Cerca

Dove e come fa affari la mafia in Italia

La ‘ndrangheta si è ormai insediata stabilmente in tutta Italia. Ecco dove e come fa affari

Quanto emerso dalle indagini della magistratura, che lo scorso 13 luglio ha portato all’ormai storico blitz sull’asse Calabria-Lombardia, è solo l’ennesima conferma di quanto la ‘ndrangheta si sia infiltrata in tutta Italia. Un fenomeno tutt’altro che recente, ma che prende piede negli anni Sessanta e Settanta segnando il passaggio dalla criminalità “rozza e arcaica” di un tempo a quella che inizia a interloquire con la politica, a fare affari con i sequestri e con la droga. Una ‘ndrangheta che poi viene esportata al di fuori dei confini calabresi grazie all’involontario aiuto dello Stato che facilita il colonialismo mafioso con l’infelice scelta di costringere al soggiorno obbligatorio al nord molti boss di prima grandezza. Quello che segue è un tentativo di “mappare” i principali insediamenti della criminalità organizzata calabrese nelle regioni del Nord e del Centro Italia.

PIEMONTE. La ‘ndrangheta è presente in Piemonte sin dagli inizi degli anni Settanta, operando dapprima sul territorio con i sequestri di persona. Fino al 1984 era Cosa Nostra a gestire lo spaccio degli stupefacenti, poi il controllo del “business” venne preso in mano dai clan della Locride.  A farla da padrone fu Rocco Piscioneri, sostituito poi dai clan Ursino – Macrì – Belfiore, originari di Gioiosa Ionica. Nel 1993 Domenico Belfiore venne condannato con sentenza definitiva per l’assassinio del Procuratore  di Torino Bruno Caccia, ucciso il 26 giugno 1983.

Il Piemonte è diventata inoltre una delle tante regioni italiane di transito per il traffico d’armi legato alle ‘ndrine, mentre uno dei settori in crescita è quello riguardante l’infiltrazione nel settore dell’ediliza. In tal senso la Commissione parlamentare Antimafia scrive nel 2008 che le cosche calabresi hanno preso piede in Piemonte “grazie anche ad una rete di sostegno e copertura di singole amministrazioni locali compiacenti.

Il progressivo radicamento nella regione ha favorito la loro graduale infiltrazione del tessuto economico locale, mediante investimenti in attività imprenditoriali ed il tentativo di condizionamento degli apparati della pubblica amministrazione, funzionali al controllo di pubblici appalti. Ad essi si aggiunge quello dell’edilizia che consente, attraverso imprese operanti soprattutto in lavorazioni a bassa tecnologia, di condizionare il locale mercato degli appalti pubblici. Le aree di criticità maggiore sono quelle della Valle d’Aosta, della Val di Susa e della città di Torino, come viene evidenziato dalle indagini giudiziarie in corso”. Dopo l’arresto nel 2008 di Domenico Belfiore a Torino si è creato un vuoto di potere oggi riempito da altri clan quali i Morabito – Bruzzaniti – Palamara di Africo e i Vrenna – Megna di Crotone.

Ma soprattutto dalla famiglia Crea, originaria della piana di Gioia Tauro, già in lotta con i Belfiore per il controllo dell’area prima che questi ultimi venissero colpiti dalle inchieste della magistratura e dagli arresti delle forze dell’ordine. Quando la Commissione Antimafia segnalò la presenza ‘ndranghetista in Piemonte, il sindaco di Torino Sergio Chiamparino (Pd) commentò: “In sette anni di governo, non ci sono mai stati segnalati episodi sospetti negli appalti e nei lavori pubblici. Non ci sono tracce di infiltrazioni mafiose in città. Valuteremo con attenzione le conclusioni dell’Antimafia. Ma sono tesi, queste, che respingiamo con sdegno”.

LOMBARDIA. “Si può dire che le capitali della ‘ndrangheta non siano più Reggio Calabria, Gioia Tauro o San Luca, ma Corsico, Buccinasco e forse la stessa Milano”. Frase pregna di significato quella pronunciata nel 2009, dunque in tempi non sospetti, da Vincenzo Macrì,  vice-procuratore nazionale Antimafia. “Le cosche si occupano anche di intermediazione immobiliare e finanziaria, e conducono imprese nel campo della ristorazione” ha spiegato Nicola Gratteri, magistrato antimafia di Reggio Calabria, così come “controllano da anni il mercato ortofrutticolo di Milano, centro di smistamento di cocaina e dove è particolarmente diffuso il lavoro irregolare”.

