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DOPO LA STRAGE DI CAPACI NASCE PURE LA SPERANZA

l Fatto Quotidiano, 23 maggio 2019

DOPO LA STRAGE DI CAPACI NASCE PURE LA SPERANZA

LUCA TESCAROLI

Inghiottiti da una devastante esplosione, nel territorio del Comune di Isola delle Femmine, il 23 maggio 1992 morirono Giovanni Falcone, Francesca Morvillo e gli agenti di scorta Antonio Montinaro, Rocco Di Cillo e Vito Schifani, in otto rimasero feriti. Cosa rappresentò quell’at – tentato, che fu presentato al mondo come la strage di Capaci? A distanza di 27 anni sappiamo chi ha agito e perché? Fu l’atto terroristico eversivo più eclatante, per quantità di esplosivo impiegato e per effetti prodotti, compiuto dalla mafia nel nostro Paese, che aprì, però, la stagione della speranza.

SEBBENE in molti sembrano averlo dimenticato, negli anni 90, coloro che parteciparono all’azione militare (ricostruita con estrema precisione in tutte le fasi), idearono e deliberarono l’eccidio, in seno a Cosa Nostra, sono stati individuati, catturati (ponendo fine a storiche latitanze), processati nel pieno rispetto delle garanzie. Venne svolto – e posso dirlo per avervi intensamente contribuito dal maggio 1994 alla fine di ottobre 2000 –un lavoro enorme da parte delle componenti più virtuose dell’apparato repressivo dello Stato, che portò alla confessione della loro partecipazione e alla piena collaborazione di 7 mafiosi dal 24 ottobre 1993 al 18 luglio 1996, che hanno prodotto un effetto di trascinamento verso altri uomini d’onore che hanno seguito l’esempio, dando vita alla più feconda, per qualità e numeri, stagione di collaborazioni con la giustizia, che hanno consentito anche di fare luce su centinaia di omicidi e delitti. Si sono rese necessarie due pronunce della Corte di Cassazione (il 30 maggio 2002 e il 18 settembre 2008) per consolidare gli sforzi investigativi: 29 ergastoli e 9 pesanti pene detentive, che hanno reso definitivo il carcere e il regime detentivo del 41 bis O. P. (introdotto dopo la strage di via D’Amelio), la confisca dei patrimoni dei responsabili, nonché di individuare e sequestrare i loro più forniti arsenali di armi ed esplosivi (quelli di contrada Giambascio e Malatacca nel Palermitano). Per la prima volta, sono stati riconosciuti colpevoli, per aver ideato e deliberato l’eccidio, i componenti della commissione regionale, il massimo organismo di vertice del sodalizio mafioso. Sono stati individuati plurimi moventi: il sentimento di vendetta per punire Falcone per quanto aveva fatto negli uffici palermitani quale giudice istruttore, prima, e poi quale Direttore Generale degli Affari Penali; la finalità preventiva, vale a dire bloccare la sua attività successiva; il proposito di riannodare quel rapporto politico-imprenditoriale-mafioso che si stava sfaldando, che per essere colto a pieno ha imposto di inquadrare l’attentato nella più ampia strategia in cui si è inserito, posta in essere dal 1992 agli inizi del 1994. È stato dimostrato che i vertici mafiosi, durante la fase preparatoria e successivamente alla strage, hanno agito nell’ambito di trattative avviate con esponenti delle istituzioni e si sono intraviste zone d’ombra, nel cui ambito si collocano interessi convergenti di soggetti esterni a Cosa Nostra.

LA GIUSTIZIA ha dimostrato di poter funzionare con maggiore efficacia rispetto all’azione di Cosa Nostra, cancellando la certezza antica del mafioso: l’impunità, che aveva vacillato con l’esito del maxi-processo (del 30 gennaio 1992), che aveva visto proprio in Falcone e Borsellino gli elementi trainanti. Per usare una metafora, il bicchiere della verità non solo è mezzo pieno, ma quasi pieno. Per questo occorre ancora investigare, non solo n el l ’ambito giudiziario ma anche sul terreno politico (con una commissione d’inchiesta) e storico, per dare risposta ai quesiti rimasti inevasi: perché alcuni supporti informatici in uso a Falcone vennero cancellati, dopo la sua morte? Come mai venne rinvenuto sul luogo teatro della strage un bigliettino con dati inerenti a una delle strutture dei Servizi Segreti italiani? Perché vi fu l’accelerazione della strage di via D’Amelio e, soprattutto, perché il disegno stragista si fermò agli inizi del 1994?