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DOVE LO STATO E  ASSENTE  ED I PREFETTI NEGANO L’ESISTENZA DELLA MAFIA E NON FANNO ATTIVITA’  DI PREVENZIONE COME PRESCRIVE LA LEGGE

Come a Roma si compra la vita e la libertà dai Casamonica

Proprio a Roma, nella città dei poteri statuali per eccellenza, quando finisci nelle grinfie dei Casamonica tutto scompare, svanisce, e resti tu e la casata. Quelli ti accompagnano fino in tribunale, si infilano nella tua vita, ti entrano in casa, ovunque sei

A CURA DELL’ASSOCIAZIONE COSA VOSTRA

19 aprile 2021 • 06:30

Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Dopo la serie sull’omicidio di Mario Francese, quella sul patto tra Cosa Nostra e i colletti bianchi e quella sulla seconda guerra di mafia, si passa adesso al racconto dei Casamonica.

Quando le istituzioni sono mancanti, poco credibili, i poteri presenti sul territorio vengono riconosciuti dai cittadini che a essi rispondono e soprattutto in essi si identificano. L’omertà è conseguenza dell’assenza di poteri statuali e non ha radici geografiche.

A Roma l’omertà esiste e in alcuni territori sembra riecheggiare un passo di “A ciascuno il suo” di Leonardo Sciascia: «Senza tener conto, a discarico del creatore, che anche la parola avessero avuto, in quella circostanza i cani sarebbero diventati come mutoli: riguardo all’identità degli assassini, e di fronte al maresciallo dei carabinieri». Mutoli anche i cani. A Roma è così.

Proprio a Roma, nella città dei poteri statuali per eccellenza, quando finisci nelle grinfie dei Casamonica tutto scompare, svanisce, e resti tu e la casata. Quelli ti accompagnano fino in tribunale, si infilano nella tua vita, ti entrano in casa, ovunque sei.

Basta leggere le frasi delle vittime per capire. Non bisogna aggiungere nulla. Ogni filo di questa matassa preso singolarmente non spiega nulla, non sostanzia, non inquadra, ma smarrisce, disperde, sfilaccia. Ma ogni filo e importante perché compone la tela, il reticolo criminale.

Marco e Maurizio sono padre e figlio. I Casamonica gli hanno fatto vendere una casa per soddisfare le richieste di denaro. A volte, quando si leggono queste storie, si corre via veloce e non ci si ferma mai a pensare. Un momento. Solo uno. Alla propria abitazione dove si hanno emozioni, ricordi, il vissuto. Vengo dalla provincia napoletana dove costruire una casa, comprarla e sacrifici pluridecennale, lotta tra stenti e desiderio di affermazione.

Così faccio fatica ad abituarmi all’idea che per colpa di un clan tutto si frantumi come in un gioco e mi chiedo chi ridarà indietro a quella famiglia il tempo, quelle stagioni di vetro, sabbia, cemento e sogni.

All’improvviso tutto svanisce, entri in un sentiero buio, non ne esci, stretto, costretto a subire, a perdere la casa dove dentro hai posato i tuoi sacrifici.

LA STORIA DI MARCO E MAURIZIO

Marco e Maurizio perdono l’abitazione, la vendono perché ormai ostaggio dei Casamonica. Nonostante tutto, loro non ci pensano neanche di denunciarli. Il figlio Marco al padre: «Te portano quello che tu stai a di’, te lo portano a processo (si riferisce a eventuali dichiarazioni accusatorie, n.d.a.) e tu lo devi di’ davanti a loro (Casamonica). E ma io ormai voglio gira’ tranquillo, ma ’sti cazzi, me devo rimette’ in mezzo ai casini, perché tu vuoi una testimonianza per anna’ ad arrestarli, fai il lavoro tu e valli ad arresta’ per cazzi tua». Un’altra vittima, Simone, parla con Marco e consegna un manifesto di sottomissione: «Mi fanno venire un’ansia, sono quindici anni che ho paura di questa gente. Sono quindici anni che a periodi gli do i soldi e poi dopo mi trovo in difficoltà e non glieli do. E ti rivengono a cercare. Io non lo farò mai. Io neanche sotto tortura li denuncerò, perché non mi piace. Pero cazzo, lasciami stare. Fatemi vivere anche a me. Io ti lascio a te e tu lasciami a me, ao! Pero questi sono vendicativi. Questi ti lasciano perdere, poi fra tre o quattro anni può essere che vengono. Secondo te, fra tre quattro anni questi non rivengono a cagarci il cazzo? Ma a cagarci il cazzo con qualche bastardata? È quella la paura mia. Io apposta dico che se devo comprarmi la tranquillità e gli devo dare una piotta o due piotte, gliele do».

Cento, duecento euro per comprarsi la libertà. A Roma, anno del signore 2016, la tranquillità non la garantisce lo Stato, la polizia, la finanza, i carabinieri, la magistratura. La tranquillità si compra. I Casamonica vendono la tua pace, la tua stabilità. La vittima continua, in queste parole spiega la sua condizione, la sua piena sottomissione.

«Ma come fai a metterti a muso duro con questa gente? Marco! Ma io e te mica siamo banditi! Noi abbiamo da perdere. Abbiamo una famiglia, abbiamo la madre, il padre. Di che stiamo parlando, come fai a metterti a muso duro. Ti ci devi mettere d’accordo e basta! Ti ci devi mettere d’accordo! Perché se ti metti a fare la guerra con questo, perdi. Io mi ci devo mettere d’accordo e deve finirla una volta per tutte. Marco non li puoi denunciare, non li puoi denunciare perché poi passi i guai.»

