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Flessibilità: cosa è stato deciso dal Consiglio europeo. I documenti ufficiali

di Marco Ottanelli

 

Come inizio del semestre di presidenza italiano, non c’è male: il nostro presidente del Consiglio è riuscito, ancora una volta, a suscitare polemiche. No, non certo come l’altra volta, nel 2003, con la storia del Kapò, ma insomma, sembra che sia un destino che ci perseguiti.

Non solo Renzi è volato via per precipitarsi da Vespa, lasciando Schultz, l’appena rieletto presidente del Parlamento Europeo, con un palmo di naso e senza conferenza stampa congiunta; non solo ha tenuto un discorso dove, al posto di tracciare le linee guida di una presidenza, si è esibito, con molti mesi di ritardo, in una replica dei suoi comizi alla Leopolda e per le primarie (chi lo ha ascoltato in quelle occasioni, avrà riconosciuto alcune intere parti del suo parlato come quelle ripetute, ormai quasi compulsivamente, con le stesse identiche parole, dal 2010 in poi); ma, presentandosi come il rottamatore delle consuetudini, dei patti e dei trattati, nonché come il propugnatore delle sue personali ambizioni costituenti, ha straparlato di nuove regole, nuovi accordi e nuove politiche tutte improntate alla flessibilità, anzi, alla flessibilità per le riforme. Tra un rimprovero all’Europa (come se lui venisse da un altro scacchiere del Risiko…) una lezioncina di superiorità, ed una carezza agli anti-euro, Renzi ha parlato a lungo con tono di leader vero e proprio, di presidente non del semestre (cui spetta il mero, seppur importante, compito di coordinare i lavori di tutti) ma di quello del presidente degli Stati Uniti d’Europa, un vero e proprio Discorso dell’Unione. Mancavano solo le salve di cannone e le truppe da passare in rivista.

Non solo tutto questo, ma, ancor prima del suo discorso in aula, e a conclusione del Consiglio Europeo, Renzi aveva proclamato, in sue dichiarazioni reiterate, che l’Italia aveva ottenuto la flessibilità. Non solo, aveva anche proclamato che tale flessibilità era stata conquistata dopo una battaglia vinta (si presume nei confronti degli altri capi di governo) e veniva concessa in favore, per, a causa delle “riforme”. Ora, flessibilità, in ambito europeo, significa solo una cosa: libertà di fare deficit e quindi libertà di fare debito. Significa, quindi violare i trattati (quelli che sono un po’ la costituzione europea), il patto di stabilità, il six pack ed il two pack, il Fiscal Compact, quei vincoli strettissimi, per alcuni troppo stretti, che però impegnano l’un con l’altro i paesi della UE che li hanno liberamente e concordemente firmati e ratificati.

Quando Renzi ha detto così, si è scatenato un piccolo finimondo: i deputati del PPE si sono espressi con rara durezza tramite il capogruppo Manfred Weber, che ha tuonato contro queste presunte violazioni: “I debiti non creano futuro, lo distruggono…no alla concessione della flessibilità e di “più tempo” per fare le riforme”. Weber ha poi spiegato: “Come possiamo essere sicuri che saranno fatte? E come spieghiamo a Irlanda, Portogallo, Grecia, Cipro e Spagna che con i Paesi del G7 (quale è l’Italia) siamo più flessibili?”. Per Weber “Renzi ha chiesto fiducia, ma quello che si promette si mantiene”. Ed infine, la stoccata: “l’Italia ha il 130% di debito. Dove prendete i soldi?”

