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Il “sistema” Autorità Portuale di Civitavecchia.

10 febbraio 2015 – 11:53 di
Autorità Portuale di CivitavecchiaAutorità Portuale di Civitavecchia

L’autorità portuale di Civitavecchia – Fiumicino – Gaeta è completamente fuori legge. Un sistema marcio, utilizzato come un bancomat oltre che un luogo dove regalare posti di lavoro ad amici e parenti, dove la legalità è un concetto totalmente sconosciuto. Un vero e proprio “poltronificio” made in Italy. Il classico carrozzone all’italiana, dove dispensare assunzioni, consulenze e incarichi esterni, così da trasformare un ente governativo in un ricettacolo di violazioni di legge, con sperperi vari di denaro pubblico, da convogliare a parenti e a figure dalle dubbie, quando inesistenti, o peggio inventate, competenze tecniche.

Porto di CivitavecchiaPorto di Civitavecchia

Più diplomatiche, ma non meno affilate ed eloquenti, sono le parole usate dal funzionario della ragioneria dello Stato Jair Lorenco, che ha ispezionato i bilanci dell’autorità portuale di Civitavecchia – Fiumicino – Gaeta tra il 2008 e il 2013. Una relazione durissima, inviata all’Anticorruzione, alla Corte dei Conti e ai ministeri dell’economia, della funzione pubblica e dei trasporti, a margine dell’analisi sulle spese dell’ente pubblico, conclusasi nel maggio dello scorso anno, che getta luce sulle modalità di assunzione e sulle consulenze adottate dall’autorità portuale laziale, nel cui sistema illegale non mancano le responsabilità di chi doveva controllare e non lo ha fatto.

Un quadro sconfortante, dove emergono costantemente le ombre dell’illecito, nella logica del favore, della parentela, delle assunzioni pilotate e del conflitto di interesse, contro ogni riferimento normativo vigente. Pratiche che si sono consolidate nel corso degli ultimi anni anche grazie ad un sostanziale vuoto normativo da parte del ministero dei trasporti, che ha lasciato le mani libere in materia di spesa, soprattutto alla politica. Ma sul litorale laziale si è davvero esagerato, un dato su tutti: basti pensare che l’Autorità Portuale di Genova, sede del porto più grande d’Italia, spende circa 17 milioni annui per il costo di 208 dipendenti, mentre l’omologa Autority laziale, per la metà dei dipendenti, 106, spende 14 milioni e 126mila.

 

LE AUTORITA’ PORTUALI E IL VUOTO NORMATIVO.

In Italia si contano ben 23 autorità portuali, istituite con un’apposita legge, del 1994, aventi forma di ente pubblico con autonomia giuridica. L’istituzione delle Autority avvenne per riorganizzare la gestione dei beni e dei servizi nei maggiori ambiti portuali nazionali, e affidarla così a questi nuovi organismi governativi. La prima fu fondata a Livorno, alla quale seguirono Ancona, Bari, Brindisi, Cagliari, Catania, Civitavecchia, Genova, La Spezia, Marina di Carrara, Messina, Napoli, Palermo, Ravenna, Savona, Taranto, Trieste e Venezia, Piombino, Gioia Tauro, Salerno, Olbia, Golfo Aranci, Augusta. Le autorità portuali di Trapani e Manfredonia sono state soppresse.

assoportiI compiti principali dei rispettivi ambiti portuali riguardano la pianificazione del territorio portuale, la programmazione degli interventi, la manutenzione, l’amministrazione delle aree e dei beni del demanio, la sicurezza, la pulizia e altri servizi di gestione. Contestualmente alla loro fondazione, con il decreto legge del 1996, si sono indicate anche le modalità per le assunzioni del personale, che vengono infatti regolate dal contratto collettivo nazionale, che segue a sua volta i criteri indicati dal decreto del ministero competente, ovvero quello delle infrastrutture e dei trasporti. Decreto che di fatto delega l’associazione rappresentativa di categoria, ovvero l’Assoporti, ad assumere la funzione di datore di lavoro.

