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”Faccia da mostro” e quei misteriosi collegamenti istituzionali

”Faccia da mostro” e quei misteriosi collegamenti istituzionali

Il quotidiano La Repubblica racconta di telefonate da un cellulare dei “Voli di Stato”

di Aaron Pettinari

19 Febbraio 2020

Tre anni fa, mentre portava a riva la sua imbarcazione in spiaggia, in provincia di Catanzaro, Giovanni Aiello è morto, ufficialmente per un infarto. Nonostante il decesso, però, continua a far parlare di sé, perché la sua storia è ricca di misteri e segreti che devono essere ancora disvelati. Nel 2016 i magistrati di Palermo che chiesero l’archiviazione dall’accusa di concorso in associazione mafiosa nell’ambito delle indagini sul delitto che il 5 agosto 1989 portò alla morte il poliziotto Nino Agostino e la moglie, Ida Castelluccio (che era incinta), arrivarono alla conclusione che fosse lui “la persona con il volto deturpato che, reiteratamente nel corso degli anni, aveva personalmente partecipato a vere e proprie riunioni mafiose, tenutesi nel luogo – tanto noto quanto strategico – di Fondo Pipitone, nella disponibilità ‘storica’ e diretta della famiglia Galatolo”. Anzi, nero su bianco, si scriveva che gli elementi raccolti erano tali “da poter ritenere Aiello soggetto certamente in contatto qualificato con l’organizzazione mafiosa Cosa nostra (se non, addirittura, a questa intraneo)”.
Certo è che diversi collaboratori di giustizia hanno associato più volte il suo nome a stragi come quelle di via D’Amelio e di Capaci, ma anche agli omicidi del vicequestore Ninni Cassarà e, appunto, del poliziotto Nino Agostino.
Si è detto anche di un suo possibile coinvolgimento nell’assassinio del piccolo Claudio Domino ucciso nel 1986 mentre si celebrava il maxiprocesso.
Non solo. Lo hanno descritto come uomo appartenente ai Servizi di sicurezza, anche se Aisi e Aise hanno sempre smentito una sua appartenenza all’intelligence.
Ma chi fosse realmente Giovanni Aiello non si è mai riusciti a svelarlo completamente.
Restano i frammenti delle inchieste, da ultima quella della Procura generale di Palermo che nei giorni scorsi ha concluso le indagini sul caso Agostino nei confronti dei possibili esecutori: il boss Nino Madonia (capomandamento di Resuttana già detenuto dal 1987) e Gaetano Scotto (boss dell’Arenella arrestato ieri per associazione mafiosa).

Secondo quanto riportato oggi dal quotidiano La Repubblica le indagini furono sollecitate dalla Direzione nazionale antimafia e sviluppate dalle procure di Caltanissetta e Reggio Calabria. Queste fecero emergere che “due utenze telefoniche riconducibili ad Aiello, sono state contattate da utenze istituzionali e in particolare: dall’utenza 3358266*** intestata all’Aeronautica militare, 31esimo Stormo C. Raiti, Ente C. O. Aer. Ciampino e dall’utenza 3346933*** intestata al Decimo Reggimento Trasmissioni”. E nelle carte sul caso Agostino la Procura generale citerebbe anche una nota del Servizio Centrale Antiterrorismo del febbraio 2014.
I misteri attorno alla figura di Aiello non si concludono qui.
Ha sempre dichiarato di non aver mai avuto a che fare con certe vicende ma, in un’intercettazione con un amico, diceva di aver lavorato per i servizi, commentando la presenza di Gheddafi in Italia.

Un passaggio che è importante ricordare:

Aiello: Secondo te Gheddafi perché dorme sotto la tenda quando viene in Italia?
Amico: Così se ne può andare quando vuole!
Aiello: No! è tutta una questione di sicurezza! Se gli buttano una bomba chi ti dice che dentro c’è lui! Lui gioca con queste cose. Può darsi pure che dorma in albergo.
Amico: E chi lo sa che albergo è?
Aiello: Ah non lo sa nessuno. Pure io, quando ero nei servizi segreti, non è che sapevamo queste cose.

C’è poi il rapporto con Bruno Contrada. Negli anni passati la Procura generale perquisì l’abitazione dell’ex numero 3 del Sisde alla ricerca di documenti.

Ci sono poi le parole di Guido Paolilli, ex agente che in passato fu indagato per favoreggiamento in concorso aggravato (inchiesta poi archiviata dalla Procura di Palermo per avvenuta prescrizione, ndr).

In un’intervista a “Servizio Pubblico”, parlando di Aiello lo aveva descritto come “un fango” che “si vendeva le informazioni alla mafia”.
E’ emerso dalle indagini che quando quelle dichiarazioni furono trasmesse in televisione Paolilli chiamò subito a Contrada.
La Repubblica riporta le frasi di quel dialogo dell’11 maggio 2014.
Paolilli diceva
“di averla fatta grossa questa volta, un’intervista che non era una intervista, mi sono lasciato andare perché pensavo che quelle cose là morivano senza registrazione”. La risposta di Contrada fu immediata: “Cosa hai detto?”. E Paolilli rispose: “Ho parlato di quell’Aiello che prendeva dentro e portava fuori”.
“Per quale motivo le hai dette?” chiese ancora una volta l’ex numero tre del Sisde.

Che vi fosse un “rapporto di fiducia” tra Contrada ed Aiello sarebbe stato confermato ai magistrati anche dalle testimonianze di poliziotti della Squadra mobile e della Criminalpol.

La Repubblica poi ricorda un’altra intercettazione ricca di mistero. Quella dell’ex compagno di pattuglia di Aiello, Francesco Belcamino in cui diceva: “Meno male che poi questo collega è morto… io non tradisco a nessuno, lui lo sa, Guido lo sa, allora lo devo per forza evitare sennò mi indagano per associazione e per strage”.
Cosa vuol dire?

La Procura generale, chiusa l’indagine sul caso Agostino, si appresta a chiedere un processo. Ed è in quella sede che, forse, si potrà avere ancora più chiarezza su certe vicende.
Intanto oggi
Paolilli dovrà testimoniare davanti al giudice del tribunale civile di Palermo, Paolo Criscuoli, nel procedimento in cui è pendente la richiesta di risarcimento danni da 50mila euro presentata dai familiari dell’agente Antonino Agostino.
All’ex poliziotto verrà chiesto conto di quanto affermato nella famosa intercettazione con il figlio, nel 2008, in cui gli rivelava di aver pigliato e stracciato
“una freca di cose” dall’armadio di casa Agostino.
Un primo passo verso la verità che i familiari aspettano e cercano da troppo tempo.

fonte:http://www.antimafiaduemila.com/