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Faida interna agli Scissionisti, assolto il ras Napoleone: ergastoli per Russo e Amirante

Faida interna agli Scissionisti, assolto il ras Napoleone: ergastoli per Russo e Amirante

Di Stefano Di Bitonto -14 Dicembre 2020

Una lotta intestina al clan Amato-Pagano che portò ad una frattura, insanabile tra melitesi e maranesi. Questo lo ‘sfondo’ degli omicidi di Andrea Castiello e di Antonio Ruggiero indicati come esponenti dell’ala vicina al ras Mariano Riccio nel periodo in cui gli fu affidata la reggenza del gruppo, ‘nocciolo duro’ degli Scissionisti. La sentenza per quei delitti dinnanzi alla terza sessione d’assise di Napoli ha portato a due ergastoli e ad una assoluzione. Carcere a vita per Francesco Paolo Russo (difeso dall’avvocato Claudio Davino): Russo rispondeva di entrambi i delitti. Dario Amirante (difeso dall’avvocato Claudio Davino e da Rocco Maria Spina) ha rimediato l’ergastolo soltanto in riferimento all’omicidio di Andrea Castiello. Assoluzione invece per Renato Napoleone (difeso dagli avvocati Domenico Dello Iacono e Claudio Davino).

La guerra interna agli Scissionisti: melitesi contro maranesi

Una guerra scatenatasi all’indomani della cattura di Mariano Riccio, sino a quel momento capo del clan. La difficile legittimazione del suo potere, atteso il sospetto di un forte nepotismo da parte di Cesare Pagano nella scelta del genero come capo, aveva spinto Riccio a far assumere ruoli di sempre maggiore importanza ai suoi fedelissimi, denominati “maranesi”, a scapito della vecchia guardia (gli affiliati denominati i “melitesi”), i quali hanno covato la rivincita e le mire di riconquista delle posizioni di vertice, obiettivi che ineluttabilmente dovevano condurre all’epurazione dei “maranesi” ed all’eliminazione fisica dei sodali più vicini al Riccio. Il movente di entrambi gli omicidi maturò nel contesto dello scontro strisciante tra le due fazioni (trasformatosi poi in faida interna), le cui ragioni di fondo sono rappresentate dalla contrapposizione tra i nuovi ed i vecchi affiliati. La caccia all’uomo si aprì immediatamente all’indomani dell’arresto di Riccio, con incursioni armate, azioni violente in pieno giorno nel centro di Melito e di Mugnano, unitamente all’organizzazione di vere e proprie trappole tese a tradimento in cui sono cadute le vittime degli omicidi ricostruiti nell’ordinanza cautelare.

Le dichiarazioni del pentito Caiazza

Il 29 luglio del 2016 il pentito Michele Caiazza raccontò ai pm antimafia ciò che sapeva del delitto: «Antonio Ruggiero ucciso da Francesco Paolo Russo, Angelo Gambino, Francesco Tubelli, Dario e Claudio Amirante. Ruggiero attirato in una trappola facendolo andare in un posto che non conosco, il corpo buttato non so dove». «Tubelli», ha messo a verbale il pentito, «mi ha detto di aver visto Ruggiero morto. Ma dopo l’omicidio si è impressionato che i suoi complici volessero ucciderlo, per cui è venuto da me, mio fratello Paolo e mio zio Pietro per chiedere aiuto. Ciò che temevano i suoi complici è che lui raccontasse del posto in cui avevano nascosto il corpo. Francesco Tubelli ci raccontò di essersi impressionato perché durante un incontro con loro, gli avevano fatto trovare un cappio di corda. Poi Tubelli ci disse che si sarebbe fatto arrestare con una pistola addosso».

fonte:https://internapoli.it/