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Il golpe bianco

Bavaglio alla stampa, nuova stangata fiscale, spettro delle elezioni anticipate. Il Sultano è riuscito a mettere in atto le strategie contenute nel Piano di Rinascita per l’Italia di gelliana memoria. Ovvero, sradicare i fondamenti della Costituzione repubblicana antifascista attraverso la legislazione ordinaria. A questo scopo sono serviti i tanti avvocati e giuristi di cui si è contornato

Guardatevi dalle vacanze estive!
E’ in quel periodo che nella storia repubblicana in Italia si sentono “tintinnare le sciabole”, come ricordavano i padri fondatori all’indomani del tentato golpe del 1964, ad opera di alcuni generali dell’esercito, dei carabinieri e del servizio segreto Sifar: si chiamava “Piano Solo” e il suo ideatore era il generale massone Giovanni De Lorenzo (poi eletto in Parlamento per la destra monarchica). A denunciare il tutto fu L’Espresso. Più tardi ci provò il principe Junio Valerio Borghese nel dicembre del 1970, con l’appoggio di settori deviati del SID, il servizio segreto difesa guidato dal generale Vito Miceli (eletto dal 1976 al Parlamento nelle file della destra almirantiana del MSI), ambienti della P2 e di Cosa nostra , come fu denunciato anche dal primo “superpentito” Tommaso Buscetta.
Nell’estate del 1974, molti leader della sinistra, e non solo loro, non dormirono in casa e alcuni addirittura espatriarono, perché avevano avuto sentore di un altro tentativo di golpe, che poi fu raccontato sempre sulle pagine dell’Espresso. Più tardi, tra gli attacchi del terrorismo rosso e nero, le stragi “di stato” e neofasciste, l’uccisione di uomini politici, grand commis dello stato, giudici, militari, giornalisti e sindacalisti, scoppiò la ragnatela grigio-nera della Loggia P2.
Gli anni Settanta e Ottanta se ne andarono nell’incertezza istituzionale, nei silenzi omertosi delle inchieste giudiziarie e dei processi inconcludenti. La fine degli anni Ottanta e gli inizi degli anni Novanta ci riportarono con i piedi per terra: gli italiani distratti da governi di centrosinistra “spendi e spandi”, guidati dal CAF di Craxi-Andreotti-Forlani, si accorsero che avevano vissuto da “cicale”, ipotecando il futuro delle nuove generazioni. Il Debito pubblico raddoppiò fino a quasi il 120% sul PIL e Tangentopoli dimostrò come il sistema della corruzione aveva permeato le istituzioni, la politica e il mondo degli affari.
Tra l’estate del 1992 e quella del 1993, gli italiani furono così risvegliati brutalmente dal sogno craxiano della “Milano da bere” e precipitarono in un altro “girone dantesco”: prima le manovre “lacrime e sangue” di Amato e poi di Ciampi per fermare il rischio fallimento, default, del bilancio statale, e poi gli omicidi “scientifici” dei giudici Falcone e Borsellino, fino agli attentati commessi dai “picciotti mafiosi”, ma orditi da settori oscuri del “Controstato”. Si rinsaldano i contatti che si erano diradati della cosiddetta Santa Alleanza: settori inquinati dello stato e dei servizi segreti, massoneria deviata, mafia, ambienti finanziari e imprenditoriali, new entries della politica.
Ecco, quindi, arrivare sul palcoscenico della politica nazionale il Mago di Arcore a completare l’opera di straniamento per il provato popolo italiano! Berlusconi sta riuscendo in quello che Licio Gelli e i suoi adepti della P2 non erano riusciti a fare. Le prove generali le aveva fatte nel suo secondo mandato tra il 2001 e il 2006, ma solo in questa terza edizione, il Sultano è riuscito a mettere in atto le strategie contenute nel Piano di Rinascita per l’Italia di gelliana memoria. Ovvero, sradicare i fondamenti della Costituzione repubblicana antifascista attraverso la legislazione ordinaria. A questo scopo sono serviti i tanti avvocati e giuristi di cui si è contornato.

