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Il saccheggio della Campania

DISASTRI ANNUNCIATI E FLOP GIUTIZIA
Un’Italia che crolla pezzo a pezzo, un paese che si scioglie come neve al sole. Una liquefazione annunciata, figlia di un saccheggio scientifico che dura da mezzo secolo. Mani sulla città dalle ere laurine quando con un tratto di penna si segavano colline e con i pastelli si cambiavano i colori delle diverse aree e, quindi, le loro destinazioni. Rapine private per mani pubbliche, politici protagonisti degli scempi o nella migliore delle ipotesi collusi con gli stupratori della terra.
Ma un “salto” di qualità si registra nell’80, un terzo di secolo fa e passa, quando il dopo terremoto che investe come uno tsunami la Campania diventa un grande laboratorio per sperimentare nuove tecniche di rapina delle casse pubbliche e di saccheggio scientifico del territorio e dell’ambiente. La lezione di allora serve ancora – eccome – ai giorni nostri, quando interi pezzi delle penisola collassano, come nella martoriata Liguria o lungo le squassate coste toscane.
Facciamo un solo esempio, tra i tanti possibili. Si sente spesso parlare, adesso, di “impermeabilizzazione” di vaste fette del territorio, tecnica che, secondo alcuni, serve a proteggere dai rischi più pesanti. Secondo altri, invece, causa essa stessa, e origine, di danni ancora più ingenti di quelli – in teoria – da evitare.
Vediamo cosa successe, proprio un terzo di secolo fa, nella Campania-cavia per i più orrendi mix genetici mai sperimentati, quello osmotico politica-camorra, per fare affari anche a costo di massacrare popolazioni e avvelenare per cent’anni (di morte e solitudine) le proprie stesse terre. Lo hanno dimostrato, mesi fa, le rivelazioni di alcuni pentiti sulla bomba rifiuti, in prima fila Carmine Schiavone, che ha raccontato quanto aveva già ufficialmente verbalizzato – udite udite – quasi vent’anni fa, a partire dal 1995; e tutto finito ad ammuffire nei cassetti di politica, magistratura, forza dell’ordine, per riemergere solo ora, dopo che i buoi sono abbondantemente usciti dalle stalle e le morti per cancro si moltiplicano a livelli esponenziali.
A inizio anni ’80, dal cilindro dei vip della politica che proprio col dopo sisma trovarono il trampolino di lancio (e fiumi di fondi pubblici) per l’escalation sulla scena nazionale (Paolo Cirino Pomicino, ‘o ministro, in testa a tutti, grazie al suo “scientifico” sistema di spartizione della spesa pubblica) uscì una lista di lavori & maxi appalti che nulla avevano a che vedere con il terremoto che aveva squassato l’Irpinia. Napoli, a quel punto, c’entrava come il cavolo a merenda: ma – miracolo di san Gennaro – oltre un terzo di tutti i fondi previsti per il dopo sisma (65 mila miliardi di vecchie lire) finì invece inghiottito da Napoli, per realizzare case & infrastrutture che niente, nulla, zero avevano a che fare con i danni prodotti da quelle scosse telluriche. E’ così che nel napoletano e nell’area che confina col casertano spuntano progetti che poi magicamente si ritrovano nelle tasche di un casalese arrestato. Fu il caso della bretella di Sant’Antimo, percorso che più elastico non si può, prima 6 poi 8 quindi 10 chilometri per toccare tutti i comuni controllati dalle cosche; appalti aggiudicati ai big del mattone locale e regolarmente smistati in subappalto ai boss della zona. Questo e cento altri progetti fantasma: basta un’idea anche “sgarrupata” e poi subito arrivano i soldi; quindi le “varianti” miracolose, le “sorprese geologiche”, le taumaturgiche “revisioni prezzi” (e per l’Expò di Milano non è appena andato in scena lo stesso copione???).
Ma torniamo a bomba, l’impermeabilizzazione killer. E a un altro mega progetto, forse il più incredibile e costoso del dopo sisma (e che con i morti sotto le macerie proprio nulla aveva a che vedere): la bonifica (sic) dei Regi Lagni. Una vastissima area a nord del capoluogo, tra il napoletano e il casertano, a ridosso del litorale domizio, con una platea di decine e decine di comuni che da sempre sversano allegramente, senza alcun controllo, e il tutto convoglia nella “foce Lagni”, una sorta di inferno ecologico che uccide una costa potenzialmente tra le più belle del paese. Cosa pensarono bene lorsignori (politici-imprenditori di riferimento-camorristi) nell’era di vacche grasse e fondi a go go del post sisma? Finanziare una fantomatica “bonifica” dei Regi Lagni, con la bellezza di prima 300, poi 600 milioni di vecchie lire, arrivati a sfondare lo stratosferico tetto dei 1000 (dico mille) miliardi di vecchie lire. Ai nastri di partenza il gotha del mattone a Napoli, in prima linea i progettisti più gettonati (pole position per Vincenzo Maria Greco, ingegnere – guarda caso – idraulico e uomo ombra di ‘o ministro Pomicino per tutte le opere del dopo sisma), di prassi i subappalti alle ditte di camorra che proprio grazie a quegli ingentissimi fondi trovano il propellente ad hoc per fare il gran salto di qualità (Casalesi, of course).
