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Il pentito pugliese Annacondia: “La mamma di tutte le mafie è la ‘ndrangheta. In Calabria c’era il consorzio di tutte le organizzazioni criminali”

Il pentito pugliese Annacondia: “La mamma di tutte le mafie è la ‘ndrangheta. In Calabria c’era il consorzio di tutte le organizzazioni criminali”

«La “mamma” di tutte le organizzazioni criminali italiane era la ‘ndrangheta. In Calabria c’era un “consorzio” e tutte le famiglie erano potenti anche se i De Stefano-Tegano erano al vertice». È il collaboratore di giustizia Salvatore Annacondia, killer sanguinario ed esponente di spicco della mafia pugliese, ad averlo detto stamani durante l’interrogatorio avvenuto nell’ambito del processo ” ‘ndrangheta stragista”. Il “pentito” è stato chiamato a testimoniare dal procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo, titolare dell’inchiesta che vede alla sbarra Giuseppe Graviano, boss del mandamento palermitano di Brancaccio e Rocco Filippone, di 77 anni, di Melicucco, indicato dagli inquirenti come esponente di spicco della potente cosca Piromalli di Gioia Tauro. Entrambi sono accusati di essere i mandanti degli agguati in cui morirono i carabinieri Antonio Fava e Giuseppe Garofalo e dei tentati omicidi dei carabinieri Vincenzo Pasqua, Silvio Ricciardo, Bartolomeo Musicò e Salvatore Serra, eseguiti da due giovanissimi killer della cosca di ‘ndrangheta dei Lo Giudice, Giuseppe Calabrò e Consolato Villani. “Manamozz” questo il soprannome di Annacondia, tra gli anni ottanta e novanta è stato uno dei più importanti boss della malavita del nord barese, e ha operato principalmente nei comuni della provincia di Barletta-Andria-Trani. Non aderì mai alla “sacra corona unita” ma, si alleò con “cosa nostra siciliana”. Al nord Italia ebbe legami criminali con i De Stefano, con il boss Coco Trovato e con i Tegano. Iniziò a collaborare con gli inquirenti tra il 1991 ed il 1992. «Ero detenuto e una volta mia moglie in carcere mi disse che non avrei dovuto mettere al mondo una famiglia, se questa era la vita che intendevo fare. Mia moglie Giusy mi disse “che mio figlio stava morendo per colpa mia”.

Non ci ho pensato neanche due minuti; finito il colloquio con mia moglie, disse a mio fratello di riferire ad un carabiniere di venirmi a cercare in cella. Iniziai a collaborare perché mio figlio stava male; aveva un deperimento dovuto a problemi psicologici. Era “pelle ossa” dottore”. Annacondia è stato chiamato a testimoniare per riferire sui rapporti che lo legavano sia alla mafia siciliana che alle cosche calabresi. “Ero legato a Mimmo Tegano- ha detto Annacondia- era lui il capo indiscusso di tutta la ‘ndrangheta. Non c’era foglia che si muoveva, se non lo voleva Mimmo Tegano. Quando morì, a causa di un infarto, mi sono scese le lacrime e solo per mio padre io avevo pianto nella mia vita”. “Manomozz” era in contatto con molti esponenti di spicco della ‘ndrangheta reggina come Pepè Flachi, Giorgio De Stefano alias ” l’ avvocato”, Antonio Papalia, boss trapiantato in Lombardia, Coco Trovato, e con i Paviglianiti di San Lorenzo.«Il gruppo Flachi-Coco Trovato riforniva il mio gruppo,ha detto il collaboratore, di cocaina, eroina, armi. Nel 1987 ho conosciuto Stefano Caponera del gruppo De Stefano soggiornante a Giovinazzo di Puglia, che poi mi presentò, portandomi ad Archi, Domenico Tegano, il vero capo dei capi, secondo me. Dava ordini a Stefano Caponera e stava sopra ai Flachi e Coco Trovato. Le dico ciò in quanto io andai ad Archi più volte. Vedevo il rispetto di cui godeva . I rapporti fra di noi erano intensi, io facevo omicidi per i Coco Trovato- Flachi e loro li facevano per me. Non erano ordini, perché tra chi comanda non ci sono ordini, sono cortesie e favori. Tutte le famiglie erano potenti- ha continuato Annacondia.- ognuna di loro aveva un territorio su cui governava. Certo i Tegano e i De Stefano stavano al di sopra di tutti, avevano rapporti con la politica, gli imprenditori, aggiustavano i processi. La forza della ‘ndrangheta- è che sono tutte famiglie imparentate fra di loro. Sono eserciti. Ed è questa la sua forza rispetto alle altre organizzazioni criminali». Il procuratore aggiunto Lombardo insiste e chiede al “pentito” che cosa fosse questo “consorzio”, di cui ha riferito nei precedenti interrogatori avuti con l’Antimafia dello Stretto. «Questo consorzio- ha affermato il collaboratore Annacondia- era una realtà che andava oltre la ‘ndrangheta e ricomprendeva ‘ndrangheta, pugliesi, siciliani, campani. Milano e la Lombardia erano la terra di elezione di questo consorzio, erano i territori dove andavamo tutti, dove convergevamo tutti. La Lombardia era la succursale della Calabria. Un esempio di quanto vi dico e cioè della funzione del consorzio è la riunione che si sarebbe dovuta fare, ma non si fece causa la morte dei Mimmo Tegano, a Reggio Calabria per stabilire una tregua fra le famiglie in guerra a Reggio Calabria all’interno della ‘ndrangheta. A questa riunione ero stato invitato anche io oltre che ad esempio i catanesi di Santapaola. I Santapaola erano molto legati ai De Stefano come mi disse Domenico Tegano e come ho direttamente constatato. Dovevano partecipare anche esponenti della camorra e quelli della ‘ndrangheta del nord, cioè Coco Trovato, Paviglianiti, oltre che i referenti settentrionali dei Condello e cioè dello schieramento opposto ai Tegano – De Stefano». Il racconto del “pentito” si sposta poi, sulle sue conoscenze criminali legate ai rapporti con la ‘ndrangheta operante in nord Italia. «I Papalia- ha dichiarato Annacondia- erano potentissimi. Formalmente stavano sotto a Domenico Tegano ma, nei fatti, a Milano erano i più forti. Avevano agganci con tutti, con politici, forze dell’ordine, servizi segreti. Lo stesso Antonio Papalia, che era una cosa sola con Franco Coco Trovato e con Domenico Paviglianiti, mi disse che di qualsiasi cosa, di qualsiasi “aggancio” avessi avuto bisogno lui era a disposizione».

 

Lunedì, 11 Giugno 2018

fonte:http://www.ildispaccio.it