Poi c’è Antonello: «E’ la famiglia più pericolosa d’Italia perché sono veramente degli animali che squartano le persone, lo sanno tutti, me sparano in testa veramente perché so’ tanti… so’ zingari, so’ tanti, so’ dappertutto».

COME “I RATTI DI ROMA”

I Casamonica sono onnipresenti. Per chiarire questo concetto Massimiliano Fazzari, il pentito, mi consegna un’immagine: «Per capire devi pensare ai topi. I Casamonica sono come i ratti di Roma. Quelli sono milioni, escono e mangiano tutto, rosicchiano, distruggono, lordano. Loro, uguali. Tanti e senza scrupoli. Sono i topi di Roma».

Pietro, un’altra vittima, certifica la teoria dei roditori: «Mi aspetto una vendetta prima o poi. Io sono di Centocelle e la fama dei Casamonica a Roma e tristemente nota. E notorio che nelle zone in cui operano, fra cui certamente vi e la Romanina, i Casamonica chiedono il pizzo agli esercenti degli esercizi commerciali. Queste cose si sanno, le ho sentite dire». Zone che si allargano, Tuscolana, Romanina, Ponte di Nona, Spinaceto, Tor Bella Monaca, Ostia con i “cuginissimi” Spada, una lenta colonizzazione. Catia lavora in una concessionaria in zona Tuscolana: «Per anni ho tollerato il fatto che i Casamonica non pagassero quanto dovevano, cosi come facevano e fanno tutti gli esercenti che operano in quella zona. Ad esempio alla Conad vicino ad Arco di Travertino soggetti appartenenti alla famiglia Casamonica prelevano merce senza pagare e alla cassiera riferiscono che pagheranno successivamente. In quella zona (Appio-Tuscolano) è pieno di Casamonica, sono come una ragnatela, sono dappertutto. Ammetto che io avevo paura dei Casamonica e non avevo il coraggio di chiedere la somma realmente dovuta». Per i comuni mortali c’è la tessera sconto, per la casata la card Casamonica. Entri, prendi e non paghi.

E anche quando le vittime siedono davanti allo Stato, in un luogo sicuro, protetto come un palazzo di giustizia, fanno fatica a pronunciare quel nome.

PAURA A PRONUNCIARE IL LORO NOME

Eulalia, davanti ai pubblici ministeri, dice: «Queste persone, mi riferisco agli zingari che avevano prestato soldi a mio figlio, di cui ho paura a pronunciare anche il nome perché so che sono una vera e propria banda e sono molto pericolosi». Mortiferi, onnipresenti e innominabili.

Il signor Fabio dice di essere vittima dei Casamonica, di Pasquale detto Rocky. Vicende per le quali e in corso un processo per usura ed estorsione. Fabio ricorda le parole di Rocky: «A me della libertà non me ne frega niente, se me succede qualcosa a me, c’è chi viene dopo di me. Io mi accavallo e ti sparo. Devi stare attento alla famiglia tua». Minacce che si imprimono nella mente di Fabio che agli inquirenti racconta: «Temo per la mia incolumità, temo per quella dei miei familiari, per eventuali ritorsioni». Ed è comprensibile, leggendo quello che gli è successo: «Poco prima delle festività natalizie chiesi a Pasquale Casamonica la somma di 5000 euro, con l’intento che dopo le feste e comunque non oltre il mese successivo gli avrei dovuto restituire 6000 […] Per vicissitudini private, afferenti la malattia di un mio parente, ho ritardato il pagamento e nel mese di gennaio mi sono incontrato presso l’abitazione di Pasquale […] una volta all’interno della stanza, ove eravamo presenti solo io e Pasquale, lo stesso mi aggrediva sferrandomi due pugni che mi attingevano al volto e dei pugni al costato e, nella circostanza, mi diceva che visto il ritardo avrei dovuto dargli la somma di 10 000 euro. Impaurito per i colpi ricevuti e per il fatto che fuori c’erano altri componenti della famiglia, temendo per la mia incolumità, acconsentivo a pagare promettendogli che gli avrei dato la somma richiesta entro la fine del mese di gennaio».

È lunga la sequela di episodi della mattanza di diritto e libertà contestata ai Casamonica.

Sono tanti e ovunque da anni. C’è chi, come Daniele, esplicita la fobia: «Ho paura dei Casamonica, anche perché ho un figlio piccolo e per tale ragione non intendo rendere dichiarazioni a loro carico». Sono decine le vittime, pieni i faldoni nel Tribunale di Roma. Un inquirente che li ha seguiti da anni, sconsolato, allarga le braccia. «Fino a questo momento hanno vinto loro. L’idea è stata quella di far vivere giudiziariamente ogni filone singolarmente, ma così non smonti il sistema. C’è bisogno di una risposta organica, quando questa risposta è arrivata ha subito pesanti menomazioni in sede di giudizio penale. Insomma l’indagine è stata smontata. L’idea è stata “ma tanto sono zingari” e così sono diventati padroni della città. Sono diventati padroni perché hanno due cose: droga e soldi».

Fonte:https://www.editorialedomani.it/