Lavori folli, progetti demenziali. Scientificamente sbagliati. Sì, perché hanno previsto una iper impermeabilizzazione di quei terreni, tanto per poter spendere di più, subappaltare di più. Senza prevedere (anzi prevedendolo e fottendosene, visto quel che succederà dopo) che alle prime forti piogge succederà il caos: rotture degli argini, esondazioni, acqua a fiumi.
Ma è poi successo qualcosa al processo per i Regi Lagni? Una bolla di sapone, la solita maxi inchiesta e poi solo pochi topolini nella rete, qualche trasportare di fanghi e pietrisco. Loro, i papaveri, i manovratori, camorristi & politici & imprenditori liberi come fringuelli.
Ma è successo qualcosa per l’ancor più maxi processo per il dopo terremoto, anni e anni di inchieste a caccia di corruzioni e concussioni quando era sotto gli occhi di tutti un colossale, gigantesco 416 bis che mai si sarebbe prescritto con quella velocità che solo lorsignori si possono consentire? Eppure, un pool di ben 4 toghe aveva lavorato su quel colossale scandalo che ha favorito il definitivo decollo della camorra spa (dopo gli accordi in occasione del “caso Cirillo”) e l’ascesa nel firmamento politico nazionale di tanti “napoletani” rampanti: non solo Pomicino, ma anche Scotti, Gava, De Lorenzo, Di Donato, un partito trasversale degli affari che la Voce della Campania ha documento – oltre che attraverso numerose inchieste – anche con la pubblicazione, nel 1990, del libro Grazie sisma, dieci anni di potere e terremoto.
Tutti beati e prescritti, lorsignori, per un processo farsa che ricorda – oggi – la macabra farsa dell’Eternit (e guarda caso, qualche protagonista in comune le due vicende lo hanno… ). Come una farsa il processo – mai nato – per la tangentopoli ante litteram in salsa partenopea: la realizzazione della Pozzuoli bis, Monteruscello, in seguito al bradisisma pilotato ad arte, nel 1983, per sgomberare pezzi dell’area puteolana e trasferirli, a suon di palate di miliardi, a pochi chilometri, in orrendi ghetti che crolleranno già dopo pochi mesi dalla realizzazione. Per la solita serie: lavori a pro di imprese e clan, progetti flop (addirittura sbagliati i balconi in molti lotti, con pendenze verso l’interno casa e quindi regolari allagamenti), qualità dei materiali scadentissima, il tutto da rifare già dopo qualche anno. Eppure, un’inchiesta era partita, avviata da alcuni magistrati coraggiosi (tra cui l’attuale numero uno della Direzione nazionale antimafia Franco Roberti). Ma archiviata in istruttoria per “voleri superiori”, quelli dell’allora procuratore capo di Napoli, preoccupato per i destini di alcuni big della politica nazionale che quell’inchiesta avrebbe potuto pesantemente mettere in discussione.
Ancora: è successo qualcosa per il disastro annunciato del Sarno? Anche lì lavori, progettazioni e poi fango killer, tutti beati e tranquilli, nessuna condanna, anzi chi ha distrutto s’è trovato a riprogettare, roba ai confini della realtà.
Beate archiviazioni. Sante prescrizioni. Impermeabilizzazione tombale su una marea di reati che hanno ucciso la Campania, distrutto il territorio, massacrato l’ambiente, deviato destini & coscienze, anticipato il peggio di quel che poi sarebbe successo a livello nazionale. Su tutto questo, oggi, ha qualcosa da dire la magistratura? Non sarebbe il caso di riaprire qualche ferita che grida vendetta?Anzi grida giustizia, ma quella vera. Quella uguale per tutti che è scritta nelle aule dei tribunali. Non quella dei Potenti, come gridava un paio di giorni fa un povero cristo dopo la bestemmia Eternit. L’ennesima in quest’Italia di ladri, finteguardie e, appunto, un marea crescente di povericristi.