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Dalla pistola alla ricchezza, com’è cambiata la camorra napoletana

Dalla pistola alla ricchezza, com’è cambiata la camorra napoletana

Di Redazione Internapoli – 25 luglio 2018

In Campania, la criminalità organizzata di tipo mafioso si conferma come fenomeno caratterizzato da equilibri mutevoli e in continua trasformazione, in ragione di un tessuto delinquenziale più che mai complesso.
Rimane, come dato costante, la poliedricità del “sistema camorra”, capace di esprimere dei veri e propri cartelli, come riscontrato per i clan napoletani
LICCIARDI, CONTINI e MALLARDO, che negli anni ‘90 diedero vita all’Alleanza di Secondigliano, ma che da sempre agiscono d’intesa. Lo stesso pluriennale accordo si riscontra per il gruppo dei CASALESI, che fa capo alle famiglie SCHIAVONE, IOVINE, ZAGARIA e BIDOGNETTI, al quale sono funzionalmente collegati la maggior parte dei clan che operano nella provincia di Caserta. Il sodalizio dei CASALESI, descritto in atti giudiziari come associazione che ha mutuato le caratteristiche delle organizzazioni mafiose di origine siciliana,
è tutt’ora vitale, nonostante gli arresti e la collaborazione con la giustizia di elementi di vertice.

Al pari dei descritti cartelli, risultano fortemente strutturati altri sodalizi che, nel tempo, hanno creato dei veri e propri apparati imprenditoriali, in grado di influenzare ampi settori dell’economia, locale e nazionale (giochi, ristorazione, comparto turistico-alberghiero, edilizia, rifiuti), mostrando una resilienza tale da riuscire ad assorbire i continui colpi dello Stato, rimanendo comunque operativi. Pertanto, la rilevanza mediatica che producono i numerosi e gravi episodi criminosi (agguati, sparatorie, intimidazioni), verificatisi soprattutto nella città di Napoli e nell’area a Nord, non deve indurre ad un’analisi della camorra che limiti la lettura del fenomeno alla matrice delinquenziale di “basso cabotaggio”, caratterizzata dallo scontro tra bande rivali, costituite da nuove, giovani leve, prive di caratura criminale. Al contrario, non devono essere ignorate dinamiche di sodalizi che appaiono assenti e che, al contrario, operando lontano dai riflettori, godono di tutti i benefici tattico-strategici che ne conseguono, specie per quanto attiene l’infiltrazione nell’economia. Nello stesso capoluogo si rileva la perdurante
convergenza tra nuove aggregazioni e storiche organizzazioni della criminalità napoletana. Queste ultime, in particolare, nonostante la detenzione degli elementi di vertice, risultano operative sul territorio di influenza con nuovi asset gestionali, la cui mimetizzazione è frutto di una studiata strategia che, alle dinamiche di violenta contrapposizione, preferisce la gestione di grandi traffici internazionali e la proiezione extraregionale.
Quanto descritto vale anche per altri gruppi che operano in provincia (a titolo esemplificativo si citano le famiglie
MALLARDO, MOCCIA, POLVERINO, FABBROCINO, GIONTA), tutti dotati di una capacità economica consolidatasi prima nelle zone d’origine, grazie all’indiscusso dominio criminale e successivamente oltre regione, a seguito di una espansione sempre più ramificata.

Per questi ed analoghi sodalizi, la straordinaria ricchezza, accumulata in decenni di gestione di attività illecite, rappresenta uno dei maggiori punti di forza, spesso più della capacità di intimidazione, sia per la possibilità che ne consegue di mantenere le famiglie degli affiliati in difficoltà economiche sia per operare investimenti, insinuandosi in aree all’apparenza scevre da presenze criminali.

In queste zone, gli affiliati ai clan hanno stretto, nel corso del tempo, alleanze mirate a far convergere le migliori esperienze maturate dai singoli gruppi nelle diverse attività illecite, quali traffici di stupefacenti e di merce contraffatta,  smaltimento di rifiuti tossici e riciclaggio. Permane il forte interesse per la gestione economica e politico-amministrativa del territorio, attraverso il controllo dei flussi di spesa pubblica, il condizionamento degli appalti e la corruzione degli amministratori. La penetrazione nelle Istituzioni ed il condizionamento di interi settori dell’economia – spesso legata a forniture, prestazioni di servizi ed appalti pubblici – sono tra i fattori che maggiormente hanno contribuito a saldarne la presenza sul territorio ed a rafforzarne il potere. L’inserimento nel settore degli appalti si accompagna, secondo precise sinergie di sistema, al condizionamento degli Enti locali, di cui rappresenta un dato inconfutabile lo scioglimento dei Consigli comunali per infiltrazioni mafiose, provvedimento che per alcuni Enti territoriali è intervenuto più volte negli anni395. Gli accertamenti svolti dalle Commissioni insediatesi nei comuni per verificare eventuali condizionamenti mafiosi, confermano che le maggiori criticità si rilevano nell’affidamento a consorterie criminali di lavori e servizi pubblici, favorito da un diffuso disordine organizzativo e dalla mancanza di qualunque forma di controllo del territorio e di tutela della legalità, tutti aspetti che agevolano gestioni poco trasparenti e rendono le realtà amministrative locali maggiormente “permeabili” all’azione della criminalità organizzata.

 

fonte:https://internapoli.it