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Il nostro modo di fare antimafia

LATITANTE IL SINDACO DELLA CITTA – GAETA – OSPITANTE L’ULTIMO NOSTRO CONVEGNO SULLA PRESENZA MAFIOSA NEL LAZIO. IL NOSTRO MODO DI FARE ANTIMAFIA

Un segnale inquietante: l’assenza dell’intera classe politica, eccetto qualche rarissima eccezione, alle nostre iniziative contro le mafie.

Ci è capitato nel nord della Regione, sia a Civitavecchia che a Tarquinia e, ultimamente, a Gaeta, nel sud.

Malgrado la presenza di numerosi magistrati, giornalisti e rappresentanti dell’associazionismo di frontiera. Di gente in trincea che mette a repentaglio la propria incolumità fisica ed i propri patrimoni per il bene della collettività.

E’ il dato più emblematico di un stato quanto meno di disattenzione da parte della classe politica di sinistra, fatta qualche rara eccezione, e di destra di fronte ad un fenomeno, quello mafioso, che affligge la nostra regione.

Un comportamento di disattenzione, quello della classe politica, condiviso e fatto proprio anche da parte di soggetti altrettanto importanti della nostra società, la Chiesa, il mondo dell’impresa e delle rappresentanze sociali in genere (fatta, anche qua, qualche eccezione, come, ad esempio, la CGIL, che, a dire il vero, ha assunto spesso posizioni determinate in alcune aree contro le mafie).

Gerarchie ecclesiastiche, CISL, UI, Confindustria, Confartigianato ecc. ecc. tutti silenziosi.

Il fenomeno della presenza mafiosa sui nostri territori per tutti questi soggetti non esiste?

Non lamentiamoci, poi, se ci troviamo camorristi, ’ndranghetisti e mafiosi perfino nelle nostre case.

Eppure non si può imputare alla stampa nel suo complesso ed a giornali come “ Il Corriere della Sera”, la Repubblica, il Fatto, Il Messaggero, Latina Oggi, Viterbo Oggi, Civitavecchia Oggi, Ciociaria Oggi, La Provincia, per non parlare di altri ancora e di alcune emittenti televisive e radiofoniche locali, in particolare, la responsabilità di non informare o disinformare la gente.

La gente, insomma, dispone di un sufficiente livello di informazione e continua, malgrado ciò, a non mostrare sufficiente attenzione.

Si tratta di una triste realtà della quale bisogna prendere atto ed è, forse, questo, il dato più inquietante quando affrontiamo il discorso delle responsabilità della situazione drammatica in cui ci troviamo.

Ci troviamo, insomma, in un circolo chiuso, con una classe politica, assente, a dir poco, se non collusa in parte, e la maggioranza dei cittadini disattenti, pur se pur sufficientemente informati.

Una situazione, insomma, di piena anomia, per usare una terminologia sociologica, estremamente pericolosa per le sorti della nostra stessa democrazia.

Tutte le altre considerazioni, anche di carattere politico, vanno lette in questo contesto.

Non a caso noi abbiamo voluto dare alla nostra azione antimafia un carattere ed un ’impostazione non basati sulla ricerca di un consenso, che non ci potrà mai arrivare, da un corpo in gran parte malato.

Non è, quindi, per un atteggiamento snobistico determinato dal convincimento di essere fra i migliori ed i più sensibili, che noi abbiamo scelto la strada dell’investigazione e della denuncia.

Perché noi facciamo questo: investighiamo e denunciamo, chiedendo a quei pochi che in giro troviamo disposti a scendere in trincea con noi ed a fare altrettanto.

Questo comportamento ci porta inevitabilmente a non raccogliere ampi consensi in quel corpo malato che è o mafioso, o colluso con le mafie, oggettivamente o soggettivamente, o che intende la lotta alle mafie come un’azione semplicemente di carattere culturale.

Non si può e non si deve pensare di addossare sulle spalle dei soli magistrati e rappresentanti delle forze dell’ordine il peso della lotta alle mafie, dopo, peraltro, che questi quotidianamente vengono osteggiati e limitati nei loro argini di agibilità da atti di governo e legislativi… non coerenti (diciamola cosi’!).

Forze dell’ordine e Magistratura vanno aiutate, concretamente, con atti concreti, nomi e cognomi, fatti e situazioni specifici.

Considerata la gravità e la pericolosità in cui ci troviamo.

E l’urgenza, soprattutto, di interventi concreti.

Tutto il resto è fuorviante e fa perdere solo tempo.