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Gratteri: «Mele marce hanno tentato di ostacolare il mio lavoro, i calabresi si fidano»

Gratteri: «Mele marce hanno tentato di ostacolare il mio lavoro, i calabresi si fidano»

Il capo della Dda di Catanzaro è intervenuto alla trasmissione “DiMartedì” su La7. Una lunga intervista in cui sono stati toccati diversi temi che riguardano anche la giustizia italiana. E sulla manifestazione a suo sostegno in piazza ha detto: «Migliaia di calabresi credono in noi. Mi gratifica»

di Daniela Amatruda

Primo ospite di questa sera della trasmissione “DiMartedì” condotta da Floris su La7 (il video dell’intervento) è stato il procuratore Nicola Gratteri. Diverse le domande che i giornalisti Marco Damilano, Alessandro Sallusti, Pietro Senaldi e Ilaria D’Amico hanno posto al capo della procura distrettuale antimafia di Catanzaro. Prima fra tutte quella sul protagonismo di alcuni magistrati: «Io penso che non ci sia una “cultura manettara” – ha detto Gratteri rispondendo a Sallusti – penso invece che ci sia un po’ l’idea dell’impunità, cioè chi ha potere non vuole essere controllato. Chi gestisce potere, chi di fatto manovra idee e pensieri, pensa di essere al di sopra delle leggi, quindi quando c’è qualcuno che vuole osservare e fare rispettare i codici diventa un “manettaro”, una persona che tarpa le ali alla democrazia».

Rinascita Scott

«Lei è considerato un simbolo da molti – ha detto Floris – ma da alcuni è stato anche criticato per l’operazione Rinascita Scott. Gli osservatori dicono: ma si possono arrestare 330 persone avendo nozione completa dei motivi che portano all’arresto di ognuno di loro o sono delle grandi operazioni in cui si fa mattanza delle garanzie individuali, si tira una rete e si acchiappa tutto?». 

«Questa indagine – ha spiegato Gratteri – nasce a maggio del 2016, gli arresti sono del dicembre 2019, ci hanno lavorato almeno 300 carabinieri per 2 anni e mezzo quasi tre, ci sono cinque pm che hanno scritto questa richiesta di misure cautelari che è di 13500 pagine e un gip che ha impiegato un anno e mezzo per scrivere l’ordinanza. Nel frattempo sono morti 10 indagati per cui abbiamo chiesto la misura cautelare». 

E alla D’amico, che ha posto nuovamente l’accento sulle critiche ricevute per la maxi operazione, Gratteri ha risposto che «evidentemente – ha detto – io e i miei uomini stiamo lavorando bene».

«Ci sono state mele marce – ha aggiunto – che hanno cercato di ostacolare il mio lavoro. Le mele marce – ha precisato – sono coloro che dicono cose false, non chi mi critica».

 

Alla domanda di Sallusti che gli ha chiesto se mille arresti ingiustificati all’anno siano una cifra fisiologica, Gratteri ha risposto di sì: «Lei usa come modello gli Stati Uniti. Ma lei sa quanta gente innocente muore sulla sedia elettrica negli Usa? Lì si salva solo chi confessa».

 

La manifestazione pro Gratteri: «Mi gratifica»

«Il sostegno popolare? Non ci penso proprio, ma mi gratifica il fatto che negli ultimi anni – ha detto il procuratore – migliaia di calabresi non solo credono in me, migliaia di calabresi mi sostengono, migliaia di persone spontaneamente hanno manifestato davanti al tribunale senza sigla sindacale, di partito o di associazione, perché sperano, sognano la liberazione della Calabria».

 

Magistratura

«Il 99% dei Magistrati in Italia – ha detto Gratteri – sono persone oneste. C’è qualche mela marcia, come in tutte le categorie, cambiano solo le percentuali, non esiste una categoria in Italia o nel mondo immune da fenomeni corruttivi, ma tendenzialmente la Magistratura è sana».


