ma anche proprietaria della Banca Sicula fino a quando non fu venduta.

La novità clamorosa di queste settimane è lo scioglimento per mafia del consiglio comunale di Castelvetrano, la città di Matteo Messina Denaro, l’ultimo dei sopravvissuti in libertà (è latitante da un quarto di secolo) della direzione strategica di Cosa nostra che decise e attuò il tentativo stragista per portare a termine un golpe. Le stragi del 92-93 furono ideate per destabilizzare le istituzioni, per intavolare una trattativa con lo Stato. Il decreto di scioglimento proposto dal ministro dell’Interno Marco Minniti e approvato dal governo Gentiloni è ancora al Quirinale. È stato firmato dal Presidente Mattarella ma aspetta la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. La relazione della commissione d’accesso agli atti del comune di Castelvetrano è secretata e sarà trasmessa alla Procura distrettuale antimafia di Palermo e a quella ordinaria di Trapani. È un racconto impressionante sugli intrecci tra mafia, politica, massoneria e colletti bianchi. “Castelvetrano spiega cosa voglia dire flusso corruttivo magmatico”, taglia corto un investigatore.

Durante i festeggiamenti per la fondazione dell’Arma dei carabinieri, il suo comandante provinciale, il colonnello Stefano Russo, ha esposto uno scenario drammatico: “Il contesto è pesantemente condizionato dalla pervasiva presenza della mafia, che è sempre più protesa a infiltrare gli ambienti delle istituzioni, degli enti locali, delle professioni e dell’imprenditoria, nella ricerca costante di connivenze che possano garantirle al tempo stesso arricchimento impunità e consenso”. L’obiettivo delle forze di polizia è colpire “quello che è stato definito il capitale istituzionale della mafia. Una mafia – ha detto il colonnello Russo – che cambia pelle, metodi e strumenti al solo fine di mantenere inalterata la sua pericolosità. Ed è chiara la scelta di Cosa nostra di ricorrere in maniera sistemica alla corruzione”.

Trapani è la patria della mafia invisibile, sfuggente. Della massoneria come camera di compensazione – la Loggia Iside2 – dove i colletti bianchi, mafiosi, imprenditori, amministratori locali e uomini delle istituzioni definivano gli affari, i programmi e gli impegni». Sembrava una fotografia consegnata al passato la mafia che corrompeva e che sedeva sugli scranni del Consiglio comunale o in Giunta. Un Pm che è la memoria storica degli ultimi vent’anni di Trapani vista dall’osservatorio giudiziario, Andrea Tarondo, presentò un mese dopo l’11 Settembre una relazione sul condizionamento mafioso dell’amministrazione comunale di Trapani. Un atto di accusa straordinario, rimasto lettera morta.

“Sono documentali le infiltrazioni della famiglia mafiosa di Vincenzo Virga nel tessuto economico e politico locale. In particolare, rapporto di dipendenza di Francesco Canino, già deputato regionale, dalle direttive di Virga. Progressiva partecipazione di Canino all’organizzazione segreta denominata ‘Iside 2’ avente ad oggetto l’illecita influenza sull’amminisfrazione comunale di Trapani. partecipazione alla medesima organizzazione di soggetti di vertice delle famiglie mafiose della provincia di Trapani (Agate Mariano, Calabrò Gioacchino e altri) e di politici e funzionari dell’amministrazione comunale di Trapani”. In quella relazione  del Pm Tarondo, si parla dell’arresto di un assessore comunale, Vito Conticello, per concussione. Dell’arresto del sindaco Antonino Laudicina e degli ex assessori Giuseppe Scalabrino e Salvatore Bonfiglio, del segretario generale Antonio Galfano, del dirigente Filippo Sparla, del capogruppo CCD in consiglio comunale, Mario Toscano (le vicende processuali hanno avuto esiti diversi). E si legge ancora del sistema di controllo di Cosa nostra sugli appalti comunali nel settore della raccolta dei rifiuti solidi urbani, e del tentativo di infiltrazione nel settore del cablaggio.

Quindici anni dopo, con esiti processuali differenti e naturalmente con diversi protagonisti, l’infiltrazione mafiosa negli enti locali continua a essere fortissima. Il candidato a sindaco Mimmo Fazio è stato scarcerato con un provvedimento del gip che lascia molto ma molto perplessi. Fazio è il corrotto principale della inchiesta sull’armatore Ettore Morace. Sono indagati anche il governatore Crocetta e la dimissionata sottosegretaria Simona Vicari. Finito ai domiciliari in apertura di campagna elettorale ora ha il divieto di soggiorno a Palermo (dove si sono consumati i reati) e quindi ha potuto fare la campagna elettorale nella sua Trapani.

Il gip ricorda che Fazio era stato mandato agli arresti domiciliari per il “pericolo di recidiva”, che nell’interrogatorio di garanzia ha ammesso di aver avuto da Morace “una somma ben superiore a quella contestata nell’atto di incolpazione”.  E per questi motivi il gip decide di vietargli il soggiorno a Palermo. Trapani continua a stupire. In queste ore la Procura sta per depositare il ricorso contro la decisione di scarcerazione del gip. E alla vigilia del voto, i candidati a sindaco e al consiglio comunale sono mobilitati alla ricerca dei “traditori”. Sono in queste ore infatti che i signori della politica e della corruzione comprano pacchetti di voti. E in queste ore anche lo Stato ha messo in campo i suoi esploratori.