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Frosinone – Moneylender, scacco alla gang degli usurai da parte della Guardia di Finanza

Legami con la camorra. Era questo l’elemento che utilizzavano per intimorire le loro vittime. Gli imprenditori e i piccoli commercianti che finivano nella loro rete arrivavano a pagare tassi d’interesse fino al 900% annui. La Guardia di Finanza di Frosinone ha scoperto una presunta banda: 13 persone coinvolte, di cui 5 finite in manette, 7 conti correnti sequestrati, decine di perquisizioni domiciliari e personali. Un giro di soldi che vale ben 5 milioni di euro. Le accuse mosse nei confronti degli indagati vanno dall’estorsione all’usura, dalle minacce al riciclaggio. «Moneylender» è il nome dell’operazione che è stata condotta dal Nucleo di Polizia Tributaria di Frosinone. Decine gli uomini delle fiamme gialle, agli ordini del colonnello Giancostabile Salato e del capitano Giovanni De Luca, impegnati nelle indagini. Dei cinque arrestati, uno è finito ai domiciliari. Quello che la Finanza considera un sodalizio criminale è composto da due uomini di Pontecorvo, due cugini di 47 e 36 anni, imprenditori che operano nel settore edile e di movimento terra. Al loro fianco una chiromante, sempre di Pontecorvo, 55enne: stando alle ipotesi dell’accusa, il suo compito era quello di spiegare alle vittime degli usurai, cosa rispondere a eventuali domande scomode da parte delle forze dell’ordine. Ma nella rete degli investigatori, è finita anche un’infermiera di Arnara, di 42 anni, ed un ex Comandante dei Vigili Urbani di Pignataro Interamna di 52 anni. Il ruolo dell’ex pubblico ufficiale, secondo quanto ricostruito dai finanzieri, era quello di autenticare le firma che si trovavano in calce a fittizie quietanze di pagamento. L’infermiera invece avrebbe aperto a proprio nome un conto corrente utilizzato per le transazioni dei prestiti. Ma i flussi finanziari erano stati abilmente occultati anche attraverso i conti correnti intestati alle stesse vittime dell’usura. Non solo soldi: in cambio dei prestiti, a volte i presunti usurai pretendevano anche beni mobili, proprietà, merci o addirittura lavori di edilizia. Le indagini sono partite proprio da alcuni movimenti sospetti su dei conti correnti. Secondo le fiamme gialle, il sodalizio utilizzava anche delle intimidazioni molto pesanti, millantando dei rapporti con le organizzazioni criminali campane. In alcuni casi sono stati anche portati in cave, e minacciati di essere sottoposti e violenze da parte di camorristi. Ma in realtà, non ci sono elementi nelle mani degli investigatori che facciano pensare a rapporti con la camorra.

Lorenza Di Brango
(Tratto da Il Tempo)