Secondo Ilda Boccasini e i pubblici ministeri che hanno condotto l’inchiesta che ha portato al blitz del 13 luglio le cosche stabilitesi nella regione avrebbero creato la Lombardia, una sorta di organismo simile alla già nota Provincia che comanda su tutto il territorio di Reggio Calabria, e che nei piani di Pino Neri (il presunto numero uno di questa struttura, arrestato e accusato di essersi adoperato per sostenere Giancarlo Abelli, deputato Pdl, su indicazione di Carlo  Chiriaco, direttore dell’Asl di Pavia, più volte intercettato mentre parlava con boss calabresi), sarebbe dovuta diventare un’entità autonoma dai clan calabresi.

Un’evoluzione ovviamente indigesta al cuore delle ‘ndrine più potenti che vogliono continuare a comandare e gestire tutto direttamente dalla Calabria. Ma sulla reale consistenza di questa nuova struttura c’è da capire a cosa porteranno le indagini, in primis su chi fosse al comando di questa sorta di Provincia del nord. Molti esperti del fenomeno mafioso come Antonio Nicaso ritengono improbabile che una struttura come la Lombardia potesse davvero diventare indipendente dalla Calabria.

LIGURIA. “In Liguria la ‘ndrangheta è arrivata negli anni Sessanta. C’era tutto: il porto, utile accesso per le rotte della droga, il casinò, ma soprattutto la Francia, con le sue coste a due passi da Ventimiglia” scivono Nicaso e Gratteri nel libro Fratelli di sangue. Ed è proprio in Francia che vengono arrestati boss di prima grandezza quali Paolo De Stefano, Domenico Libri e Luigi Facchineri. Ventimigilia è stata ed è tuttora un centro di primaria importanza per le cosche calabresi, tanto che proprio al confine è sorta una camera di compensazione che ha il compito di gestire le attività dei clan che operano a Nizza e in Costa Azzurra.

A fare della Liguria un centro fondamentale per le ‘ndrine è la sua posizione strategica che ha permesso alle famiglie insediatesi nella regione di agire in perfetta sintonia con quelle piemontesi, mentre i guadagni del traffico degli stupefacenti vengono investiti nel settore delle costruzioni (appartamenti e approdi turistici). Secondo l’Istat, dal 1990 al 2005, il territorio non cementificato è stato dimezzato, ridotto da 249mila a 135.570 ettari. E nel 2008 la Liguria e è stata designata come la regione del nord Italia con il maggior numero di infrazioni ambientali.

Ha scritto la Dia (Direzione Investigativa Antimafia) di Genova lo scorso anno:“Riciclaggio di capitali con reimpiego in attività commerciali lecite, tramite infiltrazioni nel sistema degli appalti pubblici e in quello dello smaltimento dei rifiuti. Questo è uno dei principali rischi criminali per l’economia della regione”.

VALLE D’AOSTA. In Valle d’Aosta fanno affari le famiglie Asciutto, Facchineri, Grimaldi, Iamonte, Libri, Neri, Nirta e Torcasio. Gli interessi qui variano dall’industria alberghiera a quella degli sport invernali, ma non solo. Non dimentichiamo che la ‘ndrangheta prima di infettare l’economia legale deve accumulare capitali con la cocaina. Ed è proprio quello che fa anche nella piccola Valle d’Aosta. Scriveva il sito Narcomafie lo scorso 22 novembre: “Sono stati tutti condannati con l’accusa di traffico di stupefacenti i componenti della diramazione valdostana dei Nirta, la cosca coinvolta nella faida di San Luca, nella Locride. I fratelli Domenico e Giuseppe Nirta e i nipoti Franco e Roberto Di Donato erano stati arrestati ad Aosta l’11 giugno 2009 a seguito delle indagini avviate dal Ros dei Carabinieri, sotto il controllo della Direzione Distrettuale Antimafia di Torino, già nel 2007…

Per avere un’idea del traffico di stupefacenti gestito in Valle d’Aosta dalla cosca Nirta, basti pensare che i Carabinieri sono riusciti  a sequestrare due partite di cocaina (una delle quali giunta a Torino via Londra) a seguito di intercettazioni telefoniche che evocavano la ricerca di ‘una casa di 1.200 metri quadrati a 25 euro al metro quadrato’, che mascherava la richiesta di 1.200 chili di cocaina a 25 mila euro al chilo”.

