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Il Governatore della Banca d’Italia lancia l’allarme: le infiltrazioni mafiose inibiscono l’economia

L’infiltrazione della mafia nelle imprese e nella struttura produttiva del Paese è tra i principali fattori di inibizione della crescita economica. E’ quanto ha dichiarato il governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi, partecipando all’Università Statale di Milano a un dibattito su ‘Le Mafie a Milano e nel nord: aspetti sociali ed economici’.

“L’economia italiana soffre da tempo di un’inibizione a crescere – ha affermato – e fra i fattori inibenti vi è anche l’infiltrazione mafiosa nella struttura produttiva, che è aumentata negli ultimi decenni, almeno nella sua diffusione territoriale. La crisi che abbiamo vissuto nei passati tre anni non ha certo migliroato le cose: non poche imprese, che hanno visto drammaticamente ridursi i flussi di cassa e il valore di mercato, sono divenute più facilmente aggredibili dalla criminalità”.

“La criminalità organizzata – ha aggiunto Draghi – può sfibrare il tessuto di una società, può mettere a repentaglio la democrazia, frenarla dove debba ancora consolidarsi”.

Il governatore della Banca d’Italia ha, dunque, sottolineato la necessità di contrastare la presa delle mafie al sud e la loro penetrazione nel nord. “Contrastare le mafie – ha detto – la presa che esse conservano al sud, l’infiltrazione che tentano nel nord, serve a rinsaldare la fibra sociale del Paese, ma anche a togliere uno dei freni che rallentano il cammino della nostra economia”.

L’esempio più chiaro dei danni provocati dal sistema mafioso alla crescita economica giunge dalla Puglia e dalla Basilicata, che, stando a quanto emerso da un’analisi condotta dalla Banca d’Italia su sollecitazione della commissione antimafia, in trent’anni hanno perso circa venti punti percentuali di Pil a causa del diffondersi del contagio criminale.

“Abbiamo confrontato lo sviluppo economico in Puglia e Basilicata nei decenni precedenti e successivi al diffondersi del contagio mafioso, avvenuto verso la fine degli anni ’70, con quello di un gruppo di regioni del centro-nord che avevano simili condizioni socio-economiche iniziali. I risultati empirici – ha sottolineato il governatore della Banca d’Italia – mostrano che in concomitanza con il contagio Puglia e Basilicata sono passate da una crescita del prodotto pro-capite che era più rapida di quella del gruppo di regioni inizialmente simili a una più lenta: nell’arco di trenta anni, all’insorgere della criminalità organizzata sarebbe attribuibile una perdita di Pil di venti punti percentuali, essenzialmente per minori investimenti privati”.

Da Draghi è arrivato anche un ‘rimprovero’ a quei tanti professionisti che non segnalano il riciclaggio. “Il sistema finanziario italiano si sta gradualmente conformando alla disciplina anti riciclaggio – ha detto il Governatore – siamo passati da 12mila 500 segnalazioni nel 2007 a 37mila lo scorso anno. Professionisti e altri operatori sono meno solerti: i potenziali segnalanti sarebbero diverse centinaia di migliaia, ma nel 2010 sono pervenute solo 223 segnalazioni”. Ma è un dato ancor più rilevante ed emblematico il numero “sorprendentemente piccolo” delle segnalazioni provenienti da Sicilia, Campania e Calabria, dove “si registrano il 33,27 e 16 per cento delle denunce per associazione mafiosa, ma solo il 6, 12 e 2 per cento delle segnalazioni di sospetto riciclaggio”. Il motivo? Presto detto: “E’ possibile che i soggetti potenzialmente segnalanti subiscano in quelle aree una particolare pressione ambientale”, ha concluso Draghi.

Raffaele Emiliano

(Tratto da NewNotizie)