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Dossier, depistaggi, giudici corrotti: tra le inchieste a rischio, anche quella sulle tangenti Eni

Dossier, depistaggi, giudici corrotti: tra le inchieste a rischio, anche quella sulle tangenti Eni

di Alessio Ramaccioni

Emergono nuovi ed inquietanti particolari rispetto alla maxi inchiesta condotta dalle Procure di Roma e di Messina che due giorni fa ha condotto all’arresto da parte della Guardia di Finanza di quindici persone: ex giudici, avvocati, imprenditori.

L’ennesimo “cerchio magico” – una vera e propria associazione a delinquere – che per interessi privati e personali inquinava processi, depistava indagini, creava dossier e false informative.

Nulla di nuovo, per carità: siamo abituati purtroppo a notizie di questo tipo.

La vicenda, nello specifico, è particolarmente interessante perchè tra le inchieste a rischio corruzione messe sotto la lente d’ingrandimento dalle Procure di Roma e di Messina c’è quella relativa alle tangenti Eni.

Ricostruiamo la vicenda: due giorni fa la Guardia di Finanza procede all’arresto di quindici persone.

Tra questi, spiccano i nomi dell’ex pm di Siracusa Giancarlo Longo, dei due avvocati Piero Amara e Giuseppe Calafiore, dei due imprenditori Fabrizio Centofanti ed Enzo Bigotti (già coinvolto nella vicenda Consip).

Tra gli indagati anche un ex presidente di sezione del Consiglio di Stato, Riccardo Virgilio.

L’accusa è grave: secondo le indagini, il giudice Longo avrebbe messo a disposizione le sue funzioni per favorire i clienti degli avvocati Amara e Centofanti, intervenendo anche in inchieste di altri colleghi attraverso procedimenti creati dal nulla che andavano ad intrecciarne altri, offrendo la possibilità di inquinare prove e processi.

E’ questo forse l’aspetto più rilevante dell’attività criminale messa in piedi: il metodo con cui Longo riusciva a condizionare non solo i processi e le indagini a lui assegnate, ma anche procedimenti terzi. I meccanismi erano tre: inchieste create ad arte che gli permettevano di monitorare ulteriori fascicoli di indagine assegnati ad altri pm; la creazione di fascicoli da utilizzare per minacciare o ricattare soggetti ostili agli interessi dei due avvocati; indagini messe in piedi per creare i presupposti ad incarichi consulenziali, sempre per favorire gli interessi dei complici.

In cambio di tutto questo, secondo le accuse, l’ex pm avrebbe ricevuto soldi, vacanze e favori di varia natura.

Arriviamo così alla vicenda Eni: tutto parte neo 2016, quando Alessandro Ferraro, tra gli arrestati e collaboratore dell’avvocato Amara, denuncia un tentativo di sequestro nei suoi confronti. A questo punto interviene Longo, che inizia a svolgere le indagini mettendo in evidenza un presunto tentativo di complotto contro l’Eni e il suo ad Descalzi. Per rendere più credibile l’ipotesi, viene coinvolto anche un tecnico petrolifero, Massimo Gaboardi.

L’apertura di questo fascicolo permette a Longo di interagire con la Procura di Milano che sta portando avanti l’inchiesta su Eni e le tangenti, e che vede indagato proprio Descalzi.

Il tentativo di inquinamento non va in porto, e nel frattempo parte l’indagine proprio sull’attività di Longo e dei suoi sodali, che nei giorni scorsi è arrivata alle prime conclusioni.

 

8 febbraio 2018

 

fonte:http://contropiano.org