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Il “caso” di Gennaro Ciliberto. Vogliamo decidere o no?

ASSOCIAZIONE ” A. CAPONNETTO”
Due servizi giornalistici di alta qualità, dettagliati, precisi – il primo di Antonella Beccaria su ” I Siciliani Giovani”, giornale di lunga tradizione e ad alta diffusione, il secondo di Gigi Marcucci sull’Unità – sul “caso” di Gennaro Ciliberto, ormai noto a tutta Italia, e, più in generale, sulle condizioni difficili in cui sono costretti a vivere i TESTIMONI DI GIUSTIZIA nel nostro Paese.
Una vergogna per le nostre Istituzioni, lente, lentissime nell’applicare la legge in favore di chi denuncia fatti di estrema gravità e che obbligherebbero, pertanto, a disporre un’immediata protezione del denunciante di fronte al pericolo di eventuali ritorsioni da parte di coloro che sono stati denunciati.
Tanto più se questi ultimi sono elementi appartenenti ad organizzazioni criminali di stampo mafioso.
Giova, al riguardo, sottolineare la differenza che c’è fra TESTIMONI e COLLABORATORI di Giustizia.
I primi – i Testimoni- sono persone normalissime, cittadini perbene, i quali, venuti a conoscenza di reati penali di una certa rilevanza, per senso civico, si rivolgono all’Autorità Giudiziaria per far presente quello che hanno appreso o visto: mentre i secondi -i Collaboratori- sono i cosiddetti” pentiti”.
Una differenza abbastanza marcata in quanto se per i Collaboratori – per i “pentiti” cioè- è opportuno verificare l’attendibilità delle loro dichiarazioni ed accertare se c’è stato in essi un reale ravvedimento, per i Testimoni – che, ripetiamo, sono persone perbene e senza alcun precedente penale – va solo verificata la fondatezza della notitia criminis.
E per questo basta ed avanza un solo rapporto di polizia, senza alcun bisogno di attendere il responso della Magistratura.
L’apposito Servizio Centrale di Protezione istituito presso il Ministero degli Interni può, quindi, volendolo, decidere motu proprio senza alcun vincolo nei riguardi delle Procure, il cui lavoro, com’è noto, dura talvolta anni prima di arrivare ad una conclusione.
E’, appunto, il “caso” di Gennaro Ciliberto che ha denunciato cose che avrebbero potuto provocare, peraltro, la morte di decine di persone in quanto stiamo
parlando di importanti opere autostradali in tutta Italia e che, proprio per questo, egli andava subito messo sotto protezione.
La veridicità delle denunce di Gennaro Ciliberto è provata dal fatto che il Tribunale di Monza ha rinviato a giudizio, il 4 dicembre u. s. , i soggetti da lui denunciati, rinviando l’inizio del dibattimento al prossimo 17 marzo.
Ma siamo in Italia ed è subito cominciato il balletto delle responsabilità fra Ministero degli Interni e le tante Procure della Repubblica e gli uffici della DIA -Milano, Trento, Firenze, Trento, Roma, Napoli ecc. – cui il Ciliberto si è rivolto.
Con la conseguenza che da quasi 4 anni nessuno decide e costringendo, così, il denunciante a scappare per tutta Italia, dopo aver lasciato la famiglia, senza alcun sostegno economico, alcuna protezione per la sua incolumità fisica, alcuna assistenza sanitaria, pur tanto necessaria in quanto egli è affetto da una forma seria di diabete scompensato causata dalle precarie condizioni in cui è costretto a sopravvivere.
Finora gli appelli che sono stati fatti in suo favore da cittadini (un’apposita petizione ha raccolto decine di migliaia di firme di cittadini di tutta Italia), da parlamentari (c’è stata nei giorni scorsi un’interrogazione ai Ministri
degli Interni e della Giustizia da parte dei Deputati del M5S), da Associazioni, come la Caponnetto, non hanno sortito, ad oggi, alcun effetto.
Un comportamento del genere non giova di certo alla credibilità delle Istituzioni del nostro Paese -Magistratura e Ministero degli Interni – e non incoraggia affatto le persone perbene a denunciare quanto di grave essi vengono a sapere.
La prova della mancanza di credibilità di queste Istituzioni, infatti, sta nel fatto che in Italia i TESTIMONI DI GIUSTIZIA sono solamente 84-85.
C’è evidentemente in Italia qualcuno che non vuole che la gente denunci!
IL SEGRETARIO
Dr. Elvio Di Cesare