Già, dove li prendiamo? I dati non sono incoraggianti, le coperture per gli onerosi progetti del governo italiano sono molto incerte, basate in buona parte su previsioni tutte da verificare. Titolava Repubblica il 4 luglio 2014 : Privatizzazioni a rilento, a rischio 10 miliardi di incassi”

La risposta di Renzi non si è fatta attendere, anzi, il nostro presidente del consiglio ha ricordato al popolare Weber (che, incidentalmente, è tedesco…) che, nel 2003, proprio la Germania e la Francia sforarono i parametri del patto di stabilità, e ciononostante non furono sanzionate, con molta magnanimità. Il che è vero, ma è anche parziale, innanzi tutto perché storicamente quella era una situazione incomparabile con l’attuale (allora nessuno avrebbe mai potuto immaginare la violenza e le dimensioni della crisi di otto anni dopo), e inoltre perché anche l’Italia, tra il 2005 ed il 2008, venne messa sotto procedura di infrazione, e poi graziata senza alcuna conseguenza. Pari e patta, avrebbe potuto dire la Germania.

Ma la risposta renziana che più ci preoccupa è quella relativa all’ultima domanda, quella sul dove prendere i soldi: “E’ vero che l’Italia ha un debito molto alto, ma è anche vero che ha una ricchezza privata quattro volte superiore”.

Ohi ohi ohi…è lo stesso crudo linguaggio (forse realistico?) di Berlusconi e Tremonti, che, nel pieno della tempesta del 2011 che travolse il loro governo, sostenevano esattamente la stessa tesi, e con quella tesi tentarono di rivalutare il valore del nostro PIL. Senza riuscirci. Quando un governo dice che a fronte di un grande debito pubblico c’è una grandissima ricchezza privata…Beh, ohi ohi… Significa una cosa sola, che saranno ancora tasse e tasse, che saranno i cittadini a colmare il baratro.

La sfida non è piaciuta affatto, e nelle cancellerie europee si sono vissuti momenti di reale nervosismo. Il primo ministro dei Paesi Bassi, Mark Rutte, è intervenuto personalmente davanti al preoccupatissimo parlamento nazionale per dichiarare che la notizia sulla vittoria italiana in materia di flessibilità non solo era esagerata, ma era falsa. “All’ultimo vertice UE, Paesi Bassi e Germania hanno stoppato il tentativo di Francia e Italia di ammorbidire le regole di bilancio”…non c’è da preoccuparsi, le regole non sono cambiate, e sta alla Commissione vigilare sulla loro applicazione corretta”, ha riferito. E comunque “l’Olanda è in stretta collaborazione con Germania e Finlandia” che “diranno la loro” sul rispetto delle regole.

Una smentita totale ed assoluta delle parole del presidente semestrale.

Chi ha ragione? Chi mente?

Come se non bastasse, il giorno dopo scoppia la polemica tra il presidente designato della Commissione Europea, Juncker, e nientemeno che la Bonafè, che fa la voce grossa e minaccia di non votarlo se non darà chiarimenti sulla flessibilità. Renzi, che da Roma le da man forte, si impunta e afferma che per lui conta quel che gli ha detto la Merkel, e zitti. Perché l’Europa è triste e selfie, e le cose le decidono lui & lei, come al Nazareno, pare…. Mah.

A questo punto, è necessario capire cosa diamine era stato deciso dal vertice dei capi di stato e di governo il 27 giugno, e per fortuna il documento ufficiale è reperibile on line, quindi ce lo leggiamo insieme.

Inizialmente, nonostante quel che ha detto Renzi e che cantilenano in coro tutti (tutti!) i partiti ed i giornali, la UE non ha affatto dimenticato il fattore immigrazione, né ha “abbandonato l’Italia sola a gestirla”, anzi: questa è la prima parte, e quindi la più sentita, della relazione finale.1

Ma quel che ci preme è sapere come si affronterà, come Renzi, Rutte e la Merkel, assieme con gli altri capi di stato e di governo, hanno deciso che si affronterà il tema della flessibilità, e vedere chi ha capito male.
Arriviamo dunque al Capitolo II.

Il passaggio cruciale è al punto 15:

Grazie agli sforzi degli Stati membri, la correzione degli squilibri macroeconomici ha registrato progressi e le finanze pubbliche continuano a migliorare.
Quindi, pare che le politiche precedenti, in un modo o in un altro, abbiano funzionato.

