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Idioti ed opportunisti: il flagello dell’antimafia sociale.

Il fronte della cosiddetta “antimafia” sociale pullula di idioti e talvolta anche di qualche soggetto spregiudicato che attraverso il canale della lotta alle mafie intravede la possibilità di far carriera politica, di procurarsi voti, di costruirsi un’immagine e così via.
I cosiddetti ” professionisti dell’antimafia” cui faceva riferimento Leonardo Sciascia.
Pericolosissimi, idioti ed opportunisti, perché oscurano ed insozzano l’immagine della vera antimafia.
L’antimafia della gente che ci crede, che si batte coraggiosamente, esponendosi a rischi di ogni genere, mettendo mani nelle proprie tasche, che non lo fa per interessi personali e così via.
Non a caso abbiamo voluto affrontare nel Convegno del 13 luglio a Terracina il tema della QUALITA’:
QUALITA’ NELLE INDAGINI, QUALITA’ NEI PROCESSI, QUALITA’ NELLE ASSOCIAZIONI, QUALITA’ NELLA SOCIETA’ CIVILE.
Un tema stimolante, provocatorio, che fa riflettere ma di cui, come al solito, non viene colta l’importanza che da pochi, pochissimi.
La massa degli idioti o degli opportunisti, che non vogliono sentire e capire perché pensano al tornaconto personale, latita, diserta, talvolta con una scusa o l’altra.
Lo snodo, questo, che agevola e rende sempre più potenti le mafie: l’idiozia dei più e l’opportunismo dei tanti.
La difficoltà di fare antimafia seria sta proprio in questo: combattere contemporaneamente i mafiosi, andandoli a cercare con l’indagine uno per uno, e gli idioti e gli opportunisti che dicono di stare sul fronte opposto ma che in effetti sono i migliori alleati dei mafiosi medesimi.
Gli opportunisti sono irredimibili ed una volta individuati vanno cacciati da un’associazione antimafia seria, mentre con gli idioti bisogna avere una buona dose di pazienza per spiegare ad essi dalle fondamenta e bene cos’è la mafia.
Ammesso che poi alla fine riescano a capire.
Cos’è la mafia?
Franchetti, uno dei più grandi studiosi della materia, la equiparò ad un corpo costituito da due elementi che si fondono ” cervello borghese e lupara proletaria”.
Roberto Scarpinato, uno di magistrati più noti ed attuale Procuratore Generale della Corte di Appello di Palermo, ne ” Il Ritorno del Principe” Ed. Chiarelettere, (un saggio che tutti dovrebbero leggere ma che pochi hanno letto), così descrive la mafia:
” Devo fare due premesse.
La prima è che molti snodi essenziali della storia della mafia sono destinati a restare segreti.
Se la mafia fosse costituita solo da personaggi come Provenzano e Riina (due ex bovari, ndr) tutto potrebbe venire alla luce del sole.
Ma la mafia è anche uno dei tanti complicati ingranaggi che nel loro insieme costituiscono la macchina del potere reale nazionale;
macchina che scrive il corso della storia collettiva operando in parte sulla scena, ma in gran parte dietro le quinte.
Nessuno può permettersi di svelare taluni segreti della parte oscena della storia che gli è accaduto di intravedere senza rischiare di restare stritolato dalla reazione compatta e trasversale di tutto il sistema”.
Falcone, Borsellino, Dalla Chiesa e tutte le altre vittime più note della mafia sono stati massacrati proprio perché arrivarono a capire e toccare i fili di quel sistema.
Mafia e potere che spesso si confondono fino a diventare un unicum.
Mafia, potere e, quindi, mafia, politica ed istituzioni o quanto meno parte di esse.
Se non si capisce questo, non si è capito niente.
Ecco perché chi è compromesso con la politica, con questa politica e con queste istituzioni, ed è da esse legittimato e foraggiato, non può essere totalmente contro le mafie.
Da questa loro impossibilità di fare effettivamente un’antimafia seria nasce anche la contestazione nei nostri confronti, che, al contrario di lor signori, ci manteniamo lontani dalla politica ed impediamo a chicchessia di nemmeno tentare di strumentalizzare la nostra Associazione.
ANTIMAFIA – La qualità delle indagini
Confronto ieri a Terracina fra magistrati e rappresentanti delle forze dell’ordine
E’ stato il presidente della Seconda Sezione Penale della Cassazione, Antonio Esposito, ad infiammare il dibattito sul salto di qualità indispensabile per sconfiggere le mafie, nel corso dell’affollato incontro pubblico che si è tenuto ieri pomeriggio, 13 luglio, presso il Liceo Leonardo da Vinci di Terracina.
Giunto appositamente da Roma – dove è impegnato ad affrontare delicate questioni di estrema rilevanza per il Paese – l’alto magistrato anche in questa occasione non ha voluto far mancare la sua presenza all’incontro coi cittadini organizzato dall’Associazione Antimafia Antonino Caponnetto, di cui è presidente onorario.
