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Dino Gassani, l’avvocato contro la camorra

Dino Gassani, l’avvocato contro la camorra

di Luigi Gassani

Leopoldo “Dino” Gassani nasce il 4 febbraio del 1930 ad Angri, in provincia di Salerno. Il padre Ettore, originario di Carrara, era ferroviere, trasferitosi per lavoro al Sud. Dino cresce in una parte di Angri prevalentemente agricola, una realtà che ama ma da cui fin da piccolo desidera emanciparsi.

A tredici anni si iscrive quindi al liceo classico di Nocera Inferiore, dove sperimenta in prima persona la disparità di trattamento operata dai docenti e dal sistema scolastico nello specifico: le sezioni presenti sono infatti due, una per i ricchi e una per i poveri, un’ingiusta discriminazione che lascerà una traccia indelebile sia in Dino che in suo fratello maggiore Silvano. Nonostante questo, Dino riesce comunque a diplomarsi e si iscrive nel 1949 all’università di giurisprudenza di Napoli, da cui si laurea brillantemente, seguendo l’esempio del fratello Silvano che nel frattempo è diventato magistrato. Nel ‘55 la famiglia si trasferisce a Salerno. Dino Gassani comincia ad esercitare la professione e presto in tribunale si trova a fronteggiare uno dei suoi idoli, l’avvocato Bruno Cassinelli di Roma; perde il processo, ma viene a sapere di essere stato notato dallo stesso Cassinelli, il quale sembra non essere riuscito a dormire per più di una notte perchè rimasto impressionato da quel Gassani, dalla forza delle sue argomentazioni, dalla sua voce e dalla sua veemenza. Dino prende quindi coraggio e si reca a casa dell’avvocato per chiedergli di entrare nel suo studio: la richiesta viene prontamente accolta, e rappresenterà un passo fondamentale per la sua crescita professionale.

In seguito all’esperienza maturata con l’avvocato Cassinelli, Dino Gassani apre poi il suo studio a Salerno, divenendo in poco tempo uno dei penalisti più rinomati degli anni ‘70 e ‘80 grazie alla sua dialettica, alla sua forza in aula e alla sua etica professionale. Nel mentre si sposa e ha due figli, Luigi e Gian Ettore.

E’ il 1978 quando Dino Gassani decide di assumere la difesa di Biagio Garzione, il telefonista dell’anonima sequestri che aveva organizzato il rapimento di due imprenditori napoletani: dietro all’ anonima sequestri compare il nome di Raffaele Catapano, uno degli uomini di fiducia di Raffaele Cutolo, capo della NCO, la nuova camorra organizzata.

Gassani riesce a convincere Garzione a rivelarne i nomi a processo, demolendo di fatto una parte della NCO che viene investita (di conseguenza) dagli arresti e dai procedimenti penali. In conseguenza di questo, l’avvocato viene preso di mira dalla Camorra, che) per più di due anni la Camorra gli rivolge continue minacce di morte per con l’obiettivo di indurlo a costringere il Garzione a ritrattare le sue dichiarazioni. Nel 1979, a processo, Catapano urla in aula“Garzione è l’attore e Gassani è il regista”, dando un chiaro segnale alle sue schiere che Gassani doveva essere eliminato; nonostante questo l’avvocato non rifiuta il suo mandato, decidendo di non abbandonare la difesa del suo assistito e passando altri due anni tormentato da telefonate anonime e lettere di minaccia incessanti.

E’ la sera del 27 marzo 1981. Due sicari di Catapano, Mario Cuomo e Antonio Schirato, ottengono sotto falso nome un appuntamento con Gassani nel suo studio nel centro storico di Salerno, spacciandosi per nuovi clienti; una volta soli nello studio con l’avvocato, lo minacciano di morte a meno che lui non convinca il suo assistito a ritrattare. Ma Dino Gassani mai si sarebbe piegato a quello che la camorra di Cutolo voleva, mai avrebbe rinnegato il suo mandato difensivo; e seduto alla sua scrivania, durante quel colloquio di cui già intuisce la conclusione, scrive su un foglietto: “Non posso perdere ogni dignità”. Viene ucciso per questo suo ennesimo rifiuto, insieme al segretario Pino Grimaldi, ex agente di polizia, amico fraterno di Dino e seconda figura paterna per Gian Ettore e Luigi.

Quella sera, a Dino Gassani, viene offerta la possibilità di salvarsi, di dire che avrebbe abbandonato Garzione. Ma lui sceglie di non farlo, sceglie coscientemente di morire, di sacrificarsi per un principio.

I corpi di Grimaldi e Dino Gassani vengono scoperti dal figlio di Dino, Luigi, poco più che quindicenne, che subisce uno shock tremendo. All’omicidio segue lo sgomento e il terrore per tutta Salerno e nel mondo dell’avvocatura; i figli si ritrovano soli, senza più quella figura di padre che li aveva guidati con tenerezza e principi forti lungo tutta la loro vita. L’unica consolazione è la sentenza definitiva di condanna all’ergastolo inflitta a uno degli esecutori, essendo l’altro morto in un attentato, e a Catapano.

In quei giorni difficili, Gian Ettore e Luigi maturano però un proposito, ovvero quello di seguire il percorso del padre, di diventare avvocati. E dopo anni di sforzi e rinunce, riusciranno davvero a riaprire quello stesso studio.

Tutt’oggi, lo studio Gassani è ancora lì, in quella palazzina in centro a Salerno, e il figlio è lì ogni giorno, sulla stessa scrivania che fu del padre. Dino Gassani scelse di sacrificare la sua vita, rendendola un ideale immortale.

di Luigi Gassani; a cura di Elisa Boni

Fonte:http://mafie.blogautore.repubblica.it/