Cerca

Il “caso Bonaventura” finisce in Parlamento. Scandaloso il comportamento di Alfano e Bubbico che non lo hanno finora risolto

E’ da tempo ormai che il caso del collaboratore di giustizia Luigi Bonaventura trova spazio tra le inchieste di molti giornali e magazine online. L’ex boss della cosca ‘ndranghetista Vrenna-Bonaventura, da tempo, chiede che il suo livello di protezione per lui e la sua famiglia sia degno di questo nome e da tempo chiede di essere trasferito all’estero per evidenti motivi di sicurezza. Sicurezza che molte volte è passata in secondo piano con una faciloneria disarmante. Mercoledi il Movimento 5 Stelle, per mano dell’On. Francesco D’Uva ha presentato l’ennesima interrogazione parlamentare che andiamo a pubblicare

 

INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/06199 CAMERA

Camera dei Deputati
Legislatura 17
ATTO CAMERA Sindacato Ispettivo
INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA: 4/06199
presentata da D’UVA FRANCESCO il 01/10/2014 nella seduta numero 300
Stato iter: IN CORSO
COFIRMATARIO GRUPPO
DATA
FIRMA
NESCI DALILA MOVIMENTO 5 STELLE 30/09/2014
NUTI RICCARDO MOVIMENTO 5 STELLE 30/09/2014
Ministero destinatario:
MINISTERO DELL’INTERNO
Attuale Delegato a rispondere:
MINISTERO DELL’INTERNO, data delega 30/09/2014
INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/06199 CAMERA

TESTO ATTO
Atto Camera
Interrogazione a risposta scritta 4-06199
presentato da
D’UVA Francesco
testo di
Mercoledì 1 ottobre 2014, seduta n.300
D’UVA, NESCI e NUTI.

— Al Ministro dell’interno. — Per sapere, premesso che:

il decreto-legge 15 gennaio 1991, n.8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo
1991, n.82, recante «nuove misure in materia di sequestri di persona a scopo di estorsione e per la
protezione di coloro che collaborano con la giustizia», intende disciplinare la figura del collaboratore
di giustizia;
la legge 13 febbraio 2001, n.45, introduce «nuove norme in materia di sequestri di persona
a scopo di estorsione e per la protezione dei testimoni di giustizia, nonché per la protezione e il
trattamento sanzionatorio di coloro che collaborano con la giustizia», modificando la disciplina così
come introdotta dalla legge 15 marzo 1991, n.82;
a norma dell’articolo 4 della legge 13 febbraio 2001, n.45, «l’ammissione alle speciali
misure di protezione, oltre che i contenuti e la durata di esse, sono di volta in volta deliberati dalla
Commissione Centrale di cui all’articolo 10, comma 2, su proposta formulata dal procuratore della
Repubblica il cui ufficio procede o ha proceduto sui fatti indicati nelle dichiarazioni rese dalla persona
che si assume sottoposta a grave e attuale pericolo»;
l’articolo 6 della stessa fonte normativa, in particolare, prevede come in caso di concessione
della speciale misura di protezione, mediante la definizione di uno speciale programma, questo
dovrà essere formulato secondo criteri che tengono specifico conto delle situazioni concretamente
prospettate;
tale sistema potrà comprendere «il trasferimento delle persone non detenute in luoghi protetti,
speciali modalità di tenuta della documentazione e delle comunicazioni al servizio informatico,
misure di assistenza personale ed economica, cambiamento delle generalità, misure atte a favorire il
reinserimento sociale del collaboratore e delle altre persone sottoposte a protezione oltre che misure
straordinarie eventualmente necessarie»;
attraverso l’articolo 12 delle legge 13 febbraio 2001, n.45, infine, si prevede come «le speciali
misure di protezione di cui sopra debbano altresì applicarsi a coloro che assumono rispetto al fatto
o ai fatti delittuosi in ordine ai quali rendono le dichiarazioni esclusivamente la qualità di persona
offesa dal reato, ovvero di persona informata sui fatti o di testimone, purché nei loro confronti non sia
stata disposta una misura di prevenzione», e fino alla effettiva cessazione del pericolo per sé e per i
familiari;
la rilevanza della figura del collaboratore di giustizia venne riconosciuta anche dal giudice
Giovanni Falcone, che evidenziò come attraverso l’utilizzo di tale soggetto riuscì ad ottenere
INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/06199 CAMERA
Stampato il 2/10/2014 Pagina 3 di 4
nel corso delle sue indagini informazioni relative alla struttura e alle attività delle più importanti
associazioni criminali operanti nel territorio dello Stato;
alcune recenti inchieste giornalistiche, tuttavia, fanno emergere diversi dubbi relativi al
corretto funzionamento del sistema di protezione speciale dei collaboratori di giustizia, che, stando
alle notizie documentate, rischia di non garantire la necessaria sicurezza dei soggetti chiamati a
testimoniare, limitando altresì le possibilità di costituzione alla giustizia di nuovi collaboratori pronti a
offrire la propria testimonianza;
emblematica al riguardo, così come riportata dal quotidiano La Notizia, in data 9 settembre
2014, ovvero da altre importanti testate nazionali quali Il Fatto Quotidiano, risulta la vicenda che vede
coinvolto Luigi Bonaventura, ex associato della `ndrangheta e reggente della cosca crotonese dei
Vrenna-Bonaventura, che da 10 anni collabora con la giustizia;
le informazioni fornite dal collaboratore di giustizia Luigi Bonaventura sono ritenute certamente
attendibili, anche dalla direzione nazionale antimafia con la quale ha spesso collaborato, e sono state
utilizzate all’interno di importanti procedimenti giudiziari, consentendo la cattura e l’arresto di oltre
150 affiliati ad organizzazioni e associazioni di tipo mafioso;
secondo quanto riportato dal quotidiano il collaboratore avrebbe inviato in data 26 aprile 2014,
attraverso il suo legale, una lettera alla commissione centrale circa alcuni episodi avvenuti nel corso
del suo periodo di residenza presso la Città di Termoli (Campobasso), in regime di protezione;
in tale documento si riporta come «il collaboratore ha ricevuto, solo dopo diversi mesi dal suo
arrivo, (… ) un documento personale con il limite di utilizzo nella sola regione Molise, contrariamente
a quanto previsto dalla legge, che non ha consentito una concreta possibilità di inserimento sociolavorativo
» secondo l’interrogante, in violazione del dettato normativo che prevede l’assunzione di
«misure atte a favorire il reinserimento sociale del collaboratore o del testimone di giustizia e delle
altre persone sottoposte a protezione»;
lo stesso articolo denuncia come i contratti di locazione sarebbero stati stipulati direttamente
dal personale del NOP, senza garantire, stando alla denuncia di Bonaventura il giusto grado di
anonimato e mimetizzazione;
simile condotta veniva tenuta per consentire l’iscrizione scolastica dei figli, ovvero per la scelta
del Medico di Famiglia, vanificando altresì l’adeguato inserimento anonimo nel tessuto economico e
sociale locale e rivelando il vero motivo della permanenza nella località protetta del nucleo familiare;
a oggi risulta addirittura mancante la documentazione necessaria a garantire al collaboratore e
ai suoi familiari l’accesso alle cure sanitarie;
alla richiesta del legale del collaboratore Luigi Bonaventura non risulta che abbia fatto la
commissione centrale pervenire alcuna risposta;
si evidenzia, infine, come l’attuale sistema di protezione riservato ai collaboratori di giustizia
rischi da un lato di consentirne l’accesso anche a soggetti ritenuti non del tutto attendibili, ovvero
saldamente ed attivamente legati ad ambienti di tipo mafioso, dall’altro di non garantire sufficiente
copertura, nonché la stessa incolumità fisica, ai soggetti sottoposti al sistema di protezione –:
se non ritenga che l’attuale sistema di protezione dei collaboratori di giustizia, anche in
relazione alle criticità evidenziate dai fatti così come esposti in premessa, presenti alcune inefficienze
INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/06199 CAMERA

http://www.nottecriminale.it/noc/index.php?option=com_k2&view=item&id=6413%3Ainterrogazione-parlamentare-del-m5s-sul-caso-del-collaboratore-di-giustizia-luigi-bonaventura&Itemid=147#sthash.BGkAnxm8.TwZzOSYP.dpuf