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Il boss dal carcere: «Dico io chi dovete votare».Politica,mafia ed istituzioni.Quando noi diciamo che prima mafia e stato erano due realtà talvolta alleate ma diverse,mentre oggi sono diventate spesso un unicum.I mafiosi ormai sono dentro il Palazzo

Il Mattino, Mercoledì 11 Maggio 2016

Il boss dal carcere: «Dico io chi dovete votare»

di Leandro Del Gaudio

In carcere decidevano le sorti politiche del comune di appartenenza, la scelta dei candidati su cui puntare, ma anche le particolari strategie di marketing politico da adottare dentro e fuori il proprio nucleo familiare. Parole intercettate durante il colloquio in cella di un presunto boss e della convivente, che chiamano in ballo l’attuale presidente della commissione anticamorra del Consiglio regionale Carmine Mocerino (per due volte eletto nell’assemblea regionale, in forza a una lista che sosteneva Caldoro), ma anche la ex consigliere regionale Pdl Paola Raia. Non indagati, ma coinvolti (evidentemente a loro insaputa) nelle conversazioni tra soggetti legati alla camorra di Somma Vesuviana, parole che risalgono al 2013, quando il comune era al centro di un aspro confronto politico per il rinnovo delle municipali. Parole – va ribadito – rimaste prive di riscontri concreti. Inchiesta per racket e droga, ventuno arresti, colpita la cosca che fa capo al padrino Giovanni D’Avino, l’uomo che – a colloquio con la compagna Anna Giuliano – dava istruzioni su voti e cavallucci, sostegno elettorale e selezione di candidati. Ed è proprio in una di queste conversazioni, che si fa riferimento al tifo in favore di Mocerino. In cella, D’Avino detta la linea: al boss non piace la decisione della famiglia di candidare al consiglio comunale cittadino la nipote Titti, per cui si decide ad imporre alla convivente un appoggio solo di facciata per la nipote, mentre ordina di contattare Mocerino (tramite il fratello) per attestargli il proprio consenso. Un endorsement mascherato, sotterraneo.

È il due maggio del 2013, quando il boss escogita uno stratagemma per contattare il politico regionale. Scrive il gip Paola Valeria Scandone: l’espediente sta nel contattare il fratello medico di Carmine Mocerino (anche il professionista non è indagato) per fargli avere l’imbasciata. Dice D’Avino alla compagna: «Gli devi dire: Ha detto Giovanni mio, che il mio voto è vostro, vi vuole bene a voi, vi vuole sempre bene a voi, quindi nessun problema…. Devi insistere su questa linea». Parole rafforzate anche da un’altra intercettazione ambientale, questa volta a parlare è la stessa Anna Giugliano, che ricorda al convivente che Mocerino era a conoscenza del suo status di donna di un boss della camorra. Ma seguiamo il testuale: «Una volta incontrai Carmine Mocerino, te lo dico e non mi interessa di dire queste cose qua dentro (alludendo proprio al rischio di essere intercettati nella sala colloquio), ebbene fu lui a dirmi poi venite con Giovanni a casa e vediamo alla regione e vediamo cosa posso fare nell’ospedale, non nella clinica». Parole rimaste evidentemente prive di riscontri concreti, sulle quali interviene lo stesso Mocerino. Non si mostra per niente «imbarazzato» il presidente della commissione anticamorra di Palazzo Santa Lucia, che affida a un comunicato la propria fiducia verso magistrati e polizia giudiziaria: «Pieno sostegno e plauso all’azione della magistratura ed alle forze dell’ordine – dice il presidente in relazione alle indagini sul caso Somma Vesuviana – esse garantiscono un costante presidio di legalità in territori difficili.

Il mio impegno, da sempre, è lavorare per rafforzare l’argine contro le infiltrazioni della criminalità organizzata. Continuerò in questo percorso con determinazione in totale sintonia istituzionale con le diverse autorità preposte e respingendo tutti i tentativi strumentali di minare questa attività» Ma quello di Mocerino non è l’unico nome di politici finito al centro delle indagini del pool anticamorra coordinato dagli aggiunti Filippo Beatrice e Giuseppe Borrelli. Qual è il senso della presunta imbasciata da fare a Mocerino? In sintesi, il sostegno elettorale dovrà andare a favore di un’altra candidata sindaco, vale a dire Paola Raia del Pdl, sostenuta appunto da Mocerino. È il punto in cui – secondo i carabinieri di Castello di Cisterna – il boss ostenterebbe anche una buona dose di «acume politico», a proposito degli equilibri elettorali nel suo paese. Giovanni D’Avino: «Come stanno le elezioni, chi può vincere»; Anna Giuliano: «Non mi interessa, Paola Raia sta avanti»; Giovanni D’Avino: «Fanno il ballottaggio Paola Raia e Allocca e poi vince Paola Raia perché si appoggiano tutti a lei». I fatti non andarono esattamente come ipotizzato dal presunto boss: Concetta D’Avino, la nipote del detenuto, incassò 110 voti e non venne eletta, mentre al ballottaggio la Raia fu sconfitta da Allocca, che sarebbe poi deceduto un anno dopo. Inchiesta che ha messo in risalto il sistema delle estorsioni con le «stese», vale a dire con continue incursioni armate per terrorizzare imprenditori e commercianti. Tra gli indagati, oltre a Giovanni D’Avino, anche Ferdinando, Stefano e Francesco D’Avino, la stessa Anna Giuliano, che si sarebbe prestata a trasmettere all’esterno della cella informazioni e imbasciate a trecentosessanta gradi.