Non potendo reinserire la censura, vietata per la Costituzione, ecco arrivare la legge bavaglio che riduce l’uso delle intercettazioni, ma in realtà blocca la libertà di informazione, con pene pecuniarie, coinvolgendo persino gli editori nel ruolo di controllori dell’operato dei giornalisti. E mette i bastoni fra le ruote ai magistrati impegnati nelle più complicate inchieste sulla criminalità organizzata.
Non potendo restringere il ruolo dei sindacati e dei contratti nazionali collettivi, ecco trovare formule di consultazione informale tra Confindustria, ministri e alcuni sindacati arrendevoli, come CISL, UIL e UGL (la CGIL, “filocomunista”, viene definitivamente isolata!), per stravolgere il sistema delle regole contrattuali e, forzando le “leggi finanziarie di bilancio”, blocca gli accordi, gli aumenti salariali e le regole stabilite nei contratti. Si parte dagli statali, ma il fine è di invalidare anche gli altri, in virtù della “crisi economica e dei conti pubblici”. Con l’escamotage della “legge Biagi” per incentivare la flessibilità, in realtà si è precarizzato fino all’inverosimile il rapporto di lavoro, esternalizzandolo e trasformando milioni di giovani lavoratori in “partite IVA”, senza più diritti sindacali né certezze retributive e normative. Si svuota anche così quella legge rivoluzionaria che fu lo “Statuto dei lavoratori”, tanto inviso al progetto gelliano.
Non riuscendo a disarticolare le resistenze interne alla RAI, si stabiliscono con norme legislative blocchi a stipendi, emolumenti, ingaggi, e contratti tecnologici, così da impoverire finanziariamente e produttivamente il maggiore concorrente pubblico della sua Mediaset. Si stravolge così la natura e la missione del Servizio pubblico pluralista, trasformando la RAI in TV di Stato e, di fatto, strumento del regime mediatico politico del Califfo di Arcore. Anche qui il progetto gelliano sta per concludersi.

Con i tagli alla spesa pubblica, di fatto, negli ultimi due anni, si deteriorano l’assistenza sanitaria regionale e l’educazione pubblica, spingendo le famiglie verso l’assistenza privata e domiciliare e verso gli istituti scolastici privati (che nel frattempo vengono finanziati dallo stato e defiscalizzati). Non potendo attuare il principio costituzionale dell’equità fiscale, con il gettito proporzionale e progressivo agli introiti di persone e società, ecco il ricorso continuo ai condoni fiscali e l’opposizione ad incrementare la tassazione sui “capital gains”, come avviene ovunque in Europa e negli Stati Uniti. Per ultimo, lo stravolgimento delle regole sulla libera concorrenza, prevista nell’articolo 41 della Costituzione, superando gli ostacoli con regole amministrative tipo “lo sportello unico” e l’assenza di documentazioni preventive per aprire un’attività commerciale di qualsiasi tipo, se non quando si è già operativi e su richiesta motivata delle amministrazioni pubbliche.
Certo, su tutto incombe la mega-riforma della giustizia, che stravolgerà l’ordinamento, l’autonomia e la professionalità dei giudici, già spesso messi a dura prova con le tante leggi “ad personam” votate dal Parlamento blindato, per salvare dai processi e dalle incriminazioni Berlusconi. Il “golpe bianco” è già in cammino! Chi non se ne accorge o fa finta che siano “mattane estive” non sa leggere la storia né comprendere i segnali che vengono dai comportamenti autocratici del Mago di Arcore e dei suoi corifei.

Avevamo per primi annunciato una manovra fiscale entro primavera-estate. Ora possiamo anticipare che a questa seguirà probabilmente una “stangata fiscale” entro la fine di luglio, come avvenne durante il governo Amato nello stesso periodo del 1992. Allora furono toccati tutti i conti a risparmio. Oggi, probabilmente, visto che i risparmi si sono assottigliati, ci si riverserà verso i titoli di stato, i “Bond”, attraverso il loro “Riscadenzamento”, prolungamento di alcuni anni. I mercati se lo aspettano, tanto da farne incetta in queste settimane, perché con l’euro basso, e l’inflazione stabile, fra due/tre anni, con la ripresa ormai in atto ed euro risalito, sarà un affare. Certo per chi li voleva trasformare subito in moneta corrente, si sentirà defraudato. In realtà il “buco” dei conti pubblici corre verso i 50 miliardi di euro e non solo 25!