Il Consiglio europeo accoglie con favore l’abrogazione della procedura di disavanzo eccessivo per alcuni Stati membri.
Hanno funzionato così bene che anche i casi più gravi si stanno risolvendo, e ci sono più margini per tutti.

Occorrerebbe servirsi delle possibilità offerte dal quadro di bilancio esistente dell’UE per conciliare la disciplina di bilancio e l’esigenza di sostenere la crescita.
Senza abbandonare le regole fissate da trattati e patti, ci sono dunque delle possibilità/ci sono sempre state, per una politica di crescita. Nessun cambiamento in vista, nessuna vittoria, nessuna novità. “Avete le regole, rispettatele”.

In considerazione dei livelli persistentemente elevati di debito pubblico e di disoccupazione e della debole crescita del PIL nominale, occorre proseguire un risanamento di bilanciodifferenziato e favorevole alla crescita.
Nessun abbandono, quindi, della politica del rigore. Né la Merkel né altri hanno mai proposto di lasciare la via del risanamento dei bilanci. “Avete intrapreso un percorso condiviso, seguitelo”.

Occorre prestare particolare attenzione a riforme strutturali che potenzino la crescita e migliorino la sostenibilità di bilancio, anche attraverso un’adeguata valutazione delle misure di bilancio e delle riforme strutturali…
Quindi le eventuali riforme che eventualmente potrebbero essere osservate con interesse dai partner europei sono riforme economiche che potenzino la crescita, roba seria, dura, misure economiche forti e permanenti, e non certo le riforme del Senato o della legge elettorale, che all’estero interessano meno di una proiezione della Grande Bellezza. E queste eventuali misure di carattere economico e finanziario, prima di poter apportare un qualsiasi mutamento ai comportamenti richiesti, prescritti, degli stati membri della UE, devono essere profondamente valutati, anche nel medio-lungo periodo, per vedere se funzionano, se sono davvero strutturali e virtuosi.

…sfruttando al meglio, nel contempo, la flessibilità insita nelle norme esistenti del patto di stabilità e crescita.
Ed eccola, evviva, la parolina magica, la flessibilità! Ecco finalmente citato il termine che Renzi ha sbandierato come la vittoria in battaglia! Il guaio, per lui, o forse per noi, chi lo sa, è che quella che Renzi ed i suoi fedelissimi hanno presentato come una grande novità e cambiamento, è già insita nel Patto di Stabilità, è già prevista, in precisi ed immutabili termini, a precise ed immutabili condizioni, fin dal 1997. Niente è stato concesso, promesso, ottenuto, in più e oltre quanto prescritto severamente dal Patto di Stabilità. “Avete dei precisi margini, sfruttateli, se siete capaci”.

Dunque, il nostro Governo ha raccontato una cosa inesatta: che avremmo ottenuto ulteriori margini di flessibilità di bilancio, la possibilità di fare nuovo debito. Attenzione, non sosteniamo in questa sede che tale obiettivo sia giusto o sbagliato, opportuno o meno, auspicabile o deprecabile. Diciamo che ad oggi esso è, appunto, solo un obiettivo del Governo che, benché venga detto il contrario, non è affatto stato raggiunto.
Anzi. Nel leggere il rapporto2 dedicato all’Italia (uno di quelli il Consiglio elabora periodicamente per ogni singolo paese) si scopre che l’Europa è piuttosto preoccupata è scettica rispetto alle prospettive e promesse del Governo di Rignano. Evidenziamone alcune parti.

L’obiettivo della strategia di bilancio definita nel programma di stabilità è il conseguimento dell’obiettivo a medio termine di una posizione di bilancio in pareggio in termini strutturali entro il 2016, rispettando la regola del debito nel periodo di transizione 2013-2015.