Nel corso del suo brillante intervento il presidente Esposito ha inteso sottolineare infatti come si debba proprio ad associazioni di volontariato indipendenti quali la Caponnetto, e a testate di giornalismo d’inchiesta libere da condizionamenti, quali La Voce delle Voci, partner della Caponnetto, quel fattore in più che rende possibile l’autentico “salto di qualità”. «Tuttavia – ha affermato il giudice – a fronte di tanto impegno e sacrificio da parte di chi dedica le proprie energie alle sacrosante battaglie per affermare uguaglianza e giustizia, non sempre magistratura e forze dell’ordine offrono una risposta adeguata. Ed è anche su questo versante che noi tutti dobbiamo lavorare». «Anche perché – ha aggiunto – la storia giudiziaria recente ci mostra fino a che punto una certa “borghesia mafiosa” abbia
potuto assumere il controllo delle istituzioni, come è venuto alla luce recentemente nei processi a carico dell’ex governatore della Sicilia Totò Cuffaro, o nell’inchiesta sulla ‘ndrangheta in Lombardia, che ha portato all’arresto di boss, medici ed anche magistrati, oltre che di esponenti della pubblica amministrazione». Entrambi i casi sono passati in Cassazione al vaglio della Sezione guidata dal presidente Esposito.
Alla voce altisonante del presidente Esposito ha fatto da contrappunto l’intervento non meno critico di Elvio Di Cesare, fondatore e segretario nazionale della Caponnetto, che ha inteso sottolineare quanto sia ormai giunto a livelli di pericolo un certo associazionismo antimafia «parolaio» e «finanziato da quelle stesse istituzioni che dovrebbero proprio da queste sigle essere controllate». Fiero della sua indipendenza e del volontariato di tanti associati alla Caponnetto, Di Cesare ha annunciato nuove adesioni in diverse regioni italiane, ivi compreso il Trentino Alto Adige, dove in autunno sarà organizzata un’analoga manifestazione su iniziativa di un consigliere regionale particolarmente sensibile al tema della penetrazione criminale al Nord.
Di questo ha parlato, fra l’altro, il giudice del Tribunale di Cassino Massimo Lo Mastro, che è stato a lungo pubblico ministero a Torino, mettendo in luce come già dieci anni fa il fenomeno aveva una sua rilevanza giudiziaria in Piemonte. Quanto ad oggi, il giudice Lo Mastro ha affermato che nel territorio di Cassino non sono emersi finora, a livello processuale, elementi connessi direttamente alla criminalità organizzata, mentre l’attività giudiziaria ha permesso di portare alla luce e contrastare vasti giri di sostanze stupefacenti legati a ben determinati gruppi.
E’ partita da qui la riflessione di Cristiano Tatarelli, dirigente del Commissariato di Scampia, che ha ricordato come la sua attività di investigatore proprio dell’area di Cassino e in genere nel frusinate abbia offerto segnali tangibili di infiltrazioni mafiose in quel vasto territorio. Che tuttavia – come abbiamo potuto constatare – non sono mai arrivate a giudizio. Quanto al necessario “salto di qualità”, il dottor Tatarelli ha fatto riferimento alla nostra legislazione in tema di aggressione ai patrimoni mafiosi, «approvata non solo da Cassazione e Corte Costituzionale, ma anche a livello europeo», e che sta consentendo importanti risultati in tema di confische». Tanto che – come ha confermato il colonnello della Guardia di Finanza di Latina, Paolo Kalenda, anche lui al tavolo dei relatori – oggi alcune squadre di polizia e fiamme gialle utilizzano per il loro lavoro auto confiscate a gruppi camorristici.
La strada è ancora lunga, a cominciare dal destino e dal riutilizzo dei beni confiscati, per i quali, nel vuoto legislativo, si è costretti spesso ad assistere a un deterioramento senza fine. Eppure, esempi come quelli delle auto che ora sono al servizio delle forze dell’ordine, o il fondo rustico confiscato a Scampia, ricordato da Tatarelli, e affidato ad una cooperativa agricola di volontari, aiutano a capire come la speranza non debba venir meno. Ma occorre – ha sottolineato il direttore de La Voce delle Voci Andrea Cinquegrani, segretario organizzativo della Caponnetto – che a compiere il “salto di qualità” siano anche i legislatori, perché una stampa massacrata da citazioni civili a suon di milioni è perennemente “sotto scacco” e non può svolgere il suo compito come prevede l’Articolo 21 della Costituzione. «Se è vero che un operaio ustionato negli altiforni della Thyssen – ha incalzato Cinquegrani – si vede riconoscere un risarcimento da 15.000 euro, e un vip “diffamato” con sentenza di primo grado se ne vede assegnare 100.000, pur godendo di ottima salute, è evidente che anomalie “di sistema” come queste tappano per sempre la bocca all’informazione. E così cade un pilastro della democrazia, primo elemento necessario per contrastare le mafie e l’illegalità diffondendo il seme fertile di questi valori nel corpo dell’opinione pubblica italiana».
Roma, 14 luglio 2013
Ufficio stampa Associazione Caponnetto