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Il clan Sibillo:«’E marucchini no, pigliamm solo ‘e nir’»: ecco perchè la camorra sceglie uomini di colore per lo spaccio

L’ORGANIZZAZIONE DELLA VENDITA DELLA DROGA
«’E marucchini no, pigliamm solo ‘e nir’»: ecco perchè la camorra sceglie uomini di colore per lo spaccio
Da paranza dei bimbi a clan Sibillo, l’ascesa dei giovanissimi camorristi dai vicoli del centro storico alle ”Case Nuove”

di REDAZIONE

Giovedì 2 Giugno 2016

NAPOLI. «Sono quattro mascalzoni, delinquenti. Parassiti». Una frase che da mesi riecheggia nei corridoi degli uffici di polizia. È con questa espressione che si indicano gli appartenenti alla cosiddetta «paranza dei bambini», un gruppo di giovani pregiudicati che in meno di due anni ha cambiato forma divenendo un clan. Il clan Sibillo.

I soldi per mettere in piedi le piazze di spaccio li hanno ricavati dalle rapine, un po’ come i primi terroristi finanziavano la campagna eversiva con i colpi in banca. Poi il salto di qualità. La prima base di smercio di stupefacenti nel cuore di Forcella, la «roba» (la droga) tagliata sempre di più fino a raggiungere percentuali di 1 a 4 e infine i raid, gli agguati per marcare il territorio. Sono cresciuti così i ragazzi di Emanuele e Lino Sibillo, i fondatori della cosca di via Santi Filippo e Giacomo.

Ci sono delle date segnate in rosso nella storia del clan Sibillo. La prima è il 2 luglio 2015. Era notte fonda quando i killer aprirono il fuoco contro una moto da enduro. Una Honda Transalp di colore argento che oggi è ricoperta di uno spesso strato di polvere nel capannone della caserma di polizia “Virgilio Raniero”. In sella vi erano Lino ed Emanuele Sibillo, i due fratelli a capo del sodalizio criminale. Quella notte una pallottola trapassò il torace di Emanuele, appena 19 anni. Sognava di diventare un giornalista. Morì su un letto dell’ospedale Loreto Mare. Quattro mesi dopo il fratello Lino, divenuto reggente della cosca, veniva arrestato dopo una breve latitanza.

Le inchieste di magistratura e forze dell’ordine hanno decapitato il gruppo criminale di Forcella. Ma l’effetto è durato poco. Le piazze di spaccio sono state riaperte, il mercato a sei zeri della droga è ripreso. Anzi, si è ampliato. I Sibillo oggi hanno un nuovo capo e un nuovo feudo. Capelli lunghi, corporatura robusta e carattere mite, pacato. Dicono sia “saggio”, che sappia prendere le decisioni giuste per il clan senza fare subito affidamento alle armi. Sarà per questo che il suo soprannome è «‘O nonno». È stato lui, un po’ alla “Genny Savastano” di Gomorra, a stringere piccole alleanze commerciali così da insediarsi in zone del tutto nuove e sconosciute al clan.

Ha iniziato vendendo hashish e marijuana di buona qualità. Dopo di lui sono arrivate però le squadracce, quelle in sella a scooter con le Beretta ben in vista. E hanno cacciato chi prima regnava nel rione. Così i Sibillo hanno conquistato gran parte del rione Case Nuove, agglomerato di palazzoni del Risanamento nel quartiere Mercato, a ridosso di via Marina. Hanno allontanato da via Padre Ludovico da Casoria quel Salvatore Maggio che per mesi ha dettato legge. Hanno poi stretto accordi con i Rinaldi (sì, quelli di San Giovanni a Teduccio) salvo poi imporre la loro droga, i loro prezzi. E le loro condizioni.

Ed è in quest’ultima fase che la diplomazia ha ceduto il posto alle ogive calibro 9×21 esplose contro le auto in sosta e contro le imposte in ferro dei bassi di via Capasso e via Cosenz. Caporalato dello spaccio: 20 euro per 6 ore in strada Li chiamano i «Black» o più volgarmente «‘e nir’». Sono i ragazzi di colore, profughi o richiedenti asilo politico tutti rigorosamente selezionati secondo il paese di provenienza: Gambia o Ghana. È questo che garantisce all’organizzazione la certezza che nessuno di loro ambisca a scalare i vertici della piramide del narcotraffico.

Tunisini, algerini e marocchini vengono scartati. Troppo svegli, «scetati» dicono. Ecco che i ragazzi del Gambia, dai 19 ai 25 anni, diventano gli operai perfetti della catena di montaggio messa in piedi tra via San Sebastiano e largo Banchi Nuovi. La droga viene prelevata da appartamenti nella zona di via Cesare Rosaroll e via Cappella a Pontenuovo. Occultata all’interno di zaini viene poi portata ai singolo pusher. Lavorano dalle 4 alle sei ore al giorno, fermi all’angolo delle piazze battute dalla movida notturna. Pochi “pezzi” in tasca, il quantitativo minino per non finire in manette. Eccoli i nuovi schiavi, quelli che al posto dei pomodori tirano su stecche di hashish e buste d’erba. I nuovi soldati della narcocamorra.

Inchiesta esclusiva di Giancarlo Palombi, Metropolis