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Fondi:la politica ha sempre taciuto e tollerato ed ora una parte di essa ancora nega. Vergognatevi

Ndrangheta/Fondi: clan, politica e boss dal doppio codice fiscale

Il mercato ortofrutticolo di Fondi, tra i più grandi d’Europa, e la gestione di appalti pubblici come servizi funebri e pulizie erano da oltre due anni controllati dalla criminalità calabrese. La famiglia Tripodo, che negli anni scorsi si è trasferita a Fondi da Itri è legata anche alla camorra casertana dei Casalesi. E nella provincia di Latina, secondo gli inquirenti, reinveste i capitali raccolti con il traffico di droga e le estorsioni. Un’inchiesta avviata oltre due anni fa dalla direzione distrettuale antimafia di Roma e dall’allora procuratore distrettuale Italo Ormanni, ha portato oggi all’esecuzione di 17 ordini di cattura. A finire in carcere anche l’ex assessore comunale di Fondi Riccardo Izzi, che si era già dimesso a febbraio 2008. Mentre il vertice della polizia municipale è agli arresti domiciliari: il comandante Dario Leone e il vice Pietro Munno. Con loro arrestati in casa anche i funzionari comunali Gianfranco Mariorenzi dell’ufficio Lavori pubblici e Tommasina Biondino del Bilancio. Le misure cautelari (12 in carcere e 5 agli arresti domiciliari) sono state richieste dal pm della Dda della Capitale Diana De Martino al gip Cecilia Demma sulla base delle indagini eseguite dalla Divisione investigativa antimafia comandata dal colonnello dei carabinieri Paolo La Forgia. Ma all’inchiesta ha lavorato anche un pubblico ministero della Dda di Napoli, Francesco Curcio, che è stato distaccato a Roma proprio per questa indagine su richiesta dell’allora procuratore distrettuale Ormanni. Curcio è infatti il magistrato dell’antimafia napoletana che rappresenta la “memoria storica” degli affari del clan dei Casalesi. E l’inchiesta che ha portato ai 17 arresti a Fondi costituisce appunto uno snodo tra ‘ndrangheta e camorra casertana.

Il mercato ortofrutticolo di Fondi, tra i più grandi d’Europa, e la gestione di appalti pubblici come servizi funebri e pulizie erano da oltre due anni controllati dalla criminalità calabrese. La famiglia Tripodo, che negli anni scorsi si è trasferita a Fondi da Itri è legata anche alla camorra casertana dei Casalesi. E nella provincia di Latina, secondo gli inquirenti, reinveste i capitali raccolti con il traffico di droga e le estorsioni. Un’inchiesta avviata oltre due anni fa dalla direzione distrettuale antimafia di Roma e dall’allora procuratore distrettuale Italo Ormanni, ha portato oggi all’esecuzione di 17 ordini di cattura. A finire in carcere anche l’ex assessore comunale di Fondi Riccardo Izzi, che si era già dimesso a febbraio 2008. Mentre il vertice della polizia municipale è agli arresti domiciliari: il comandante Dario Leone e il vice Pietro Munno. Con loro arrestati in casa anche i funzionari comunali Gianfranco Mariorenzi dell’ufficio Lavori pubblici e Tommasina Biondino del Bilancio. Le misure cautelari (12 in carcere e 5 agli arresti domiciliari) sono state richieste dal pm della Dda della Capitale Diana De Martino al gip Cecilia Demma sulla base delle indagini eseguite dalla Divisione investigativa antimafia comandata dal colonnello dei carabinieri Paolo La Forgia. Ma all’inchiesta ha lavorato anche un pubblico ministero della Dda di Napoli, Francesco Curcio, che è stato distaccato a Roma proprio per questa indagine su richiesta dell’allora procuratore distrettuale Ormanni. Curcio è infatti il magistrato dell’antimafia napoletana che rappresenta la “memoria storica” degli affari del clan dei Casalesi. E l’inchiesta che ha portato ai 17 arresti a Fondi costituisce appunto uno snodo tra ‘ndrangheta e camorra casertana.