TRENTINO ALTO ADIGE. In Trentino Alto Adige invece si sono formate le piazze attraverso le quali la droga passa i confini internazionali, soprattutto fra i centri di Bolzano e Bressanone. L’operazione “Overloading”, condotta dalla magistratura e dalle forze dell’ordine lo scorso 2 dicembre,  ha portato a 77 arresti in tutta Italia.  Tra questi quello di Luigi Verde, responsabile della logistica della Legione carabinieri Trentino Alto Adige. Verde “avrebbe garantito il suo interessamento per fare passare le valigie con lo stupefacente, evitando così i controlli. Dall’indagine sono emersi i rapporti che lo stesso intratteneva con elementi di spicco della ‘ndrangheta che gestivano il traffico di droga.

Ad arrestarlo sono stati i suoi stessi colleghi del comando provinciale di Bolzano.  Entrati nel suo alloggio di servizio, hanno però trovato qualcosa che non immaginavano: armi ed esplosivo, in particolare, un mitra, due bombe a mano, 13 granate, una pistola, cinquecento grammi di plastico e varie campionature di esplosivo”.

VENETO.“Il Veneto è in ritardo, ma è un fuoco sotto la cenere. C’è un’attività di riciclaggio e di investimento ad opera della criminalità organizzata, ma avviene in modo sotterraneo”.  Così si è recentemente espresso Enzo Ciconte, autore di ‘Ndrangheta Padana, consulente dal 1997 al 2008 della commissione parlamentare antimafia e docente di storia della criminalità organizzata all’università Roma Tre. Da quanto emerso finora le principali famiglie di ‘ndrangheta che fanno affari in Veneto sono i Morabito (originardi di Africo, nella Locride), i Pangallo e i Pesce (i “padroni” di Rosarno). Le principali aree di interesse sono Treviso e le province di Padova, Verona e Vicenza.

FRIULI VENEZIA GIULIA. Nel Friuli Venezia Giulia invece, sempre secondo quanto sostengono  i due esperti, le organizzazioni “hanno trovato terreno fertile tra commercialisti locali, imprenditori turistico-alberghieri e dell’intermediazione immobiliare, tutte persone originarie della regione”. Qualche settimana fa, proprio in Friuli, è stato arrestato al confine italo-sloveno di Fernetti, a pochi chilometri da Trieste, Antonio Cortese, accusato dal boss pentito Antonino Lo Giudice degli attentati ai magistrati di Reggio Calabria avvenuti nel corso del 2010 e che hanno visto come principale bersaglio il procuratore generale Antonio Di Landro.

EMILIA ROMAGNA. Da una nota della Dia alla Commissione parlamentare Antimafia datata 2004: “L’Emilia Romagna è un’area importante sotto il profilo criminogeno per il radicamento dei boss che, arrivati qui in soggiorno obbligato, hanno eletto la regione come polo d’interessi proprio e delle famiglie d’origine, ma anche per la posizione geografica che offre qualificate opportunità di collegamento tra Centro e Nord, e per la forza attrattiva di un mercato variamente e altamente produttivo”. Ma gli interessi delle cosche nella regione sono vecchi di quarant’anni dato che già Cosa Nostra (prima Liggio e poi Riina) vi faceva affari. Le prime famiglie di ‘ndrangheta a infiltrarsi in Emila Romagna furono i Mammoliti e i Dragone.

Antonio Dragone si stabilì da Cutro (Crotone) a Reggio Emilia nel 1982. Nel 2008 la Commissione parlamentare Antimafia scriveva che il boss è riuscito a “creare una struttura familiare molto robusta, occupandosi del traffico di sostanze stupefacenti e di estorsioni nei confronti di persone di origine cutrese”.  Il clan Dragone – Grande Aracri si è stabilito anche a Bologna e Modena.  Nel 2007 la Corte d’Appello di Bologna ha condannato per associazione mafiosa Antonio Grande Aracri (fratello del capo storico Nicolino). Le famiglie di origine crotonese dominano anche la zona di Rimini: i Vrenna di Crotonee i Pompeo di Isola Capo Rizzuto controllano infatti bische clandestine, usura, estorsioni e traffico di droga.  Del resto la zona della Riviera è terreno fertile per affari illeciti quali il racket del sesso ed è diventa, data la forte presenza giovanile nei mesi estivi, “una sorta di supermarket di droghe leggere e pesanti”.  Così come Modena, descritta da Antonio Nicaso e Nicola Gratteri come “un passaggio obbligato per i grandi traffici di stupefacenti che corrono sull’Autobrennero e sull’autostrada del Sole. In riva all’Adriatico le finanziarie (direttamente o indirettamente legate ai clan, nda) spuntano come funghi”.