Quindi saranno necessarie misure che toccheranno anche in parte i “tesoretti” delle banche e delle società finanziarie e assicurative, come il loro vastissimo patrimonio immobiliare, che probabilmente verrà tassato in minima parte (tanto con la rivalutazione degli immobili, che corre sull’8/10% l’anno, il tutto verrà riassorbito in poco tempo!). Qualche norma restrittiva, sull’esempio europeo, verrà anche studiata per tassare le banche d’affari rispetto agli istituti di credito tradizionali, anche sulla scia del controllo che si intende avere sulle agenzie di Rating, che ora passerà alle Autorità sulle attività di Borsa, come la Consob in Italia.
Ma “occorre fare sacrifici per il bene superiore del paese. E poi ce lo chiede l’Europa!”. Ecco, questo scaricabarile verso l’Europa, arcigna e matrigna, sarà il leitmotiv di Berlusconi e compagnia cantando, per arrivare alla forzatura istituzionale entro l’anno e poi, prevedibilmente, sciogliere le Camere e indire nuove elezioni per la primavera del 2011. Con le TV a suo stretto servizio, la stampa libera e democratica imbavagliata, la magistratura ridotta a passacarte e sotto lo stretto controllo dell’Esecutivo, non c’è più bisogno in pratica di intavolare anguste procedure parlamentari per revisionare la Costituzione. Così, nel progetto Berlusconi, la nostra Costituzione vivrà impolverata dentro una bacheca di Palazzo Grazioli, un reperto antico da conservare, come farebbe qualunque bibliofilo!
E il resto del paese? E l’opposizione?

Qui sta la grande incognita! Finora, in Italia e in Europa, le forze progressiste sia al governo sia all’opposizione non hanno saputo collegarsi tra loro (l’Internazionale Socialista è ormai un’organizzazione svuotata e fuori dal tempo, così come il PSE, il coordinamento degli europarlamentari socialisti, di fatto esautorato ) né hanno colto l’occasione della crisi epocale che stiamo attraversando né hanno compreso i pericoli di restaurazione conservatrice, di trasformazione istituzionale e culturale, che corre l’Europa. Balbettando, hanno imposto ai paesi governati da loro le stesse ricette neo-liberiste dei governi conservatori, generando confusione ideale e rassegnazione. Ma sotto questa cenere, purtroppo, si cela la brace della violenza sociale!
La crisi, prima finanziaria e poi economica strutturale, si è innescata dopo decenni di incontrastato iper-liberismo, di osannata teoria del ciclo espansivo dovuto alle varie “Scuole monetariste”, alla deregulation, alle privatizzazioni e liberalizzazioni: “meno stato, più concorrenza maggiore benesse”! Tra la metà degli anni Settanta e il 2007, quasi un quarantennio, il Nord America e l’Europa si sono trasformati anche culturalmente e ideologicamente; ma mentre le classi dirigenti ai più alti livelli, macinavano profitti e guadagni stellari, a livello di masse popolari si viveva l’impoverimento progressivo, così come il forte ceto medio “progressista”, da sempre la roccaforte dei cambiamenti e della difesa del “Welfare State” veniva sempre più schiacciata in basso. Le nuove generazioni poi erano considerate solo “idrovore dei beni di consumi”.
Il futuro dello sviluppo è diventato grigio e lo spettro di una povertà diffusa una certezza.
E non saranno certe le teorie strampalate alla Tremonti di “un’economia sociale di mercato”, senza regole, “con le mani libere”, a far ripartire il ciclo espansivo e tutelare anche le fasce sociali, oggi “strozzate” dalle sue stesse manovre fiscali deflazionistiche, che precludono all’inasprirsi di una Depressione, come Bankitalia ha preconizzato ultimamente. Solo alcune categorie hanno resistito a questo processo di distruzione della società “compassionevole”, che dal Secondo Dopoguerra in poi ha creato stabilità e benessere, governassero alternativamente coalizioni di destra o di sinistra: la giustizia, la stampa, gli intellettuali in vari settori, il mondo della cultura e dell’arte. Gli unici ad aprire gli occhi negli ultimi 20 anni, inascoltati però dalle forze politiche tradizionali di “progresso”.
Oggi, siamo più soli, in Italia e in Europa! Se alla restaurazione del conservatorismo economico e istituzionale si riuscirà ad opporre un movimento europeo, basato sulla difesa e l’allargamento dei diritti storici e dei nuovi diritti acquisiti con la globalizzazione la Rete, fondato su una visione dello sviluppo economico non più iper-liberista ma sulla scia delle nuove teorie keynesiane (le stesse che muovono l’amministrazione americana di Obama) e della tutela del valore umano rispetto alle “mani libere” del mercato, allora avremo qualche chance.

Altrimenti, ci resta solo di preparare “pinne, fucile, occhiali e… secchiello” e andarcene “tutti al mare a…”, lasciando ad “un uomo solo al comando” le sorti dei nostri destini! Ma è proprio questo il “bene supremo” della Nazione? E siamo convinti di perdere una partita ai Campionati mondiali della libertà, se ancora non siamo nemmeno scesi in campo con una squadra di intelligenze e fuoriclasse, che pure esistono e, spesso, non vengono ascoltati?
Gianni Rossi

(Tratto da Aprile online)