La famiglia Tripodo opera nel basso Lazio, tra Fondi, Gaeta, Minturno, da anni. Da quando proprio la Dda di Roma, negli anni scorsi, arrestò “don” Mico Tripodo, capostipite della ‘ndrina poi ucciso. E le attività di don Mico sono state ereditate dai fratelli Venanzio e Carmelo Tripodo. Uno dei personaggi chiave dell’inchiesta è proprio Carmelo Tripodo. L’esponente della ‘ndrina ha una caratteristica peculiare: è iscritto all’anagrafe tributaria con due codici fiscali diversi. Uno si riferisce al nome Carmelo Tripodo, l’altro a Giovanni Carmelo Tripodo. La particolarità sta nel fatto che al doppio codice fiscale corrisponde quasi una doppia vita. Il casellario giudiziario di Carmelo Tripodo infatti conta diversi precedenti penali. Mentre Giovanni Carmelo Tripodo è un’ottima persona. Incensurato, senza macchia e senza paura, Giovanni Carmelo otteneva così licenze e appalti superando qualunque controllo dal momento che, formalmente, non aveva niente in comune con quel “poco di buono” del signor Carmelo Tripodo. L’anomalia, e i legami di Tripodo con la politica locale, emerserà già lo scorso anno, in seguito alle ispezioni della commissione d’accesso prefettizia che lavorava sulle ipotesi di condizionamenti della criminalità sull’amministrazione comunale di Fondi.

“Appaiono altamente significative – scriveva la commissione nel 2008 – le connessioni emerse chiaramente in sede di accesso tra la famiglia Tripodo e i soggetti legati, per via parentale, anche a figure di vertice del comune di Fondi, nonché a titolari di attività commerciali pienamente inserite nel mercato ortofrutticolo di Fondi”. E anche in quel caso saltarono fuori i collegamenti con la camorra Casalese. “E’ ben delineato, nella ricostruzione – si legge sempre negli atti – il collegamento della famiglia Tripodo con elementi della mafia calabrese e clan camorristici, in particolare quello dei casalesi». Inoltre la Commissione richiamò l’attenzione sui “rapporti tra Tripodo Antonio Venanzio, fratello di Carmelo, Peppe Franco, titolare di attività ortofrutticola nell’ambito del Mof, Luigi Parisella, sindaco del Comune di Fondi e cugino di Peppe Franco”. Non finiva qui: già negli atti di due anni fa circa veniva evidenziato che Franco Peppe (arrestato oggi con il fratello Pasquale) “ha un legame di parentela con la convivente di Aldo Trani” (anche lui arrestato oggi) “che ha beneficiato – si legge nella relazione – di comportamenti accondiscendenti e agevolativi del dal Comune di Fondi”.

Su queste basi i carabinieri del colonnello La Forgia hanno individuato le collusioni tra funzionari comunali di Fondi e esponenti della cosca per la gestione del Mof (il mercato ortofrutticolo di Fondi) ma anche per l’affidamento di appalti nei settori dei servizi funebri, dei traslochi e delle pulizie. In particolare l’ex assessore Izzi avrebbe facilitato la famiglia Tripodo ottenendo in cambio soldi e finanziamenti per le elezioni. Associazione di stampo mafioso, abuso d’ufficio, corruzione e falso. Queste le accuse contestate, a seconda delle posizioni, ai 17 arrestati. Gli inquirenti hanno inoltre sequestrato beni, tra case e terreni, per circa 10 milioni di euro. In carcere, oltre l’ex assessore Izzi, sono finiti i fratelli Carmelo Giovanni Tripodo e Antonio Venanzio Tripodo, Aldo Trani, Giuseppe Bracciale, i fratelli Franco e Pasquale Peppe, Alessio Ferri, Antonio Schiappa, Igor Catalano, Vincenzo Bianchò, Antonio D’Errigo. Agli arresti domiciliari, oltre ai due funzionari comunali e al comandante e al vice della polizia municipale, anche l’immobiliarista Massimo Di Fazio. La famiglia Tripodo controllava tutta l’economia legata al mercato dell’ortofrutta. Imponevano i prezzi e decidevano quali società potevano lavorare. Il loro “potere” avrebbe garantito a Riccardo Izzzi di conquistare il posto di primo degli eletti per numero di preferenze.


