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Dalle visure camerali ,strumento indispensabile per individuare i soggetti in odor di mafia,si può rilevare quanto sia diffusa e radicata la presenza mafiosa in provincia di Latina e quanto siano robuste le connivenze fra pezzi delle istituzioni e della politica con quei soggetti.E’ mancata e manca,a fronte di tale agghiacciante situazione,un’azione efficace di contrasto sia da parte delle istituzioni locali che da parte della stessa società civile.E questo é il problema dei problemi.Se i cittadini,i loro rappresentanti,le stesse rappresentanze istituzionali la finissero di fare affermazioni generiche e cominciassero a collaborare con la magistratura inquirente competente,la DDA in questo caso,informandola dettagliatamente , e possibilmente con tanto di nomi e cognomi, della situazione,avremmo sicuramente una realtà diversa.I pericoli maggiori restano purtroppo la retorica e l’omertà.

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Martedì 10 Maggio 2016 

Latina ha il suo candidato donna. Ecco Marilena Sovrani

Sovrani: la mafia a Latina non spara, ma fa affari col mondo imprenditoriale

“La nuova mafia ha bisogno dei politici”

 

La candidata sindaco Marilena Sovrani introduce nel dibattitto della campagna elettorale un argomento scottante  e decisamente pesante. Sovrani ricorda infatti come “la mafia a Latina forse non spara, ma sa bene come fare affari con un certo mondo dell’imprenditoria e del tessuto economico”. La candidata aggiunge che “la politica se vuole davvero essere trasparente, deve agire senza indugi verso quella politica che invece è malata”.

La candidata sindaco di Latina Popolare e lista Sovrani afferma: “A Latina la mafia non spara. Prende accordi con il mondo affaristico. Acquista le persone, i voti, i palazzi. La flessione dei reati riconducibili alle azioni della microcriminalità (197 rapine rispetto alle 214 dell’anno prima, 11.182 furti contro gli 11.919 precedenti) non evochi entusiasmi facili. I sistemi mafiosi si sono adeguati ai tempi. Le sparatorie, gli attentati incendiari, le esecuzioni, tanto frequenti negli primi anni Novanta a Latina, oggi provocano troppo rumore. La cosiddetta “quinta mafia”, quella che si nutre di business più che di pistole, è silente e rende di più. L’audizione del prefetto di Latina Pierluigi Faloni, ascoltato dalla commissione parlamentare antimafia, conferma il dato e riporta a galla una realtà conclamata sulla quale s’impone una presa di coscienza corale. L’infiltrazione mafiosa legata alle connessioni tra Ndrangheta, Camorra, Sacra Corona Unita e mondo degli affari si è radicata nel territorio pontino ormai in maniera salda. La provincia in cui viviamo è stata oggetto di evidenti suddivisioni geografiche ed economiche. Suddivisioni che equivalgono a spartizioni di potere. Gli ambiti economici legati alle costruzioni, agli appalti, al commercio all’ingrosso, alle attività turistico-balneari, persino alle Pompe Funebri risultano seriamente lambiti da interessi mafiosi. La politica dovrebbe dare risposte ai cittadini di Latina anche su queste realtà. A cosa mi riferisco? Mi riferisco al numero delle attività commerciali aperte e chiuse nel giro di pochi mesi nel capoluogo pontino, ai cognomi noti nel mondo camorristico napoletano che hanno avviano fiorenti attività edilizie in città, alla comparsa di personaggi usciti dal cappello di un prestigiatore, gente con capitali di origine ignota che nel giro di pochi anni ha acquisito un potere all’interno della società locale. La “nuova” mafia ha bisogno dei politici, si nutre di essi e li nutre, in qualche caso li partorisce. Quando Latina Bene Comune tenta l’azione innovativa parlando di trasparenza (un termine preso in prestito dagli outsider di tutti i tempi) da inseguire come impegno verso gli elettori, io non penso ad azioni amministrative di cui rendere edotti i cittadini. Io penso alla parte sana della politica che deve agire senza indugi verso quella malata. Il cittadino non vuole essere informato. Il cittadino preferisce non essere fregato, dai politici”