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Economia criminale. Libro-inchiesta sul potere delle mafie al Nord: la forza della parola contro l’omertà. Un libro di Roberto Galullo da leggere

Scusate se scrivo del mio libro “Economia criminale – Storie di capitali sporchi e società inquinate” che domani, 20 maggio, uscirà in allegato con il Sole-24 Ore (costo: 12,90 euro). Resterà in edicola un mese.

E’ un libro che racchiude una minima parte dei 5 anni di dialogo mai interrotto con voi lettori e radioascoltatori che avete avuto la passione di seguirmi tra inchieste sul quotidiano, su questo blog e su Radio 24 nella mia trasmissione quotidiana “Un abuso al giorno” (www.radio24.it).

Se ne scrivo non è per promuovere il libro a fini economici. Nossignori: non ho nessuna royalty sulla vendita. Nessuna. E del denaro me ne frego tre quarti: ho quanto mi basta per vivere onestamente.

Se ne scrivo non è per promuovermi. Nossignori: non ho nessuna brama e sto già lottando con me stesso per affrontare eventuali comparsate tv che in tanti anni ho sempre rifiutato.

Se ne scrivo oggi sul mio blog è solo per un motivo. Dare forza all’arma che i quaquaraqua delle mafie temono più di ogni altra cosa: la parola, scritta, urlata o sussurrata contro il loro potere.

DARE FORZA ALLA FORZA DI SAVIANO E DI TANTI COLLEGHI

Se ne scrivo è per dare forza alla forza di chi, come Roberto Saviano – in questi ultimi mesi massacrato da un’indegna controinformazione mirata e scientifica – sa che la nuova omertà è quella della parola negata, della parola mai scritta, della denuncia mai apparsa contro la protervia delle mafie.

Se ne scrivo è per dare forza a chi – e sono tanti sul campo i colleghi che ogni giorno vivono pericolosamente ma con coraggio la loro missione “talare” – sa che più si denuncia la mafia, più si onora questo Paese che amiamo più di ogni altra cosa.

Se ne scrivo è per accompagnare i tanti e valorosi magistrati (domani a Palermo ne incontrerò molti nella giornata dedicata alla memoria di Giovanni Falcone e dei morti nella strage di Capaci alla quale mi hanno invitato a parlare) e le Forze dell’Ordine che in quel silenzio che i politicanti vorrebbero applicare anche al giornalismo, continuano a fare il proprio lavoro sacrificando spesso sé stessi e la vita delle famiglie. Operano in silenzio: ben altro rispetto alla sordina che il disegno di legge sulle intercettazioni prevede nell’indifferenza dei più. Una sordina alla democrazia, siatene tutti consci.

DARE FORZA AI MAGISTRATI E A TUTTI NOI

Se ne scrivo è per onorare le vittime di mafia: sono migliaia e dovremmo vergognarci tutti di conoscere a memoria i nomi delle pupe e dei secchioni e non ricordare chi era Rosario Angelo Livatino, magistrato assassinato dalla mafia nel 1990. Io lo ricordo: quel giorno la mia vita ebbe un sussulto e avrei voluto abbandonare il giornalismo per poter fare il magistrato in terra di Cosa nostra, il mio grande sogno spezzato proprio dal maledetto morbo del giornalismo. Ricordo che sotto il militare dovevo combattere per affermare un principio: volevo onorare l’Italia denunciando con la penna la mafia. I commilitoni mi deridevano e i superiori non ne parliamo: l’Italia non si onora con la penna denunciando la mafia. Complimenti! Silvio Berlusconi li avrebbe forse premiati con una medaglia al valor civile.

Italia: provate a pensare alla profondità e al valore di questa parola che racchiude un concetto meraviglioso di Patria e pulizia.

Una Patria infangata – come scrive il direttore del Sole-24 Ore Gianni Riotta nella presentazione del libro – dalle mafie, che rendono impossibile pensare all’Italia come a un Paese compiuto proprio mentre si stanno celebrando (in maniera indegna a causa del leghismo imperante, devastante e dissacrante) i 150 anni dell’unità.

Più che i numeri contano dunque i fatti espressi con la parola che vedrete esplodere nel libro, se avrete la possibilità di acquistarlo. Che in Italia l’economia criminale fatturi 100 miliardi all’anno, poco più o poco meno, come affermano fonti statistiche qualificate, nulla importa.

Così come poco vale che la sola ‘ndrangheta – la più potente tra le mafie italiane e tra le più violente nel mondo grazie all’asse con i narcotrafficanti sudamericani – ricavi ogni anno dalle sue attività economiche criminali oltre 51 miliardi.

La sensazione è che i numeri siano sempre stimati per difetto. Torna in mente l’esempio dell’amico magistrato antimafia Nicola Gratteri. In un’intercettazione telefonica in stretto dialetto calabrese, due uomini di ‘ndrangheta ridevano perché per lungo tempo avevano dimenticato dove avevano sotterrato 2 miliardi di lire in contanti. Quando se ne ricordarono, scoprirono che le banconote erano state rosicchiate dalle talpe o erano marcite. I due ridevano perché i soldi – sporchi o ripuliti nella lavatrice internazionale del riciclaggio – per le mafie non sono mai un problema. I capitali sono illimitati, come scrive il sostituto procuratore nazionale antimafia Roberto Pennisi nella sua ultima relazione sulla presenza delle cosche calabresi in Lombardia.

