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“Il voto dei casalesi”. Stiamo affrontando da anni questo argomento e nessuno ci risponde

I voti dei Casalesi tra Focone e l’Americano

Ferraro e Cosentino e i rapporti con la camorra in tempo di elezioni

«Ho appoggiato a Focone, che doveva andare alla Regione, io non potrei vedere l’Americano. No io l’Americano ho la fotografia che l’ho votato….»: poche frasi per raccontare la politica secondo i casalesi. Le pronuncia Nicola Schiavone, figlio di Luigi, nipote di Francesco, arrestato il 12 luglio nel corso dell’operazione Normandia 2. Il criminale, intercettato, riesce a spiegare con chiarezza come la pensa il clan: il Focone in questione è l’ex consigliere regionale Nicola Ferraro, l’Americano è l’ex sottosegretario Nicola Cosentino. All’epoca dei fatti, siamo nel 2005, uno milita nel centrosinistra, l’altro è un esponente di punta del centrodestra. Ma per il clan vanno bene entrambi, anzi, il fatto che siano schierati su fronti opposti è addirittura una fortuna: così sono coperti da tutti i lati, come spiega ancora Schiavone.

Ma non mancano le critiche, soprattutto per l’Americano accusato di pensare solo a sé. Lo scenario che emerge è estremamente inquietante: feste elettorali organizzate dalla cosca, manifesti fatti affiggere a proprie spese, comizi organizzati nelle imprese gestite dalla malavita. A goderne sono i candidati giudicati, a farne le spese tutti gli altri. E per i clan casertani gli amici sono, come risulta dalle intercettazioni, sopratutto due: Nicola Ferraro e Nicola Cosentino, entrambi di Casal di Principe, il primo impegnato con una serie di aziende nel settore dei rifiuti (tutte fulminate da interdittive antimafia dalla prefettura), il secondo, per i magistrati, deus ex machina del consorzio Ce4, quello guidato dai fratelli Orsi e al centro di numerosissime inchieste giudiziarie. Il clan li segue in tutte le vicende politiche: Cosentino nel 2005 perde le elezioni provinciali, ma poi nel 2006 diventa deputato. Viceversa Ferraro la spunta in Regione, ma non arriva in Parlamento.

Come si vincono, o di perdono, le elezioni in terra di camorra lo racconta anche Michele Froncillo, pentito dei Belforte, il clan di Marcianise alleato (ma a volte anche nemico) dei casalesi: «Io stesso ho partecipato alla campagna elettorale del 2004/2005, in occasione delle elezioni amministrative, mentre mi trovavo agli arresti domiciliari – dice il malavitoso – Il tipo di sostegno che mi fu chiesto consisteva nel cercare di far ottenere, attraverso la mia influenza, più voti al raggruppamento e al Nicola Ferraro. Mi furono consegnati, a tale scopo, in due diverse occasioni, 30 mila e 15 mila euro circa. Questi soldi servivano per organizzare attività pubblicitarie in favore del Ferraro (attacchinaggio di manifesti elettorali, volantinaggio ecc.) e per dare alcune somme di danaro alle famiglie bisognose di Marcianise, che avrebbero contestualmente promesso il loro voto». Un impegno che ovviamente doveva essere ripagato. Spiega infatti Froncillo ai magistrati: «Preciso che – ovviamente – a queste persone fu fatto presente che il candidato dei Belforte era il Ferraro e, genericamente, che egli sarebbe stato a disposizione per le loro necessità». Una disponibilità data per scontata tanto da provocare anche curiosi incidente. Racconta il pentito: «Nel 2006 mi trovavo in transito presso il carcere di Santa Maria Capua Vetere nella cella di fronte a quella di Peppe Misso quando si sparse la voce che il ministro Mastella aveva dato incarico al D.a.p. ad un tale Ferrara. Noi credevamo che si trattasse di Nicola Ferraro e Misso disse che – a quel punto – eravamo a posto perché avremmo avuto il miglior trattamento penitenziario possibile perché il Ferraro era dei nostri. Poco dopo, però, sapemmo che non si trattava di Nicola».