Una mossa che, come vedremo, ha dato modo alla politica di infilarsi nel sistema, quando non se n’è addirittura impossessata, e gestire le assunzioni e le spese di consulenza.

logo autorità portualeE se ne accorge anche il funzionario titolare dell’ispezione nei confronti dell’autorità portuale di Civitavecchia – Fiumicino – Gaeta, Jair Lorenco, che viene incaricato nel marzo dello scorso anno dal ministero dell’economia e delle Finanze, di analizzare ciò che accade nell’ente portuale laziale. Ed è nelle conclusioni della premessa alla relazione conclusiva, spiegata poi nei contenuti relativi a quanto accade di più grave nell’Autority, che Lorenco illustra come questo sistema di delega del ministero a gestire i rapporti di lavoro, abbia creato il “mostro” all’italiana, dove posti di lavoro e consulenze vengono dispensati al di fuori di ogni norma vigente.

Il Mit – ricorda Lorenco – raccomanda procedure selettive per l’individuazione dei soggetti più idonei, in ragione dei posti da ricoprire, nel rispetto dei principi di trasparenza e massima partecipazione, nonché della vigente normativa di assunzioni nelle pubbliche amministrazioni. La raccomandazione del Mit – precisa – appare però una semplice clausola di stile la cui portata avrebbe avuto ben altri effetti se inserita in un decreto ministeriale ai sensi della legge istitutiva”. Regole che vengono invece individuate da Assoporti, nel 2013, e che “appaiono – prosegue l’ispettore – del tutto inadeguate a rispondere alle criticità rappresentate dalla magistratura amministrativa e contabile … e che il Mit si limita ad osservare ….

Questa lacuna, come detto e come vedremo, lascia ovviamente briglie sciolte alla politica, che notoriamente non merita tutta questa fiducia, inserita fattivamente nell’organismo più importante dell’ente, il comitato portuale, che ha potere deliberativo sulle decisioni: ci sono infatti il presidente della Regione, quello della Provincia e i sindaci dei Comuni sede dell’Autority, oltre al comandante del porto, il dirigente dei servizi doganali della circoscrizione doganale e il dirigente dell’ufficio del genio civile per le opere marittime, in rappresentanza rispettivamente del Ministero dell’Economia e delle Finanze e del Ministero dei lavori pubblici. E ancora il presidente della Camera di commercio competente per territorio, tre rappresentanti degli armatori, degli imprenditori, degli spedizionieri, degli agenti marittimi, degli autotrasportatori e dei lavoratori delle imprese che operano nel porto. Tutti nominati dal presidente e in carica per quattro anni.

 

LA RELAZIONE: “ … L’AUTORITY? UN CORTO CIRCUITO FUORI CONTROLLO …”.

E fin dalla sua istituzione nel 2002, l’autorità portuale di Civitavecchia – Fiumicino – Gaeta segue scrupolosamente il modello del conflitto di interessi “made in Italy”. Lo si capisce chiaramente osservando come le più alte cariche dell’ente, come presidente, segretario generale e presidente del collegio dei revisori dei conti, provengano proprio da altri incarichi all’interno dell’Autorità.

conflitto interessiQuesto “corto circuito – come lo definisce l’ispettore di Stato – tra soggetti preposti alla gestione, soggetti preposti alla vigilanza e soggetti preposti al controllo non appare – in linea teorica – del tutto idoneo a garantire al meglio l’esercizio delle proprie funzioni”. Ma “il pesce puzza dalla testa” e allora il sistema è interamente compromesso.

La relazione evidenzia infatti come dei 106 elementi dell’organico dell’autorità portuale laziale, ben 45, ovvero il 42 percento, siano collocati nei quadri più alti dell’organigramma. In questo modo “la definizione del trattamento economico sfugge a qualsiasi controllo e limite … dove il datore di lavoro definisce il trattamento economico da corrispondere partendo dal minimo previsto dal contratto collettivo per poi integrare ad personam”. Cioè, in buona sostanza, la scelta dello stipendio è arbitraria!