La famiglia Tripodo opera nel basso Lazio, tra Fondi, Gaeta, Minturno, da anni. Da quando proprio la Dda di Roma, negli anni scorsi, arrestò “don” Mico Tripodo, capostipite della ‘ndrina poi ucciso. E le attività di don Mico sono state ereditate dai fratelli Venanzio e Carmelo Tripodo. Uno dei personaggi chiave dell’inchiesta è proprio Carmelo Tripodo. L’esponente della ‘ndrina ha una caratteristica peculiare: è iscritto all’anagrafe tributaria con due codici fiscali diversi. Uno si riferisce al nome Carmelo Tripodo, l’altro a Giovanni Carmelo Tripodo. La particolarità sta nel fatto che al doppio codice fiscale corrisponde quasi una doppia vita. Il casellario giudiziario di Carmelo Tripodo infatti conta diversi precedenti penali. Mentre Giovanni Carmelo Tripodo è un’ottima persona. Incensurato, senza macchia e senza paura, Giovanni Carmelo otteneva così licenze e appalti superando qualunque controllo dal momento che, formalmente, non aveva niente in comune con quel “poco di buono” del signor Carmelo Tripodo. L’anomalia, e i legami di Tripodo con la politica locale, emerserà già lo scorso anno, in seguito alle ispezioni della commissione d’accesso prefettizia che lavorava sulle ipotesi di condizionamenti della criminalità sull’amministrazione comunale di Fondi.

“Appaiono altamente significative – scriveva la commissione nel 2008 – le connessioni emerse chiaramente in sede di accesso tra la famiglia Tripodo e i soggetti legati, per via parentale, anche a figure di vertice del comune di Fondi, nonché a titolari di attività commerciali pienamente inserite nel mercato ortofrutticolo di Fondi”. E anche in quel caso saltarono fuori i collegamenti con la camorra Casalese. “E’ ben delineato, nella ricostruzione – si legge sempre negli atti – il collegamento della famiglia Tripodo con elementi della mafia calabrese e clan camorristici, in particolare quello dei casalesi». Inoltre la Commissione richiamò l’attenzione sui “rapporti tra Tripodo Antonio Venanzio, fratello di Carmelo, Peppe Franco, titolare di attività ortofrutticola nell’ambito del Mof, Luigi Parisella, sindaco del Comune di Fondi e cugino di Peppe Franco”. Non finiva qui: già negli atti di due anni fa circa veniva evidenziato che Franco Peppe (arrestato oggi con il fratello Pasquale) “ha un legame di parentela con la convivente di Aldo Trani” (anche lui arrestato oggi) “che ha beneficiato – si legge nella relazione – di comportamenti accondiscendenti e agevolativi del dal Comune di Fondi”.

Su queste basi i carabinieri del colonnello La Forgia hanno individuato le collusioni tra funzionari comunali di Fondi e esponenti della cosca per la gestione del Mof (il mercato ortofrutticolo di Fondi) ma anche per l’affidamento di appalti nei settori dei servizi funebri, dei traslochi e delle pulizie. In particolare l’ex assessore Izzi avrebbe facilitato la famiglia Tripodo ottenendo in cambio soldi e finanziamenti per le elezioni. Associazione di stampo mafioso, abuso d’ufficio, corruzione e falso. Queste le accuse contestate, a seconda delle posizioni, ai 17 arrestati. Gli inquirenti hanno inoltre sequestrato beni, tra case e terreni, per circa 10 milioni di euro. In carcere, oltre l’ex assessore Izzi, sono finiti i fratelli Carmelo Giovanni Tripodo e Antonio Venanzio Tripodo, Aldo Trani, Giuseppe Bracciale, i fratelli Franco e Pasquale Peppe, Alessio Ferri, Antonio Schiappa, Igor Catalano, Vincenzo Bianchò, Antonio D’Errigo. Agli arresti domiciliari, oltre ai due funzionari comunali e al comandante e al vice della polizia municipale, anche l’immobiliarista Massimo Di Fazio. La famiglia Tripodo controllava tutta l’economia legata al mercato dell’ortofrutta. Imponevano i prezzi e decidevano quali società potevano lavorare. Il loro “potere” avrebbe garantito a Riccardo Izzzi di conquistare il posto di primo degli eletti per numero di preferenze.
Roberto Ormanni