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Discarica di Borgo Montello:Cadono tutti i dubbi,le bugie,le distorsioni e,forse,i tentativi di depistaggi. I rifiuti ci sono e come. Aveva ragione Carmine Schiavone.

CADONO TUTTI I DUBBI,LE BUGIE,LE DISTORSIONI E,FORSE,I TENTATIVI DI DEPISTAGGI.I RIFIUTI CI SONO E COME ED AVEVA RAGIONE CARMINE SCHIAVONE.ORA TRE COSE  SUBITO:

UNA RIGOROSA INDAGINE EPIDEMIOLOGICA  DA DELEGARE AI CARABINIERI DEL NOE,LAVORI DI  UNA BONIFICA RADICALE ED IMPULSO ALLE INDAGINI APPROFONDIRE SULL’ASSASSINIO DEL PARROCO DON BOSCHIN.

SE,COME RISULTEREBBE DAGLI ATTI,QUEI RIFIUTI TOSSICI E NOCIVI – E FORSE  RADIOATTIVI – SONO STATI PORTATI A BORGO MONTELLO PER ALLEGGERIRE  IL CARICO SULLA TERRA DEI FUOCHI,ALLORA CI SONO LE MANI DELLA CAMORRA ED ANCHE LE INDAGINI SULL’ASSASSINIO DEL PARROCO VANNO  SVOLTE DA UN DIVERSO ANGOLO OTTICO.L’ASSOCIAZIONE CAPONNETTO,CHE GIA’ HA FATTO IN PASSATO ESPOSTI ALLA DDA ,FARA’ A GIORNI UN’INTEGRAZIONE AD ESSI FACENDO RIFERIMENTO AL DOCUMENTO PRIMA IGNOTO ED APPARSO SOLO ORA DOPO TANTI ANNI.

 