E Raffaele Piccolo, del gruppo Schiavone, racconta: «Le elezioni del 2003, 2004 e 2005 sono state gestite dal clan Schiavone ed anzi direttamente da Nicola Schiavone. Per quanto riguarda il Comune, Nicola Schiavone impose di votare Antonio Corvino, Francesco Schiavone il medico, attuale vice sindaco di Casale. Una volta che Nicola Schiavone fece la sua scelta indicando queste persone, noi del clan andavamo in giro a promettere benefici per coloro che le avessero votate, presentandoci come emissari del clan Schiavone. Che io sappia anche alla Regione vengono già stabiliti i soldi che devono essere consegnati alle ditte del clan. Ricordo che mi fu spiegato da Salzillo Bruno che in realtà per le regionali il clan Schiavone e Nicola in particolare appoggiavano Nicola Ferraro dell’Udeur. Anche il Cosentino è stato favorito dal gruppo Schiavone. Il Cosentino infatti è titolare di una impresa di commercializzazione del gas». E il pentito Amodio racconta la vicenda del consorzio Acsa 3, la società pubblica che ne rilevò una privata, la Econova, assorbendone tutti i debiti: una vicenda, o meglio una truffa, che secondo il malavitosi sul piano politico fu gestita «attraverso i contatti che, da un lato, aveva Ferraro con alcuni Sindaci del Centro – Sinistra e, dall’altro, da Nicola Cosentino». Spiega Oreste Spagnuolo, che con Setola per dieci mesi mise a ferro e fuoco la Campania prima di pentirsi: «Ricordo che Ferraro nel 2007 fu avvicinato da Cirillo Alessandro affinché spingesse sull’amministrazione comunale di Villa Literno per far assegnare dei lavori relativi alla rete fognaria di quel Comune ad una ditta a noi legata». Il sindaco di Villa Literno, Enrico Fabozzi, è stato anche presidente del consorzio unico di bacino nel periodo nel quale il direttore, Antonio Scialdone, in concomitanza con la candidatura della moglie alle regionali del 2010, concesse un tal numero di promozioni da incrementare le spese dell’ente del 20 per cento.

Effetti collaterali di un sistema perverso: in terra di camorra il politico, che spesso è anche imprenditore, viene eletto grazie ai clan, poi si sdebita con gli appalti. E spesso è il deputato o il consigliere regionale a sceglier i sindaci ai quali procura l’appoggio dei boss. Così anche i primi cittadini dovranno sdebitarsi e gli appalti sono assicurati. Non è finita. Racconta Umberto Maiello, un altro pentito: «Petito Francesco ci ha consegnato nel 2006 dei soldi, a me e Cecoro Armando, che dovevamo distribuire a conoscenti ed altre persone di Casal di Principe affinchè votassero per Nicola Ferraro e Sebastiano Ferraro… Alle persone che si dimostravano disponibili venivano consegnati € 50,00 ciascuno in cambio del voto che dovevano dimostrare di aver effettivamente dato al candidato richiesto mediante una foto della schede elettorale scattata con il telefonino».

Il clan estende il suo potere anche al di fuori del casertano e così nel 2006, alla vigilia delle elezioni politiche, viene intercettata una conversazione di Ferrara con il legale Filippo Eboli che racconta: «Stasera sono venuti dei miei clienti che sono dei personaggi che hanno un peso non indifferente, io non lo so a te interessa solo Caserta, Napoli tutto… allora questo qua ha detto avvocà …se voi volete siccome adesso tutta… Secondigliano, Scampia, Vele è cambiato tutto … mò ci sta il figlio, ci stanno gli altri e tutti quanti, politicamente se vi interessa qualche discorso …, mi metto a vostra disposizione, però onestamente io vorrei pure far uscire qualche cosa perché …pagano…» Il candidato risponde: «E qual’è il problema?». E l’avvocato: «… l’Udeur ha preso 1000 voti, allora io vi dico .. vi faccio prendere a Scampia … 2000 voti… 3000 voti tre volte tanto… quattro volte tanto e poi stabilite voi che mi date, hai capito o no?… dopo le elezioni». Ferraro non viene eletto, ma il partito nella zona a nord di Napoli evita la debacle che si realizza nel resto della città dove raggiunge solo il 2,29 per cento. A Secondigliano, invece, arriva al 4,95; a Miano al 3,68 e a Scampia al 3,68.

(Tratto da Libera Informazione)