Cerca

Fondi: collegamenti fra politica e mafie

IL CASO FONDI: Ipotesi di “infiltrazioni”. Comune appeso a un filo

Maroni ha chiesto una nuova relazione al Prefetto. Secondo Commissione d’accesso e Dda “sono emersi in modo evidente” collegamenti con la ‘Ndrangheta.

«L’infiltrazione del sodalizio nella Pubblica Amministrazione e il
collegamento con la politica sono emersi in modo evidente dalle
recentissime indagini, anche se già dalle investigazioni pregresse
risultavano segnali assai preoccupanti in tale direzione». E’ racchiusa
in queste poche righe nella relazione della Direzione Distrettuale
Antimafia di Roma tutta la vicenda di Fondi. Dietro ci sono
intercettazioni ambientali, pedinamenti, riscontri bancari e incroci
investigativi tra la Dda di Reggio Calabria, quella capitolina e quella
partenopea.
Sullo sfondo, però, ci sono anche le prossime elezioni regionali che
vedono per la provincia di Latina un ruolo da protagonista. Proprio
dall’area fondana arrivano le oltre 30.000 preferenze del senatore del
Pdl Claudio Fazzone, un bacino di voti impossibile da non prendere in
considerazione in un ragionamento ad ampio spettro; da sinistra il
sospetto che la «protezione» governativa della zona di Fondi sia tutta
in funzione di quei voti, da destra l’ipotesi di un uso politico della
vicenda tale da minare il Pdl – pur in assenza di prove concrete –
proprio in una zona del Lazio dove è particolarmente forte, forse tanto
forte da bilanciare su scala regionale anche un’eventuale contrazione
di voti nella Capitale.
Quelle poche righe della Procura tracciano in maniera netta i due
elementi – criminalità e politica – che sul caso Fondi hanno dunque
coinvolto il Governo in una diatriba che sta dando fiato alle critiche
del centrosinistra sull’operato del Premier proprio nel momento in cui
Berlusconi ha dichiarato guerra aperta alle mafie. Criminalità da una
parte e politica da un’altra, ben distinte e lontane, ha affermato
implicitamente il Premier quando a Ferragosto ha spiegato che «diversi
ministri hanno fatto notare come nessun componente della giunta o del
consiglio comunale di Fondi sia stato toccato da un avviso di garanzia
e sembrava strano che si dovesse agire con un intervento come quello
dello scioglimento del consiglio comunale».
D’altronde è un fatto che chi governa un territorio, specialmente nel
centro-sud, non può non avere nella propria storia amministrativa
occasioni di contatto con tutto ciò che su quel territorio insiste,
anche con ambienti non esattamente «puliti». Tutto sta a vedere in che
modo ci si relaziona con essi, e prima di parlare di collusione bisogna
andarci piano. In più, sottolinea il Pdl, è chiaro che la criminalità a
Fondi – che pure esiste, come ovunque – non è arrivata perché attirata
da investimenti facili per acclarate collusioni con il potere politico,
ma perché inviata in passato proprio dalla magistratura in «soggiorno
obbligato» fuori dalla Calabria. La sinistra grida allo scandalo: è la
spia – dice – di come viene gestita la sicurezza in questo Paese. E di
come le Lega si preoccupi di arrestare i clandestini ma poi giri la
testa dall’altra parte quando il nemico sono le mafie. «Il governo ha
il dovere di sciogliere l’amministrazione comunale di Fondi – ha detto
Walter Veltroni ieri proprio a Fondi in occasione dell’avvio della
campagna per la legalità – perché nella lotta alla mafia e alle
organizzazioni criminali non si può stare in mezzo: o si è con o si è
contro».
Di Pietro e tutta l’Italia dei Valori nei giorni scorsi hanno
ricordato che altri due comuni, Fabrizia e Vallelunga Pratameno, sono
stati sciolti per gli stessi motivi di Fondi. E il deputato Laura
Garavini, capogruppo del Pd in Commissione antimafia, ha alzato il tiro
mettendo a bersaglio direttamente i due uomini più influenti di Fondi:
il senatore del Pdl Claudio Fazzone e il sindaco Luigi Parisella, in
affari con Luigi Peppe, fratello di quel Franco arrestato nell’ambito
dell’inchiesta «Damasco».
L’«affare» consiste in un’azienda, la Silo srl, proprietaria di
un’area nella zona di via Pantanelle e di un capannone industriale per
la conservazione ortofrutticola, alla quale sono arrivati cospicui
