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Elezioni amministrative 2016, a Rosarno il Pd non si presenta. Ex sindaco: “Una sconfitta nella lotta alla ‘ndrangheta”.La resa definitiva alla ndrangheta:il Pd se la dà a gambe

Il Fatto Quotidiano, Venerdì 3 giugno 2016

Elezioni amministrative 2016, a Rosarno il Pd non si presenta. Ex sindaco: “Una sconfitta nella lotta alla ‘ndrangheta”

Come a Platì, i democratici hanno scelto di non correre per la guida del comune feudo delle organizzazioni criminali, rinunciando alla storica tradizione antimafia della sinistra locale. Primo cittadino uscente Elisabetta Tripodi al Fatto.it: “Bisogna aumentare la presenza delle forze dell’ordine sul territorio. Sono stati anni difficili, ma ho fiducia nel futuro”

di Claudio Campesi
Dopo Platì e l’uscita di scena della candidata renziana, Anna Rita Leonardi (guarda), anche a Rosarno il Pd locale non presenterà nessuna lista. A concorrere per la fascia tricolore nel comune calabrese saranno due avvocati: Giuseppe Idà (lista civica in quota Ncd) e Giacomo Saccomanno (ex sindaco, lista civica in quota Fi, FdI).

Leggendo i programmi dei due, il maggior problema a Rosarno pare legato ad opere di riqualificazione urbana e alla raccolta differenziata. Una versione 2.0, rivisitata in salsa calabrese, del celebre film Jhonny Stecchino, in cui la principale piaga di Palermo veniva rintracciata nel traffico automobilistico.

L’impegno antimafia è il grande assente di questa campagna elettorale, proprio in un Comune sciolto per due volte (nel 1992 e poi nel 2008 ) per l’infiltrazione delle ‘ndrine locali (Pesce e Bellocco in primis). Dalle parole di Domenico Oppedisano, 80enne rosarnese con la dote di Capo Crimine (il reggente dell’intero sistema ‘ndrangheta) intercettato durante la maxi-operazione Crimine-Infinito, emerse inoltre che nel piccolo comune della Piana risultavano essere attivi, su un totale di 15 mila abitanti, circa 250 affiliati, ai quali si aggregavano tra le 4 e le 7 persone a settimana.

Eppure, nonostante il silenzio dell’attuale campagna elettorale, la storia politica della sinistra rosarnese annovera le battaglie di politici locali che si sono opposti apertamente alle cosche: da Agostino Papalia, fondatore del Pci locale, a Giuseppe Lavorato, promotore della Primavera Rosarnese negli anni ’90 e della costituzione del Comune a parte civile contro le ‘ndrine locali, per giungere fino a Giuseppe Valarioti, dirigente comunista cittadino ucciso a colpi di lupara a 30 anni nel 1980.

L’esponente più recente di quest’impegno antimafia è rappresentato dal primo cittadino uscente, una donna: Elisabetta Tripodi. Eletta in quota Pd nel dicembre del 2010 alla guida del Comune, la giunta Tripodi nel maggio 2015 è finita nelle mani dei commissari prefettizi, a seguito delle dimissioni di alcuni membri della maggioranza consiliare. Ecco perché abbiamo deciso di andare a sentire l’ex primo cittadino.

La sua amministrazione si è stata in prima linea contro i clan locali. Per quale motivo il Pd rinuncia a questa conquista e decide di non presentare la lista a Rosarno?
È una pagina triste per la politica rosarnese e una sconfitta per il Pd. È anche il risultato degli errori della sezione cittadina del partito, nel senso che non si è lavorato per continuare il progetto da me iniziato. Sono stati fatti accordi a nome del partito, ma in realtà determinati da scelte di singoli desiderosi di saltare sul carro del vincitore, che hanno portato, su nostra richiesta, al commissariamento del partito locale il 22 aprile, a due settimane dalla data limite per la presentazione delle liste. Il risultato è che si sta annacquando l’eredità politica della sinistra storica rosarnese. Sono prettamente dinamiche locali, lo ammetto, che però potrebbero essere evitate o calmierate se il Pd nazionale fosse maggiormente presente sul territorio.

Perché non si è ricandidata?
Sono stati anni difficili, personalmente, ero delusa e mi sono sentita inascoltata e incompresa a livello politico.

Quanto contano le scelte di amministrazione cittadina, come la sua di portare fino in fondo la demolizione della casa abusiva della ‘ndrina Pesce, nel contrasto alla ‘ndrangheta?
La ‘ndrangheta vive di simboli, messaggi e di prestigio sociale. Quando quest’ultimo viene minato ecco che allora reagisce. Per questo è importante l’azione di contrasto e il riutilizzo sociale dei beni confiscati: si comunica che lo Stato e le istituzioni non arretrano di fronte ai clan.

Non si rischia quindi, non presentandosi a Rosarno, di trasmettere il messaggio che chi alzi la testa contro i clan alla fine perda?
Ho ascoltato le richieste di molti miei concittadini, che si sentono privati della rappresentanza. Però su una cosa posso rassicurarli: noi non arretriamo di un millimetro. È solo una brutta parentesi politica, non una resa. Ripartiremo dai territori, questa è la mia intenzione, e ci faremo sentire anche in Comune.

Come giudica il fatto che nei programmi elettorali degli attuali candidati non figuri nemmeno una volta il termine legalità, per non parlare di ‘ndrangheta?
Non posso dirlo con precisione. O i programmi elettorali sono stati redatti in fretta e furia o non si hanno le idee chiare sul territorio che si vorrebbe amministrare. Non è da sottovalutare poi che parlare di certi temi è scomodo, si rischia di perdere molti voti. Dipende dall’etica del politico.

Scorrendo i nomi dei candidati ricorrono alcuni nominativi che hanno ricoperto la carica di assessore nelle amministrazioni sciolte per mafia.
Sarebbe una questione di opportunità politica quella di non ricandidarsi, a mio avviso.

Se dovesse ipoteticamente essere in lizza per il Comune quali sarebbero le priorità per l’amministrazione rosarnese secondo lei?
Aumentare la presenza sul territorio di forze di polizia. Dopo la chiusura del Nucleo di Prevenzione Anticrimine nel 2013, non abbiamo nemmeno un commissariato di polizia. È rimasta solo una tenenza con circa 30 uomini delle forze dell’ordine, non bastano. Allo straordinario lavoro della magistratura e delle forze repressive, per debellare la ‘ndrangheta, andrebbe accostata anche un’opera sistematica di prevenzione. Lavoro e cultura sono gli strumenti per levare consenso alle ‘ndrine locali, per emancipare le persone e affrancarle dal bisogno. Significa in definitiva togliere braccia ai clan. Sul versante economico, occorrerebbe rilanciare la produzione agricola locale. A questo si collega la necessità di un intervento statale volto a sanare le malsane interconnessioni che si sono create tra immigrazione, diritti dei lavoratori e caporalato. Tanto per il bene dei Rosarnesi quanto per quello degli stranieri. L’amministrazione cittadina dovrebbe poi essere improntata alla trasparenza e occuparsi anche del decoro urbano e della raccolta differenziata, che avevo cominciato ad avviare prima che mi fermassero.

Che futuro vede per Rosarno?
Ho fiducia che un cambiamento sia possibile, e spesso proviene proprio da noi donne. Però, perché qualcosa cambi davvero, è necessario che la politica cominci ad abbandonare alcune dinamiche. Mascherate dietro a slogan di innovazione e cambiamento, qui a Rosarno si ripresentano sempre le stesse facce o comunque persone legate da stretti legami di parentela. Occorre un cambiamento netto e preciso.