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Enzo Ciconte “Vedremo cosa saprà fare la nuova Giunta contro la mafia nel Lazio”

Intervista di Susanna Marietti

A lungo consulente della Commissione parlamentare antimafia, fino a poche settimane fa presidente dell’Osservatorio della Regione Lazio sulla sicurezza e la criminalità, Enzo Ciconte è uno dei massimi esperti in Italia dei fenomeni legati alla criminalità organizzata. Il Lazio non se la passa certo granché in questo ambito. È di poche settimane fa la grande retata nel sud-pontino, che ha visto al centro dell’inchiesta il mercato ortofrutticolo di Fondi. Abbiamo sentito Ciconte nel corso del Tuffatore, la nostra trasmissione settimanale su Radio Popolare Roma.

Enzo Ciconte, siamo ormai la quinta regione d’Italia per infiltrazioni mafiose?
No, prima c’è ancora la Lombardia. Il Lazio non è messa altrettanto male, ma certo non sta bene. Qui succede quello che si sapeva già da anni e che qualcuno ha voluto nascondere. Come Osservatorio della Regione lo avevamo scritto a chiare lettere in un Rapporto presentato addirittura tre anni fa. Indicavamo con nome e cognome, ‘ndrina per ‘ndrina, Comune per Comune, quello che stava accadendo. Non siamo assolutamente sorpresi da quanto è successo a Fondi.

La situazione è dunque la stessa di tre anni or sono?
Al contrario. Vorrei dire che si sta aggravando, e non solo a Fondi. Questa città è la punta dell’iceberg, il luogo dove è più evidente il rapporto tra la mafia e la politica nonché dunque la sconfitta di una politica onesta. A Fondi abbiamo visto un prefetto e un ministro dell’Interno proporre lo scioglimento del Consiglio comunale e un Consiglio dei ministri rifiutarlo. È la prima volta che accade una cosa del genere nella storia della Repubblica italiana.

Si sarebbe aspettato le dimissioni del ministro dell’Interno?

Avrebbe dovuto sentire il dovere morale di dimettersi. Il guaio è che invece non ha battuto ciglio. Non so se il ministro avrebbe avuto lo stesso comportamento qualora al posto di Fondi si fosse trattato di un Comune del nord. Lo affermo con una certa malizia, ma lo voglio dire perché dobbiamo essere chiari fino in fondo.

Sta dicendo che gli interessi politico-mafiosi a Fondi sono talmente forti da condizionare lo stesso Consiglio dei ministri?
Esattamente, il che non è certo poco. Vorrei segnalare anche il fatto che da Reggio Calabria qualche giorno fa è stato ordinato un sequestro dei beni di una cosca di Sinopoli per dieci milioni di euro. C’erano in mezzo terreni nel Lazio, bar, case nella città di Roma (abusive, tra l’altro). Insomma, ci troviamo di fronte a un’attività della magistratura che sta mettendo a nudo una presenza criminale nell’economia della regione. Ora c’è una nuova Giunta, c’è un nuovo Governo regionale. Vediamo cosa riesce a fare su questi temi.

Come bisogna muoversi?
Il lavoro da fare è tanto. Se vogliamo disboscare quel che sta avvenendo nel Lazio dobbiamo aggredire l’economia e il rapporto tra le mafie e la politica. Se non lo faremo i problemi saranno molto ma molto seri. Non stiamo parlando di un fenomeno concluso bensì, come dimostrano le ultime vicende, di un fenomeno che si può sviluppare ulteriormente.

Perché è così difficile smascherare l’intreccio tra politica e criminalità organizzata? Quali sono le forze che si oppongono alla chiarezza e che ostacolano il lavoro della magistratura?

A Fondi ciò è chiarissimo: c’è un partito, che è il Popolo della Libertà, e c’è un uomo, il senatore Fazzone. È lui che ha teorizzato che a Fondi non ci fosse la mafia, è lui che ha teorizzato che non andasse sciolto quel Consiglio comunale. Mi pare evidente di chi è la responsabilità politica: di chi non vuole fare in modo che venga scoperchiata quella realtà. Poi, appunto, vengono fuori indagini da altre parti d’Italia e scopriamo che a Fondi succede quel che avevamo già scritto tre anni fa.

In quel Rapporto parlavate di “camera di compensazione”.
Sì, avevamo chiamato così l’accordo di Fondi tra mafia, ‘ndrangheta e camorra, che gestiscono e si dividono gli affari a Roma e nel Lazio. I fatti sono evidenti. Il problema è che bisogna mettere in piedi una forte battaglia politica e culturale per fare in modo che tutto ciò penetri nella coscienza dei cittadini.

E questa battaglia non si fa?

Devo dire che qualcosa si muove. Le cose cominciano a capirsi meglio. Credo che se le forze che hanno a cuore il cambiamento di questa realtà si mettessero in moto, se la sinistra italiana, romana e laziale si mettesse in testa di dare battaglia su questi aspetti, i risultati potrebbero essere assai rilevanti. Il problema è deciderlo e farlo.

Articolo pubblicato su Terra il 27 maggio 2010