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I fratelli Santangelo e la mafia “agraria”

I fratelli Santangelo e la mafia “agraria”

La storia dei fratelli Santangelo è la storia di tre contadini: Giuseppe, Giovanni e Vincenzo.

di Valentina Nicole Savino con la collaborazione di Dino Paternostro

Ma è anche la storia di centinaia di contadini, di un movimento: quello per l’emancipazione da una Sicilia analfabeta, sfruttata, schiacciata dal gioco di potere delle forze in campo. Forze come la mafia, che radicata ancora nel dopoguerra, dispiega in profondità le proprie radici e attanaglia l’intera Isola. Forze a cui tuttavia, malgrado la schiacciante prevaricazione, si iniziava a reagire con coesione anche istituzionalmente, come nel caso dei decreti emanati nell’ottobre del 1944 dal ministro dell’agricoltura Fausto Gullo, passati alla storia come “decreti Gullo”; che disponevano la concessione delle terre dismesse o mal coltivate ai contadini. I decreti accendono infatti un barlume di speranza in quei contadini e sindacalisti che lottano quotidianamente per condizioni di vita migliori, ed è così a partire dal raccolto dell’estate del 1945 inizia a levarsi a gran voce un nuovo movimento di occupazione dei feudi.

E tra gli altri anche i tre fratelli erano iscritti alla Fedelterra, e facevano parte di una cooperativa per l’assegnazione del feudo Gulini; militando in quella parte del Movimento contadino che optava per la lotta organizzata e l’impegno politico (l’altra faccia della medaglia era quella del banditismo, spesso strumentalizzato da agrari e mafiosi).

Contadini che lavoravano “da sole a sole” e che alzavano coraggiosamente la testa per chiedere l’applicazione della legge. Una legge, quella dei decreti Gullo, pericolosa per i mafiosi. Perché puntava gli occhi sui loro territori. Perché osava additarne i soprusi e le prevaricazioni. Perché spronava ancora di più quei contadini a ribellarsi, a non cadere stremati in un facile senso di fatalismo, a lottare per la propria liberazione riappropriandosi di terre e diritti.

L’unica colpa di Giovanni, Giuseppe e Vincenzo fu quella di unirsi come tanti altri contadini sotto l’egida di una cooperativa per tenere dritta la schiena rivendicando condizioni di vita dignitose. E come tanti altri, vennero freddati senza alcuna pietà. Nel pomeriggio del 31 ottobre 1946 Giovanni, Salvatore e Giuseppe Santangelo, rispettivamente di 41, 34 e 25 anni vengono così accerchiati da tredici banditi mentre si trovano in campagna intenti a seminare un terreno coltivato a mezzadria, sui monti tra Belmonte e Misilmeri; e vengono trucidati immediatamente con dei colpi alla testa. Davanti agli occhi attoniti e increduli dei figli di Giovanni, Andrea di 13 anni e Salvatore di 15, che erano a lavorare con loro nei campi.

Corpi inermi fino a un momento prima traboccanti di vita, come quella giovane di Giovanni che era appena tornato dopo otto anni di guerra, o quella dell’ultima figlia di Giovanni, che affacciatasi al mondo venti giorni dopo la sua morte non potrà mai conoscere il padre. Un triplice omicidio a scopo intimidatorio, su mandato degli agrari e della mafia del feudo intolleranti nei confronti di quelli che loro consideravano diretti attacchi al loro potere. Una violenza radicale e continua volta a soffocare le rivendicazioni. Dopo l’omicidio non fu più portata avanti l’azione che avevano in programma: una riunione per organizzare l’occupazione del feudo Gulini.

Vennero fermati nell’immediato quattro individui, ma come testimonia anche il segretario della CGIL Dino Paternostro le indagini non furono per niente attive, soltanto a sei giorni di distanza infatti, il 6 novembre del ‘46, venne ricevuta la segnalazione dell’omicidio, a cui seguirono indagini lacunose che non portarono a niente. Il Comune e la CGIL hanno intitolato loro una strada, ex Largo del Fringuello a Belmonte si chiama oggi infatti Largo Fratelli Santangelo, all’interno di un progetto volto a restituire la memoria ai sindacalisti e contadini assassinati nel dopoguerra attraverso l’intitolazione di strade e piazze. Così ci spiega il segretario del dipartimento legalità della Camera del Lavoro Dino Paternostro: “L’intento è quello di recuperare la memoria dei nostri caduti, perché in quel periodo sono stati assassinati decine di sindacalisti, attivisti, e contadini impegnati nelle lotte per la terra e quasi tutte le morti sono state dimenticate, non sono mai state ricordate. Per questo abbiamo proposto al Comune di Palermo di intitolare in un quartiere tutte le strade ai caduti nelle lotte contadine del secondo dopoguerra”. CGIL che è stata calorosamente ringraziata per il suo impegno, a partire dalle parole di Mariella Santangelo, che alla cerimonia di intitolazione della via ha letto una lettera di ringraziamento per aver restituito dignità ai propri cari. CGIL che tuttavia ha sentito la necessità di chiedere anche scusa: “Tutto questo ci ha fatto incontrare tanti familiari delle vittime, familiari a cui abbiamo anche chiesto scusa, perché la CGIL avrebbe dovuto ricordare anche prima, in maniera continuativa, queste vittime”.

Adesso Dino pensa al futuro: “il nostro obiettivo ora è quello di metterci in contatto con le scuole, per fare in modo che la memoria venga tramandata. Dobbiamo fare in modo che i ragazzini che vanno a scuola in questo quartiere comincino a sapere chi erano questi sindacalisti, in modo che anche la scuola possa adottare la loro memoria: conoscendoli, raccontando quello che hanno fatto e soprattutto aiutando a realizzare una riscrittura della storia dell’Italia. Perché noi siamo convinti di una cosa: che nella storia d’Italia, specialmente nel secondo dopoguerra hanno avuto grande peso il Movimento sindacale e quello contadino. E che i tanti caduti siano eroi della Sicilia, che hanno contribuito a costruire una Sicilia più libera, più democratica. Tanto i dirigenti sindacali quanto i contadini hanno dato un enorme contributo alla lotta contro la mafia quando ancora lo Stato non aveva assunto la sua lotta come un obiettivo da perseguire, quando anzi lo Stato talvolta era persino in connivenza con il potere mafioso. Se oggi viviamo in un Paese più democratico lo dobbiamo a loro”.

17 OTTOBRE 2020

fonte:https://mafie.blogautore.repubblica.it/