E il dottor Jair Lorenco lo dice chiaramente: “Il rischio è che le autorità portuali collochino i propri dipendenti in una zona franca che sfugge al controllo del ministero delle Finanze, al dipartimento della funzione pubblica e all’agenzia per la negoziazione delle pubbliche amministrazioni”.

soldiNon a caso, evidentemente, la spesa complessiva per i costi del personale, nel 2014, ha superato i 14 milioni di euro. Dal 2008 al 2011 sono state programmate ben tre variazioni di organico, per un incremento di 29 elementi, il 34 percento in più, e ne mancano ancora 8 da assumere. E meno male che in Italia si parla di spending review, blocco delle assunzioni e contenimento della spesa pubblica. All’anno 2013, in continua escalation, inoltre, i costi lordi del personale si sono attestati a 223mila euro circa per un dirigente, 126mila per un quadro e tra i 70mila e i 90mila per un impiegato. Insomma una crescita come detto totalmente fuori controllo che però il comitato portuale ha tentato di giustificare con il contestuale aumento del traffico passeggeri, della realizzazione di grandi opere, attivazione di nuovi terminal, potenziamento sicurezza e sviluppo commerciale del porto di Fiumicino. Ma la relazione di Lorenco smentisce senza possibilità di replica le giustificazioni del comitato.

civitavecchiaCivitavecchia

Partendo dal traffico passeggeri, il cui trend, proprio a cavallo delle richieste di potenziamento del personale, nel 2012, subisce invece la più alta contrazione dei precedenti 7 anni: con un -10,8 percento. Discorso analogo per il fantomatico aumento delle opere pubbliche: “dall’analisi dei bilanci 2009-2013 – precisa Lorenco – non sembra emergere un aumento sostanziale delle spese per opere infrastrutturali, ad eccezione del 2013, tali da giustificare un aumento così consistente della dotazione organica”. Invariato anche il tonnellaggio delle merci in transito tra il 2005 e il 2013, anzi in ribasso nel 2012 del 9,2 percento e nel 2013 del 13,9. Per quanto riguarda la sicurezza e lo sviluppo commerciale di Fiumicino, la relazione ricorda che aumenti di dotazioni organiche per gli stessi motivi erano già stati effettuati nel 2008 e nel 2004.

Insomma – conclude Jair Lorenco – non sembrano sussistere le ragioni fondanti l’autorizzazione della direzione generale per i porti del 2011 all’ampliamento della dotazione organica della segreteria tecnico operativa dell’autorità portuale di Civitavecchia – Fiumicino – Gaeta”.

 

CONSULENZE E INCARICHI “ILLEGALI”, UN “CAVALLO DI TROIA” NEL SISTEMA

Un altro vero e proprio scandalo, che la relazione individua come una pratica consolidata e illegale, riguarda l’attribuzione degli incarichi esterni. Centinaia di migliaia di euro elargiti senza che l’autorità abbia mai seguito un regolamento interno “per disciplinare e rendere pubbliche le procedure comparative”, ma soprattutto “chi viene nominato per uno specifico servizio manca di qualsiasi esperienza professionale pregressa”.

DETERMINEInsomma si nominano soggetti esterni, incompetenti, che vengono profumatamente pagati, fino a quattro incarichi consecutivi, senza motivare la chiamata e senza che si rispettino i requisiti di eccezionalità e temporaneità delle prestazioni. Allo stesso modo la chiamata diretta è mirata, e nessun altro può partecipare, come invece previsto sopra il limite dei 20mila euro.

Nel 2009 e nel 2010, ad esempio, sono stati liquidati allo stesso studio “Di Giuliomaria” ben 70mila euro complessivi per due incarichi. E Lorenco è lapidario: “gli atti di attribuzione di incarichi esterni devono ritenersi non conformi alla legge”. Ma succede anche di peggio, perché le norme per garantire legalità e trasparenza vengono sistematicamente violate. Insomma il sistema è completamente marcio e neanche l’attività del segretario generale, garante della legalità e della trasparenza, viene risparmiata: “ … le determine del segretario generale non sembrano idonee a soddisfare i principi e le previsioni della legge 241/90 e a garantire la necessaria trasparenza, certezza e legittimità dell’operato dell’amministrazione”.