UN LIBRO DENUNCIA CONTRO LA MAFIA AL NORD

Quel che conta sono i fatti e i fatti raccontano che le mafie, le cui radici malate sono nel Sud, stanno ormai infettando l’intero corpo socio-economico italiano. La metastasi ha raggiunto, da anni, il cuore pulsante del Paese, a partire dal Nord ricco e sviluppato. E in tempo di crisi la metastasi si diffonde ancor più velocemente.

E’ questo il motivo per cui la trama del libro si sviluppa partendo proprio dalle regioni del profondo Nord per poi scendere verso il Centro-Nord, con una sola presenza delle regioni meridionali: la Calabria, buco nero politico, economico e sociale, in grado di infettare l’intera Penisola anche grazie alla infelice scelta del confino attuato negli anni Settanta. Come ha messo nero su bianco l’ex superprefetto di Reggio Calabria, Luigi De Sena, mandato lì a riaffermare la presenza dello Stato subito dopo l’omicidio nel 2005 del vicepresidente del consiglio regionale Francesco Fortugno, passeranno almeno due generazioni prima che la Calabria possa mettersi a pari con il resto della società civile italiana. Parole durissime per chiunque abbia a cuore le sorti del Paese.

Il Piemonte – pochi ne hanno memoria – conta la morte per mano di una cosca calabrese di un magistrato incorruttibile, Bruno Caccia, che fin negli anni Ottanta aveva capito che in regione la ‘ndrangheta non solo aveva soppiantato con i suoi vincoli di sangue Cosa Nostra ma, in più, aveva intuito che il ciclo del cemento (dal movimento terra alla consegna chiavi in mano degli immobili) sarebbe stato il business miliardario in cui investire i soldi provenienti dalle solite attività criminali: racket, usura e traffico di droga.

Così in Liguria e in Lombardia che si prepara, nei prossimi anni, a investimenti enormi in vista di Expo 2015, la vetrina internazionale non solo di Milano ma dell’intero Paese. Quella vetrina rischia di essere imbrattata da affari sporchi e sangue di morti ammazzati.

Perfino il Veneto dove – ricorda un comandante della Guardia di Finanza, Ignazio Gibilaro – un tempo le mafie di importazione sarebbero state respinte, fa oggi i conti con la presenza sempre più massiccia dei Casalesi che qui si spingono non solo a investire nel mattone ma perfino a occupare le spiagge dove svolgere i propri traffici leciti e illeciti.

I fatti raccontano di episodi che, fino a qualche anno fa, sarebbero stati prerogativa delle regioni del Sud, dove l’omertà è spesso un artificio per sopravvivere quando non si ha la fortuna o la possibilità di scappare lontano. Il controllo del territorio – che nel Mezzogiorno è prassi in vaste aree – comincia ad affacciarsi anche nel Nord: in alcuni quartieri di Milano, a esempio, o in Comuni del Varesotto che fanno i conti con il silenzio delle Istituzioni rotto da qualche voce coraggiosa. A fine aprile, a Monza, si è svolta la prima udienza contro alcuni esponenti di una famiglia di ‘ndrangheta. Il Tribunale era superblindato, misure eccezionali di sicurezza, decine di poliziotti e Carabinieri mobilitati per prevenire rischi di fuga. E sorprende notare che se a Reggio Calabria la folla applaude spesso il boss catturato anziché chi lo ha assicurato alle patrie galere, a Lonate Pozzolo, a due passi dall’aeroporto  internazionale di Malpensa, c’è chi lascia solo un candidato sindaco che nella fiaccolata contro le cosche non trova al proprio fianco neppure un concittadino.

La speranza, allora, è che le nuove generazioni, dal Nord al Sud, quelle degli studenti che non conoscono colore politico e razzismo, si sveglino dal torpore che spesso li avvolge per scuotere le proprie coscienze e quelle di tutti gli italiani. A questo scopo, oltre che la famiglia e la Chiesa, è fondamentale la scuola. Come spesso ripeteva lo scrittore siciliano Gesualdo Bufalino, la mafia si sconfiggerà con un esercito di insegnanti.

Fondamentale appare anche il ruolo di chi ogni giorno fa impresa sul territorio in maniera pulita e onesta rispettando le leggi e le regole del mercato. Chi altera la concorrenza con stile mafioso danneggia innanzitutto loro e poi l’intera spina dorsale del Paese. Benvenga allora il grido di richiamo dei sindacati, delle associazioni economiche e di categoria e di Confindustria, che stanno alzando un muro ogni giorno più alto contro la violenza economica e sociale delle mafie. Mettere un mattone dopo l’altro in quel muro non è facile perché c’è sempre, dall’altra parte, chi cerca di distruggerlo. La differenza, questa volta sì, sta nei numeri oltre che nei fatti e nei comportamenti: se gli italiani onesti saranno una maggioranza vigile e attiva, sarà difficile che l’armata Brancaleone dei mafiosi riesca a distruggere di notte il muro della legalità che si alza di giorno.

roberto.galullo@ilsole24ore.com
http://robertogalullo.blog.ilsole24ore.com/

P.S.Buona lettura (attendo il vostro giudizio; il blog è a disposizione per commenti, integrazioni, rettifiche, nuove storie, integrazioni).