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Il presunto boss, il Pd e il “tumore” M5S

Il Fatto Quotidiano, domenica 16 giugno 2019

Il presunto boss, il Pd e il “tumore” M5S

VINCENZO BISBIGLIA E MARCO PASCIUTI

Cacciate via questo tumore e sbrigatevi, che mi ha rotto i coglioni e sta rompendo gli equilibri del paese”. A fine estate 2015 Alessandro Fragalá è nervoso. L’arresto l’ha tenuto lontano dalla stanza dei bottoni per molto tempo e ora scalpita. Vuole “riprendersi Pomezia”il presunto boss mafioso dell’omonima famiglia del litorale sud di Roma, arrestato il 4 giugno nell’operazione ‘Equilibri’ della Dda della Capitale. Così l’8 settembre, intercettato dai carabinieri del Ros, impartisce l’ordine a Omero Schiumarini, ex capogruppo del Pd in Comune che, secondo quanto ricostruito dai magistrati, in quelle settimane lo va a trovare a casa per aggiornarlo sulla politica pometina: il “t um or e” da estirpare è l’amministrazione locale M5S guidata dall’ex sindaco Fabio Fucci, che due anni prima aveva sconfitto proprio Schiumarini al ballottaggio. Dai domiciliari, Fragalà muove le fila per riconquistare spazio sul territorio e, ricostruiscono gli inquirenti, in qu el l’autunno discute con Schiumarini e con Fiorenzo D’Alessandri –altro esponente del Pd locale – di come rovesciare la giunta grillina e inserire i suoi in amministrazione. Fra cui la figlia Astrid, già presidente della Confcommercio Roma Sud (“Ce l’ho messa io”, diceva Schiumarini) per la quale immaginava un ruolo da assessore. “L’interesse nostro sta a Pomezia. Ci dobbiamo tornare noi”, diceva Fragalà a D’Alessandri.

I TRE ERANO STATI coinvolti nel 2001 nell’operazione Bignè, una storia di presunte tangenti finita in prescrizione. Per questo, spiegava il capo famiglia, serviva un’operazione “facce nuove”. “La gente quando vede a noi gli facciamo schifo, giusto o sbagliato che sia”, gli dava ragione D’Ales – sandri, azzardando: “C’abbia – mo un paio di persone presentabili. Noi gli mettiamo la fascia tricolore poi gli accordi li facciamo dopo”. E il boss, in un ’altra conversazione, parlando con la moglie: “A me interessa che lui c’abbia un Fragalà là dentro, cioè mia figlia… qualsiasi cosa e chiunque va là, vede a mia figlia là dentro…di – ce ‘è coperto’”. A dispetto delle mire dei Fragalà, la giunta Fucci sarebbe caduta solo nel 2018, per la decisione dell’ e x M5S di ricandidarsi nonostante la regola dei due mandati. Nel frattempo , Schiumarini e i suoi avevano lavorato a un candidato “pulito”, individuato nell’avvocato Antonio Aquino, saltato in extremis per una spaccatura interna ai Dem. Schiumarini – passato dal Pdl al centrosinistra nel 2011 e poi al Pd dopo la sconfitta alle comunali del 2013 – aveva già contribuito all’elezione di Daniele Leodori (attuale vice di Nicola Zingaretti) in Consiglio regionale e, nel dicembre 2018, avrebbe perorato la causa del futuro segretario del Pd Lazio, Bruno Astorre, leader regionale della corrente AreaDem di Franceschini. Non indagato, Schiumarini si è dimesso da tutti i ruoli politici e anche dal lavoro part-time in Regione, in un ufficio di diretta competenza di Leodori. “Dopo essere stato definito da Buzzi come ‘incorruttibile’, queste frasi sono un altro motivo di orgoglio per me”, ha detto Fabio Fucci in un video su Facebook: “Vorrei solo finissero gli insulti di chi non ha accettato la mia scelta di uscire dal M5S”.