TOSCANA. Gli Alvaro di Sinopoli , i Bellocco di Rosarno, i Facchineri e i Raso di Cittanova, i Gallace-Novella di Guardavalle, i Maesano di RoccaForte del Greco,  i Nirta di San Luca e i Sergi-Marando di Platì. Sono alcune fra le ‘ndrine stabilmente insediatesi in Toscana. Tutte originarie della provincia di Reggio Calabria, eccezion fatta per i Gallace-Novella provenienti dal territorio catanzarese, si dedicano a traffico di droga, estorsioni e usura. Ma le famiglie citate non sono certo le uniche.

Già prima del 2000 era il Ministero dell’Interno a segnalare la presenza dei Pesce di Rosarno e dei Mancuso di Limbadi (Vibo Valentia) in quel di Firenze e della potentissima ‘ndrina dei Piromalli di Gioia Tauro tanto in provincia di Livorno che in quella di Massa-Carrara. La famiglia Iamonte, originaria di Melito Porto Salvo, opera a Lucca, i già citati Bellocco assieme ai Facchineri e i Raso a Lucca e la storica ‘ndrina dei De Stefano è presente a Livorno. Prato ha visto la presenza in soggiorno obbligato di Domenico Libri, al vertice dell’omonimo clan.  Nel 1993 a Montevarchi venne arrestato il latitante Domenico Facchineri.

UMBRIA. “La provincia di Perugia, con ventitrè morti di overdose nel 2006, è al terzo posto in Italia per numero di decessi causati dalle droghe. L’Umbria, invece, è al secondo posto tra le regioni italiane per il numero delle persone segnalate all’autorità giudiziaria per traffico di stupefacenti” (Antonio Nicaso). Scrive il Ros (Raggruppamento Operativo Speciale) dei Carabinieri: “In Umbria la cosca più attiva è quella dei Facchineri, i quali hanno dato vita ad una struttura associativa multiforme dedita ad attività criminose volte principalmente all’importazione di consistenti partite di stupefacenti e alla loro successiva commercializzazione”.

Lo stesso Ros ha condotto l’indagine Windshear che ha permesso agli investigatori di “ricostruire una rete criminale dedita all’importazione e al traffico degli stupefacenti” della quale faceva parte addirittura Roberto Pannunzi, considerato uno dei principali referenti del cartello colombiano di Medellin e legato alla cosca Macrì di Siderno.  Assieme al Pannunzi la rete era gestita anche da altre cosche attive nella Locride: Aquino, Bumbaca, Coluccio e D’Agostino.

LAZIO.“Nel Lazio – scriveva la Commissione Parlamentare Antimafia nel 2008 – operano rappresentanti di note famiglie, molte delle quali della zona jonica della provincia di Reggio Calabria: Alvaro-Palamara, Pelle-Vottari-Romeo, Giorgi-Romano e Nirta-Strangio. Questi hanno concentrato i loro interessi anche nel tessuto economico-sociale della Capitale, tramite la costituzione di società fittizie per la gestione di bar, paninoteche, pasticcerie, ristoranti…I rappresentanti delle famiglie Alvaro e Piromalli hanno collegamenti con lo storico clan di origine nomade dei Casamonica, gruppo romano attivo in vari campi: traffico internazionale di stupefacenti, usura, estorsione, truffa, riciclaggio di denaro sporco…Un’alleanza  apparentemente anomala ma molto significativa perchè mette in contatto organizzazioni diverse tra loro per storia e natura ma tutte di alto livello criminale”.

L’Osservatorio tecnico – scientifico per la sicurezza e la legalità della regione ha censito 25 cosche attive sul territorio. Le principali: Barbaro, Iamonte, Morabito-Mollica, Palamara, Mancuso, Piromalli, Mammoliti, Alvaro, Bellocco, Pesce-Pisano, Pelle-Vottari-Romeo, Nirta-Strangio, Avignone, Zagari-Viola e Farao-Marincola a Roma. Tripodo e Bellocco a Gaeta. Alvaro e gli stessi Tripodo a Latina. Un vero e proprio locale è sorto tra Anzio e Nettuno (il cui consiglio comunale è stato sciolto per infiltrazioni mafiose nel 2005) per opera della cosca Gallace-Novella di Guardavalle (in provincia di Catanzaro, comune anch’esso sciolto nel 2003).

(Tratto da DailyBlog)