 

I Casi

La relazione passa in rassegna casi di omonimie tra incaricati e dipendenti in organico all’autorità, e anomalie, vediamo quali sono. Franco Bonaccioli ha ottenuto 60.000 euro per quattro incarichi per espletare pratiche demaniali, tuttavia il “soggetto pur avendo diploma di maturità per geometra non risulta essere abilitato all’esercizio della professione”. Alberto Cicognani ottiene ben dieci incarichi, dal 2010 al 2013, per un importo complessivo di 176.250 euro per assistenza al rup (responsabile unico del procedimento) per coordinare i lavori ed opere pubbliche nei porti. Valentina Loiseaux ottiene quattro incarichi nel 2012 per un importo complessivo di 32.500 euro, senza aver fornito il curriculum. Azzurra Peris ha ottenuto quattro incarichi tra il 2012 e il 2013, per un importo complessivo di 42.000 euro, per assistere il Rup in attività di contabilità e controllo dei flussi economici. Peccato che non abbia alcuna esperienza, se non uno stage, all’attivo nel campo della contabilità.

I casi limite di conflitto di interesse

I quattro casi che seguono sono emblematici del funzionamento dell’autorità portuale nel segno del conflitto di interesse e delle contiguità parentali, ma anche la prova dell’inopportunità di coinvolgere e pagare chi era preposto a controllare perché parte della direzione generale dei porti. Maria Antonietta Cubellis, al momento dell’affidamento di un unico incarico, del valore di 35.000 euro, per individuare procedure tecnico – amministrative atte a definire la risoluzione delle eventuali controversie di carattere demaniale nelle aree del versante sud del nuovo porto di Fiumicino, è allo stesso tempo anche un funzionario in servizio presso la direzione generale dei porti, che quindi deve vigilare sull’attività contabile delle autorità portuali.

Come se non bastasse, secondo Lorenco, “la natura dell’incarico non sembra attinente con l’opera citata. Il carattere specifico, circoscritto ed eventuale della problematica connessa all’incarico sembrano configurarlo come una consulenza tout court senza nessuna utilità specifica in relazione all’ampliamento del porto”. Infine, la stessa Cubellis, sembra essere stata incaricata “successivamente anche alla nomina di componente del collegio dei revisori dei conti”.

Caso analogo è quello di Pier Vincenzo Ciccone che, per quattro incarichi, ha ricevuto ben 112.200 euro. Lo stesso Ciccone, al pari della Cubellis, fino a 3 mesi prima del primo incarico doveva vigilare sulle attività dell’autorità portuale come componente della direzione generale dei porti.

C’è anche la figlia del segretario generale dell’ente, Federica Iavolella che, dal 2011 al 2013, ha incassato 43.000 euro per quattro incarichi in materia di elaborazione degli atti contrattuali. Incomprensibile la sua scelta considerando che la Iavolella è laureata in scienze politiche con una tesi di laurea sul recepimento del diritto europeo nell’ordinamento britannico. Insomma non aveva alcuna esperienza lavorativa pregressa e l’incarico da 43mila euro per meno di due anni complessivi è stato il suo primo lavoro.

Il terzo caso limite è quello che riguarda Pietro Monti, fratello del presidente dell’autority, Pasqualino, che ha ottenuto quattro incarichi in un anno e mezzo per 36.242 euro totali, per gestire il sistema di alimentazione elettrica e altri lavori in ambito portuale. Non è presente il curriculum nella documentazione, ma c’è una nota del fratello Pasqualino che invita il segretario e il dirigente a non conferire più incarichi a Pietro per conflitto di interessi, salvo poi firmare gli atti connessi all’incarico.

Infine, c’ è lo strano incarico di Davide Perticara, al quale vengono liquidati 42.000 euro, per quattro incarichi, nel complicatissimo impiego di “attività atte ad evitare interferenze” (???). Insomma il sistema adoperato è collaudato, cioè far si che sia necessaria una collaborazione al fianco di un dipendente, il Rup, per chiamare qualcuno dall’esterno e pagarlo profumatamente.

