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Il ministro Alfano aiuti subito i testimoni di giustizia. La prima cosa da fare è quella di cacciare tutti i vertici del cosiddetto “Servizio Centrale di Protezione” del Ministero degli Interni, i quali, così come sono composti, sono assolutamente inadeguati. Non abbiamo finora sentito uno solo dei Testimoni o dei Collaboratori di Giustizia che frequentiamo parlarne bene. Tutti se ne lamentano.

“Il Ministro Alfano garantisca la partecipazione dei Testimoni di Giustizia agli Stati Generali dell’Antimafia. A due TdG che hanno chiesto di partecipare alla manifestazione organizzata da Libera in questi giorni a Roma è stato risposto che non si può, per motivi di sicurezza”.

È Davide Mattiello, deputato indipendente del Pd e componente della commissione antimafia, che parla, che denuncia la situazione paradossale dei Testimoni di giustizia in Italia.

“Ci sentiamo soli, abbandonati. Isolati”, spiega uno dei due testimoni.

Presente, nonostante tutto, all’evento ‘ControMafie’ organizzato da Libera, da solo, senza alcuna protezione. Con una diffida del Servizio Centrale di Protezione, “per motivi di sicurezza”, “per l’esposizione al rischio a cui andrebbe incontro” per la “la natura pubblica dell’evento” e per la “rilevanza mediatica”.

I Testimoni di giustizia, cittadini onesti che hanno semplicemente fatto il loro dovere, vanno chiusi in ‘campane di vetro’. Una situazione paradossale: i mafiosi possono fare quello che vogliono, sul ‘loro’ territorio, mentre i testimoni, le persone che hanno denunciato e testimoniato contro i mafiosi, devono scappare. Nascondersi. Per ‘motivi di sicurezza’ devono stare isolati. Il sistema di protezione non ammette repliche.

Il convegno antimafia organizzato da Libera, che si sta tenendo a Roma, è off limits. Sulla carta. Il Testimone diffidato, ‘esposto a rischi’, ha raggiunto da solo la Capitale per partecipare all’evento. “Non c’è cosa più brutta – scrive in una mail l’uomo che ha ‘sfidato’ la camorra – della limitazione della libertà personale, aggravata dal fatto che da cittadino incensurato mi viene limitata la libertà a recarmi ad un evento che si svolge ogni tre anni. Evento che è forza e dimostrazione vivente che c’è un esercito del bene, fatto di uomini e donne che in vari ruoli contrastano le mafie. Troppo pericoloso… questo è quanto dovutomi in relazione alla mia educata comunicazione”.

Cosa ne pensa il ministro dell’Interno Alfano interrogato sul punto da un componente della commissione antimafia? Nessuna risposta pervenuta. Continua Mattiello, relatore della fresca relazione, approvata all’unanimità, sui testimoni di giustizia: “Lo Stato ha senz’altro il prioritario obiettivo di garantire l’incolumità di queste persone, ma lo Stato ha anche il dovere di garantire a queste persone libertà e autonomia. Queste persone non sono delinquenti da gestire con severità, sono cittadini che hanno contribuito alla giustizia, dei quali lo Stato dovrebbe andare orgoglioso. Per altro questi testimoni, che hanno fatto formale richiesta nei modi dovuti, non hanno il cambio di generalità e quindi non c’è il bisogno di mantenerne celata l’identità. Lo Stato ha certamente le risorse per garantire a due Testimoni di giustizia che vogliano partecipare ad una iniziativa anti-mafia, di farlo in sicurezza, se così non fosse, sarebbero ben altri gli interrogativi cui rispondere”.

Sono tanti gli interrogativi posti in questi anni dai pochi Testimoni. In Italia sono circa 80, la maggior parte con esperienze pessime. Per colpa di uno Stato, quello con la ‘s’ minuscola, silente. Poco attento, che gira la testa dall’altra parte. “In quattro lunghi anni – sfoga la sua rabbia il testimone con la diffida – ho sentito di tutto, tante promesse e tanti proclami, ma resta nella mente quella frase detta da chi è dalla parte dei ‘buoni’: “chi te lo ha fatto fare, hai perso tutto e non finisce qui”. Vero non finisce qui, in quattro anni sono diventato una ‘bestia’, ho provato le peggiori umiliazioni, le peggiori negazioni, ho visto pian piano sgretolare una vita, inabissare una famiglia normale in un baratro. Ho vissuto l’isolamento, la malattia, la paura e l’angoscia, ho dormito per strada, in auto. Ho mangiato alla Caritas, sono stato rinchiuso per mesi in un alloggio senza corrente nè gas, ho provato il freddo, il gelo, la fame. Ma ho resistito. Ho resistito per vivere, per chi mi ama, nonostante tutto ciò. Voglio vivere, vivere libero di scegliere dove andare cosa fare e con chi stare. La mia scelta resta una scelta di legalità, un atto normale, le mie denunce sono la prova che un sistema corrotto e colluso può e deve essere scardinato. Se coloro che ho denunciato vivono attualmente liberi e nel lusso mentre chi scrive non vive ‘libero’ e stenta ad arrivare a fine mese qualcosa non funziona”.

L’ultima legge sui Testimoni di giustizia risale al 2001, nella precedente (quella del 1991) non c’era nemmeno la distinzione tra collaboratori e testimoni. “Il legislatore del 2001 – si legge nella relazione approvata pochi giorni fa – non colse che la legge sui pentiti non aveva spazio per altri, ma, principalmente, non colse che la differenza tra collaboratori e testimoni era tale da andare oltre la diversa posizione processuale e che, anzi, quell’opera di diversificazione tra le due figure […] significava invece accostare e contaminare entità tanto lontane e tanto dissimili da non dovere essere nemmeno paragonate”.

I Testimoni di giustizia hanno bisogno di un’altra legge, della loro legge. “Io mi fermo – conclude il testimone -, credo di aver dato quattro anni della mia vita allo Stato, alle istituzioni e che il debito contratto con chi mi ama è troppo alto. Non c’è prezzo che possa ripagare questo mio attuale stato di sofferenza. Io ritorno a vivere e anche se dovessero uccidermi morirò da uomo libero perché questa mia condanna del non vivere non è un prezzo da pagare”.

http://www.restoalsud.it/2014/10/24/il-ministro-alfano-aiuti-subito-i-testimoni-di-giustizia/