finanziamenti da Sviluppo Italia ma che in realtà non è mai diventata
operativa. E in quell’azienda i soci sono appunto Fazzone, Parisella e
Luigi Peppe, come detto fratello di Franco considerato legato al clan
Tripodo. Un clan – secondo l’ipotesi investigativa – che rappresenta la
«regia criminale» di tutta la vicenda. I Tripodo (Antonino Venanzio
Tripodo, classe ’55, e Carmelo Giovanni, classe ’58, che secondo la Dda
hanno ereditato la leadership dal padre Domenico Tripodo, per tutti don
Mico, ucciso il 26 agosto ’76 con venti coltellate nell’infermeria del
carcere di Poggioreale per ordine di Raffaele Cutolo) sono una famiglia
calabrese trasferita da anni a Fondi dove vive e ha una rete di affari
nel settore delle pulizie, dei traslochi e al Mof.
Anche nel Pdl c’è chi vuole lo scioglimento del comune per mafia. In
primis il ministro Maroni, che nell’aprile 2009 ha portato la questione
all’attenzione del Consiglio dei ministri; ma anche la deputata Pdl
Angela Napoli, pure lei componente della Commissione antimafia, che ha
ricordato come un «rallentamento» simile fu tentato anche nel
precedente governo Berlusconi per la vicenda di Lamezia Terme, proprio
in Calabria, ma in quel caso il ministro Pisanu tirò dritto. La Napoli
mesi fa ha chiesto al Premier una rapida soluzione dell’affaire Fondi
nella direzione tracciata non solo dalle inchieste della magistratura
ma anche dalla relazione del prefetto di Latina, Bruno Frattasi. Oltre
cinquecento pagine di collegamenti, raccordi, riscontri investigativi e
– ovviamente – ipotesi. Dietro ci sarebbero i tentativi della
criminalità organizzata di penetrare nel Lazio attraverso anche il
settore dei colletti bianchi, e fare soldi non più solo con le
classiche estorsioni, usura, rapine, mercato della droga ma con appalti
e subappalti.
E per arrivare a quel livello le ipotesi che emergono dalla relazione
del prefetto di Latina sono sostanzialmente due: o sei «dentro» la
politica o, quantomeno, sei colluso con essa. Fondi, in questo senso,
farebbe da cuneo operativo, non a caso essendo il comune che ospita il
Mof, il mercato ortofrutticolo secondo in Europa per grandezza e
conseguentemente per movimentazione di denaro. Il prefetto Frattasi nel
suo tomo di 500 pagine (integrato peraltro da 9 faldoni di documenti)
fa riferimento anche alle migliaia di pagine dell’inchiesta Damasco,
che finora ha portato all’emissione di 21 ordini di custodia cautelare,
tra cui il capo della polizia municipale di Fondi e il suo vice. Si fa
riferimento alle «rivelazioni» di Riccardo Izzi, ex assessore ai lavori
pubblici del Comune di Fondi, poi defenestrato nel febbraio 2008 da
Parisella dopo il terremoto della «Damasco».
Ma a fare da ponte tra criminalità e politica, a livelli diversi,
secondo gli investigatori non ci sarebbe solo Izzi. Ci sono i racconti
di Serafino Stamigni, ex assessore anche lui dimessosi non appena
raggiunto a luglio da un avviso di garanzia, che ha ammesso di aver
consegnato il regolamento comunale sul cimitero a un «interessato
speciale» che altri non è che Aldo Trani (fratello della moglie di
Giovanni Tripodo), titolare di un impresa di pompe funebri ma – al
contempo – riconosciuto dagli investigatori come esponente di
primissimo piano del clan. E poi ci sono anche le informative dei Ros
su Pasqualino Rega, attualmente consigliere comunale a Fondi,
«intercettato» a Roma nei pressi di un summit con pregiudicati della
Locride, due canadesi e un trafficante di droga libanese.
Esponenti politici che – secondo l’ipotesi accusatoria – non potevano
non fare riferimento ai vertici locali. Insomma, per il Prefetto di
Latina e per la Dda c’è molto di più che dei semplici indizi
all’interno dei faldoni che hanno dato il via alla richiesta di
scioglimento del consiglio comunale. Ora formalmente il ministro Maroni
ha chiesto a Frattasi di riformulare la sua richiesta in base ai nuovi
elementi contenuti nel Pacchetto sicurezza, in modo da poterla
ripresentare alla prima (o al massimo alla seconda) riunione utile del
Consiglio dei Ministri. Al momento resta la polemica istituzionale. E
una città dove almeno all’apparenza tutto scorre come sempre.
Criminalità e politica comprese. O divise.

(Tratto da Il Tempo)