… Un cavallo di troia – lo definisce Lorenco – per cooptare all’interno dell’autorità portuale profili senza nessuna esperienza professionale pregressa o con esperienze non valutabili ai fini dell’oggetto dell’incarico conferito; o, ancora, per aggirare le norme di contenimento della spesa pubblica relativamente alle consulenze”. Merita certamente l’ultima considerazione il fatto che dei novi casi esaminati, ben cinque siano persone di Civitavecchia, due sono parenti di organi dell’ente e altri due provengono dall’ufficio preposto alla vigilanza dell’autorità portuale.

 

ASSUNZIONI “AD PERSONAM” E IL RISCHIO CORRUZIONE

Il modello delle assunzioni è praticamente lo stesso degli incarichi. Ovvero nessuna evidenza pubblica, nessun concorso, senza considerazione alcuna circa la possibilità di individuare altri soggetti che sono meglio formati e più titolati, e perciò, quasi sempre senza nessuna competenza, sono stati assunti ben 41 soggetti, a tempo indeterminato e a chiamata diretta. Altro che particolari esigenze come prescrive la legge nel caso della chiamata diretta, ogni ufficio è stato riempito di persone senza spesso alcuna esperienza.

Pasqualino Monti presidente dell'Autorità Portuale di Civitavecchia e di AssoportiPasqualino Monti presidente dell’Autorità Portuale di Civitavecchia e di Assoporti

L’unica legge vigente in materia di assunzioni nell’autorità portuale tra il 2009 e il 2013, per usare le parole di Jair Lorenco, è stata quella “delle violazioni di previsione della legge istitutiva”. E ancora: “ … l’operato dell’autorità non appare corretto”, perché passando in rassegna i 41 profili degli assunti ci si accorge come nella stragrande maggioranza dei casi questi siano sprovvisti dei profili curriculari richiesti per coprire quella figura professionale. Alla faccia della meritocrazia. Ma c’è di più, in alcuni casi, i rapporti contrattuali, che ricordiamo vengono gestiti da Assoporti, il cui presidente è lo stesso Pasqualino Monti presidente dell’autorità portuale di Civitavecchia – Fiumicino – Gaeta, che i contratti li sottoscrive, sono decisi, circa la retribuzione, col modello “ad personam”. Cioè in alcuni casi, alla stipula del contratto, compatibile col contratto collettivo nazionale, sono state aggiunte arbitrariamente cifre fino a quasi il doppio dello stipendio base. Un fenomeno sul quale Lorenco intravede l’ombra dell’illegittimità e della violazione del piano nazionale anticorruzione.

In buona sostanza l’autority ha assunto in blocco i collaboratori da stabilizzare fino al marzo del 2008, chi doveva controllare o aveva controllato per conto di organi di vigilanza l’operatività dell’ente e soggetti esterni. La quasi totalità degli stabilizzati sono nati e cresciuti a Civitavecchia e Comuni limitrofi, neanche la sede dell’ente portuale fosse un ufficio di collocamento. Appaiono evidenti le responsabilità di chi doveva controllare e non lo ha fatto, colpevolmente e la volontà di sfruttare le parentele e le amicizie per cooptare amici e parenti all’interno dell’organico.

D’altra parte non bisogna dimenticare come negli ultimi anni siano stati assunti con ottimi stipendi mensili, il funzionario addetto al demanio della Capitaneria di porto di Civitavecchia, un membro del comitato portuale nonché dirigente sindacale dei lavoratori portuali, il comandante della Polizia municipale di Civitavecchia, un funzionario della direzione generale dei porti del ministero con competenze sul demanio, l’ex commissario straordinario dell’ente, l’ex sindaco di Gaeta, un funzionario della Direzione generale dei porti del ministero con mansioni di vigilanza amministrativo – contabile sulle autorità portuali oltre che ex componente del collegio dei revisori dei conti.