Li hanno cercati ostinatamente, hanno stanziato denaro per gli scavi, puntato l’indice su quella che era stata definita la collina dei veleni, l’invaso S0 nato in tempi in cui la normativa in materia di tutela ambientale era pressoché inesistente, e oltre che fare un buco nella discarica hanno fatto un buco nell’acqua.
I bidoni di metallo contenenti sostanze tossico-nocive non sono stati trovati, e a dispetto di tutte le ipotesi e di tutte le presunzioni, non si trovano nella S0. A dire il vero, nessuno lo aveva mai detto con certezza.
Nemmeno il pentito Carmine Schiavone, che più volte aveva indicato la discarica di Borgo Montello come destinazione ultima di intere camionate di veleni portate a Latina per alleggerire la Terra dei fuochi. Testimonianze, ricerche, proclami, denunce, prese di posizione politiche e forse tanta superficialità, avevano portato gli escavatori sulla sommità della S0, a due passi dal fiume Astura, per dissotterrare bidoni e verità nascoste per decenni. Tempo sprecato e soldi buttati. Eppure non doveva essere poi così difficile venire a capo delle confessioni di Schiavone, peraltro avallate da qualche ex dipendente della discarica e da qualche segnalazione sul via vai notturno di autotreni lungo via Monfalcone negli anni ‘70, ‘80 e ‘90.
Adesso tra le carte di un processo in fase di celebrazione riguardante l’inquinamento della falda acquifera dell’intera zona sottostante il sito che ospita le due discariche di via Monfalcone, spunta fuori un documento che è in qualche misura rivelatore. Si tratta di un’ordinanza del 1990, la n.215, firmata dall’allora Presidente della Giunta regionale del Lazio, Bruno Landi, che ad integrazione di un precedente analogo provvedimento di un mese prima, ordina di attivare una discarica nella quale conferire rifiuti speciali classificati come tossici e nocivi.
Dunque, se fino al 1990 eventuali conferimenti di veleni in discarica erano avvenuti di nascosto e senza alcuna autorizzazione, dal marzo di 28 anni fa in poi, si era cominciato a spianare la strada per consentire l’ingresso lecito in via Monfalcone anche ai rifiuti tossici e nocivi.
E’ dunque verosimile ipotizzare che se da allora in poi qualcosa è entrato dalla porta principale della discarica, si sappia con sufficiente approssimazione dove quel materiale sia stato stoccato. Basterebbe andare a spulciare tra le carte delle aziende che a partire dalla Pro.Chi. dei signori Chini e Proietto, e poi dalla Guastella Impianti in poi, hanno gestito quella discarica.
Come mai nessuno ha mai tirato fuori quell’ordinanza prima d’ora? Le cronache dell’epoca ne parlano con dovizia di particolari, e in maniera del tutto insolita, quasi equivoca, è venuto fuori che a sollevare il caso dell’ordinanza del Presidente socialista Bruno Landi, erano stati due consiglieri socialisti di Latina, Silvano Roccato e Fortunato Lazzaro. Perché? Quale guerra era in atto? C’erano state sollevazioni di piazza, non soltanto a Borgo Montello. Esponenti di associazioni ecologiste erano andati a protestare davanti alla sede della Regione Lazio, qualcun altro, accompagnato da un paio di consiglieri comunali dell’epoca, era riuscito ad essere ricevuto da Landi, che era stato molto esplicito: l’ordinanza 215 riassume – aveva spiegato – la filosofia di questa Regione. Chi produce i rifiuti li deve anche smaltire sul proprio territorio. Ma nell’ordinanza che aveva sollevato le reazioni dei cittadini non era specificato quale sarebbe stata la provenienza consentita per i rifiuti tossici e nocivi da far entrare a Borgo Montello.
Nel maggio ‘90, a ridosso di queste vicissitudini, ci sarebbero state anche le elezioni comunali e regionali, e il sindaco democristiano di allora, Delio Redi, si era visto costretto a fare un gesto politico, un ricorso al Tar contro le ordinanze di Landi.
Il 18 maggio i giudici amministrativi concedevano la sospensiva delle due ordinanze di Landi, la 76 e la 215. Tutte e due parlavano di attivazione della discarica per accogliere i rifiuti speciali (la 76) e poi anche quelli classificati come tossici e nocivi (la 215), e benché l’attivazione fosse stata temporaneamente sospesa, Guastella non aveva comunque smesso di predisporre l’invaso secondo le caratteristiche tecniche richieste per ospitare qualsiasi tipo di veleno.
Per sapere come sia andata a finire con quei ricorsi e quelle sospensive, bisognerebbe interrogare qualche ex amministratore della Guastella, società che di lì a pochi anni avrebbe ceduto ad altri la discarica, poi finita definitivamente nelle mani di Ecoambiente, per ritrovarsi come amministratore delegato nientemeno che Bruno Landi, proprio lui, l’ex Presidente della Giunta regionale del Lazio che per molti anni aveva tenuto in vita la discarica di Borgo Montello a colpi di ordinanze e decreti di urgenza. Chissà che proprio quelle ordinanze, finite per caso nel fascicolo processuale per l’inquinamento della falda acquifera di Montello e dintorni non tornino utili al sostituto procuratore Giuseppe Miliano, pubblico ministero al dibattimento, magari per contribuire a capire quale sia, ammesso che ce ne sia una soltanto, la fonte dell’inquinamento su cui si tenta di fissare almeno parte delle responsabilità penali che il processo cerca di accreditare.
Un peccato che quello stesso processo non possa concedersi il lusso di andare a caccia di eventuali responsabilità politiche, che probabilmente non mancano nella lunga e travagliata storia delle discariche di Borgo Montello. Proprio nei primi mesi del 1990, quando a sorpresa i consiglieri socialisti di Latina attaccavano il presidente socialista della Regione, dai banchi dell’opposizione consiliare in Piazza del Popolo il non ancora quarantenne missino Vincenzo Zaccheo andava giù pesante, ma con la consapevolezza di non rischiare niente perché quello che diceva era sacrosanto, e forse anche certificato in qualche informativa di servizio delle forze dell’ordine: «Andiamo a vedere chi sono i personaggi che hanno gestito fino a ieri la discarica di Borgo Montello e a chi hanno regalato automobili, autisti e radiotelefoni. Soltanto così potremo capire il perché di certe ordinanze e il perché di certe acquiescenze». La bellezza dei duri e puri, finché stanno confinati all’opposizione.

29 Aprile 2018

Alessandro Panigutti

Fonte:www.latinaoggi.eu