L’Italia, nel suo programma conferma l’obiettivo a medio termine di un pareggio di bilancio in termini strutturali, in linea con i requisiti del patto di stabilità e crescita. Dunque, il nostro Governo ha messo nero su bianco che rispetteremo il patto3. Per far questo si è impegnato ad un aggiustamento strutturale di 0,2 punti percentuali del PIL nel 2014 e di 0,4 nel 2015.
Ma tali interventi sono considerati modesti e comunque eventuali. L’Italia si è impegnata in un ambizioso programma di privatizzazioni che dovrebbe fruttare milioni ogni anno. Ma questo programma, si sottolinea nel documento, non è stato convalidato da alcun organismo indipendente, ed appare ottimistico. Come se non bastassequesti obiettivi di bilancio, non sono suffragati da misure sufficientemente dettagliate, soprattutto a partire dal 2015.

Infine le valutazioni del Governo e della UE non coincidono rispetto alle misure necessarie per ridurre il debito come l’Italia si è obbligata a fare: il Consiglio è del parere che siano necessarisforzi aggiuntivi, in particolare nel 2014, per garantire la conformità ai requisiti del patto di stabilità e crescita. Perché, e questo è un parere fornito dalla Commissione al Consiglio stesso,l’Italia presenta squilibri macroeconomici eccessivi che richiedono un monitoraggio specifico e un’azione politica decisa. In particolare, il persistere di un debito pubblico elevato, associato a una competitività esterna debole, entrambi ascrivibili al protrarsi di una crescita fiacca della produttività e ulteriormente acuiti dai persistenti pessimi risultati di crescita, richiedono attenzione e un’azione politica risoluta.

Altro che maggior flessibilità ottenuta. Altro che battaglie vinte contro i partner nordici.

Ci saranno da fare ulteriori e gravosi interventi, e flessibile dovrà essere la pazienza degli italiani, tanto quanto la robustezza delle loro spalle.

Cosa dovremo inflessibilmente tagliare, aumentare, correggere? Consiglio e Commissione ci hanno suggerito, raccomandato, alcune misure. Vedremo in un prossimo articolo quali esse siano.

1 Prima parte dove si dice, fra le altre cose, che:
l’Unione deve dotarsi di una politica efficace e ben gestita in materia di migrazione, asilo e frontiere, guidata dai principi di solidarietà ed equa condivisione delle responsabilità sanciti dal trattato… Occorre adottare un approccio globale che ottimizzi i benefici della migrazione legale, affrontando nel contempo con decisione la migrazione irregolare e mettendo in opera una gestione efficiente delle frontiere esterne dell’UE… Affrontare le cause profonde dei flussi di migrazione irregolare costituisce una parte fondamentale della politica di migrazione dell’UE, il che, insieme alla prevenzione e alla lotta alla migrazione irregolare, contribuirà ad evitare le perdite di vite umane. È possibile trovare una soluzione sostenibile solo intensificando la cooperazione con i paesi di origine e di transito, la lotta più incisiva contro il traffico e la tratta di esseri umani, incentrandosi sui paesi e le rotte prioritari; istituzione di un’efficace politica comune di rimpatrio e piena attuazione delle azioni individuate dalla task force “Mediterraneo”
(cit. punti dal 2 al 10)

L’Europa, quindi, ci offre piena collaborazione proprio nel settore Mediterraneo, e, da sempre, chiede fermezza verso la immigrazione illegale, e capacità di accoglienza verso chi giunge legalmente nell’area Schengen. Germania, Francia, UK, Belgio, Spagna ecc ecc hanno provveduto. Noi? Cosa chiediamo, alla UE, più di così? Cosa vogliamo, che ci facciano le leggi, ci costruiscano i centri di accoglienza e quelli di espulsione, ci mandino i loro poliziotti? Vogliamo una “cessione di sovranità”?

2 La “Raccomandazione del Consiglio sul programma nazionale di riforma 2014 dell’Italia e che formula un parere del Consiglio sul programma di stabilità 2014 dell’Italia “

3Gli impegni, le prospettive, le promesse italiane sono state presentate il 22 aprile 2014