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Il pentimento di “o ninno”. Sono molti gli uomini delle istituzioni e della politica che stanno tremando. Tutta la cloaca di collusi con la camorra ha paura delle sue dichiarazioni ai magistrati.

Si pente Antonio Iovine: i suoi segreti fanno tremare i Casalesi (e chi fece cadere il Governo Prodi)

Nella camorra casertana ci sono due categorie di boss: quelli che comandano gli uomini e

quelli che comandano le cose. Poi, ci sono i Capi: quelli che siedono al vertice, e non hanno

nemmeno bisogno di esibire il potere semplicemente perché è tutta roba loro, uomini e

cose.

Il pentimento di Antonio Iovine è la tappa finale di una guerra – nel senso letterale del

termine – che la procura antimafia di Napoli ha scatenato contro il clan dei Casalesi negli

ultimi tempi. Un gruppo criminale distrutto, ormai, sul piano militare e su quello

dell’organizzazione territoriale, ma non su quello economico e finanziario. Iovine è stato

un Capo: e se davvero racconterà tutto quello che sa, lo Stato potrà finalmente fare

irruzione in quei santuari dove, per almeno vent’anni, si sono accoppiati la Bestia

camorrista e l’imprenditoria collusa e la politica sporca.

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 La ragnatela dei rapporti tra economia e finanza del boss pentito Antonio Iovine

Un’anticipazione del possibile terremoto, secondo uno dei tweet di Roberto Saviano,

potrebbe essere addirittura la prematura conclusione della XV legislatura. «Iovine

racconterà il suo ruolo nella caduta del governo Prodi nel 2008. Sullo sfondo nomine

all’ospedale di Caserta», ha cinguettato l’autore di Gomorra. In un altro tweet lo scrittore

ipotizza le cause che starebbero dietro al pentimento del super boss: «Forse, Iovine

collabora perché non ha trascorso la latitanza in un bunker, ma ha viaggiato moltissimo e il

carcere è insopportabile».

Il padrino di San Cipriano d’Aversa conosce molto, quasi tutto dei canali di riciclaggio

dell’economia casalese. Insieme a Michele Zagaria ha creato holding nei settori

dell’agricoltura, del trasporto merci, dell’edilizia, della grande distribuzione che hanno

contaminato, come metastasi, il tessuto produttivo regionale e nazionale e internazionale.

Imprese pulite dove scorre sangue mafioso affidate a insospettabili manager che ora

possono, per la prima volta, essere smascherati.

Un uomo potente, a dispetto del soprannome che lo accompagna fin dall’infanzia («’o

ninno», il piccolino). Il pentito Gaetano Vassallo ha raccontato che, solo grazie al suo

intervento, venne avviata, a Casaluce, in provincia di Caserta, una maxi-lottizzazione su

alcuni terreni agricoli. «Antonio Iovine, dovendo partecipare all’affare della speculazione

percependo una percentuale sugli appartamenti – ha riferito il collaboratore di giustizia –

intervenne sul sindaco facendo diventare la zona edificabile». Così, senza nemmeno

passare per il consiglio comunale.

Un altro pentito, Emilio Di Caterino, ha svelato invece che un’azienda vicina a Iovine

ottenne un appalto da 10 milioni di euro a Villa Literno «per la riqualificazione urbana».

«L’impresa Malinconico – aggiunse Di Caterino – è notoriamente una impresa di Iovine

per cui questi fece sapere che avrebbe provveduto lui a garantire al clan Bidognetti la

somma in percentuale sul lavoro». L’azienda «avrebbe dovuto pagare 300mila euro al clan

Bidognetti, che comandava a Villa Literno».

Ma Antonio Iovine conosce, più di altri, quel grande mistero che continua ad essere la

gestione dei rifiuti nelle province di Caserta e Napoli ai tempi delle emergenze del 2004 e

del 2008. Perché, in quegli anni, si sono saldate inconfessabili alleanze tra Stato e

Antistato. E non si tratta dello sversamento illegale di immondizia nelle cave o nei campi

della Terra dei fuochi di cui oggi tanto si parla. Nelle carte giudiziarie, in questi anni, sono

affiorati qua e là inquietanti riferimenti a rapporti tra apparati di sicurezza e mafiosi

casertani. I primi ad accorgersene furono gli agenti della Dia quando misero sotto controllo

il cellulare di Cipriano Chianese, ex proprietario della discarica Resit di Giugliano e

«ministro dell’Ambiente» dei Casalesi, considerato vicino proprio al «ninno». In quei

brogliacci c’è di tutto. Un ispettore del centro Sisde di Napoli che gli telefona per evitare un

trasferimento deciso dai suoi superiori. Uno 007 dell’antiterrorismo che s’incontra con lui

nel basso Lazio per parlare di chissà cosa. Due marescialli del Reparto operativo del

comando provinciale dell’Arma, alle prese con delicatissime indagini sull’ecomafia, che gli

sono amici senza alcun tipo di imbarazzo o di cautela, pur risultando Chianese – c’è scritto

nell’informativa – «da un decennio tra i maggiori sospettati di smaltimento di rifiuti,

atteso quanto riferito dai collaboratori di giustizia». E ancora un generale delle Forze

armate, che non è stato possibile identificare, e un maresciallo proprio della Direzione

investigativa antimafia che lo tirano per la giacca per favori e interessamenti o

semplicemente per un «caffè».

Un’anticipazione del possibile terremoto, secondo uno dei tweet di Roberto Saviano,

potrebbe essere addirittura la prematura conclusione della XV legislatura. “Iovine

racconterà il suo ruolo nella caduta del governo Prodi nel 2008. Sullo sfondo nomine

all’ospedale di Caserta”, ha cinguettato l’autore di Gomorra dopo aver ipotizzato le cause di

una decisione così dirompente per il capocamorra: “Eppure, forse, Iovine collabora perché

non ha trascorso la latitanza in un bunker, ma ha viaggiato moltissimo e il carcere è

insopportabile”.

Cipriano Chianese è stato protetto, in questi anni, nella sua attività imprenditoriale? C’è

stato un accordo tra camorra e appartenenti a strutture d’intelligence deviate per lucrare

sul business della «monnezza d’oro»? E questa protezione, questi rapporti si sono estesi

anche ad Antonio Iovine? Quattordici anni di latitanza non sono facili da sopportare se non

si hanno soldi a volontà e un’estesa rete di fiancheggiatori e «talpe» in grado di sabotare le

indagini. E Iovine, a differenza di Michele Zagaria, non se n’è rimasto chiuso in una botola

sottoterra. Ha girato l’Italia. È stato all’estero. Si è fatto fotografare a Parigi, mentre le

polizie di mezzo mondo gli davano la caccia. Se n’è andato a piazza di Spagna, a Roma,

esibendo un documento di identità falso a un posto di blocco che non lo ha riconosciuto.

Per catturarlo, c’è voluto un fuoriclasse come l’ex capo della Mobile Vittorio Pisani che lo

ha braccato per mesi andandolo a stanare laddove nessuno sarebbe andato a cercarlo: a

Casal di Principe, nella tana del lupo. In Procura, a Napoli, c’è un fascicolo sugli affari tra

alcuni 007 e camorristi, ma è materiale che scotta. Se racconterà anche questo ai pm

antimafia Cesare Sirignano e Antonello Ardituro, i suoi contatti con la politica e con le

forze dell’ordine e dove ha nascosto il tesoro accumulato in una vita da Capo, Iovine sarà il

detonatore di una bomba giudiziaria come rare volte se ne sono viste in Campania.

(di Simone Di Meo con un articolo di Roberto Galullo )