Politica e mafia

 «Negli ultimi anni la mafia è molto più arrogante – ha dichiarato il procuratore – e in certi posti la mafia si è sostituita alla politica, mette i propri candidati. Una volta erano i mafiosi che andavano a casa del politico a chiedere il posto di lavoro per la vedova del figlio ucciso, o il rinvio del militare, oggi sono i candidati che vanno dai mafiosi a chiedere pacchetti di voti in cambio di appalti o di altri benefici. Il rapporto è cambiato perché il politico è presente sul territorio solo pochi mesi prima delle elezioni, il capo mafia è presente 365 giorni all’anno sul territorio, dà risposte – drogate, sbagliate, clientelari – ma dà risposte, la politica è assente e non dà risposte.  In questi anni in Calabria abbiamo indagato decine e decine di politici. Purtroppo i professionisti affermati o la gente colta non si impegna in politica, hanno paura di sporcarsi o di rimanere invischiati, ma spesso, non sempre, ci sono dei mediocri o dei faccendieri che entrano in politica per fare affari, per fare business, per gestire potere».

«La ‘ndrangheta – ha detto ancora Gratteri – è l’unica mafia presente in tutti i continenti, presente in modo ormai sistematico in Piemonte dal ’75, in Lombardia, in Emilia Romagna, è radicata perché ha un sistema clone, in qualsiasi parte si muovono riescono ad avere lo stesso brand, con regole che valgono in ogni parte del mondo».

 

Prescrizione

Più che sul tema della prescrizione, Gratteri ha invitato a riflettere sulla velocizzazione dei processi: «Io ho proposto delle modifiche normative – ha detto -, le Camere penali d’Italia hanno fatto 5 giorni di sciopero per un solo articolo che è stato approvato dal mio articolato in un disegno di legge del ministro Orlando, per il processo a distanza. Si risparmierebbero circa 70 milioni di euro di spese vive l’anno, non ci sarebbe il pericolo che un detenuto possa evadere e 10 mila uomini, anziché fare traduzioni e trasferimenti, potrebbero stare nelle carceri e fare trattamento penitenziario».

Gratteri e l’incontro con Renzi

Damilano ha chiesto a Gratteri di spiegare come arrivò il suo nome sul tavolo di Napolitano, come ministro della Giustizia. «Io ho incontrato Renzi la sera prima che andasse da Napolitano, me lo ha presentato Delrio che conoscevo da quando era sindaco a Reggio Emilia. Incontro Renzi per la prima volta nella stanza di Delrio, abbiamo parlato per oltre due ore e mezza, era eccitato e mi faceva domande per conoscere il mio pensiero. Mi ha proposto di fare il ministro della Giustizia, inizialmente ho risposto di no perché non ho il carattere, io sono un decisionista, sono allenato ad ascoltare tutti e a non alzarmi da un tavolo senza aver preso una decisione, ma insiste dicendomi che mi darà carta bianca, che potrò cambiare gli uomini al ministero e che si sarebbe seduto accanto a me per fare approvare le riforme che proponevo. Io avevo in testa la rivoluzione dei codici e a quel punto ho detto sì.

Il giorno dopo torno in Calabria, nel pomeriggio mi chiama Delrio e mi passa Renzi, il quale, timoroso che mi potessi tirare indietro, mi comunica di avermi inserito nell’elenco dei 16 ministri. Io confermo di essere un uomo di parola e se mi conferma carta bianca sulle riforme di cui abbiamo parlato la sera prima ho detto di procedere. Quando ho visto che la porta non si apriva ho detto “staranno litigando per me” ed effettivamente così è stato. Io ho fatto un sospiro di sollievo, chi mi vuole bene dice che devo accendere due candele a Napolitano ogni mattina».

 

Un ministero con Salvini o Berlusconi?

E a Sallusti che gli chiede se avrebbe accettato di fare il ministro della Giustizia se glielo avessero proposto Salvini o Berlusconi, ha risposto: «Certamente sì avendo carta bianca per portare avanti modifiche importanti, come per esempio la rivisitazione della geografia giudiziaria d’Italia: ci sono 250 magistrati fuori ruolo che non fanno i magistrati, ogni 20 chilometri un tribunale che non si chiude, in Sicilia 4 corti d’appello. Io non sono né di destra, né di sinistra né di centro, non è che se parlo con Salvini dico A e se parlo con Zingaretti dico B, io dico sempre A».

 

 

5 febbraio 2020

fonte:http://www.palermotoday.it/