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Da Quarto a Formia

Il Manifesto, Giovedì 14 Gennaio 2016

Quarto, il lungo assedio
La sindaca Capuozzo racconta alla consigliera Aprile: «Io non mi fermo». E a Di Maio «ho detto che ci dobbiamo vedere». Chiesto l’arresto del consigliere espulso da M5S, De Robbio. L’informativa inviata alla Dda.

di Adriana Pollice
Per l’ex consigliere grillino di Quarto Giovanni De Robbio, l’imprenditore delle pompe funebri Alfonso Cesarano, l’ex assessore Pd di Quarto Mario Ferro e altre otto persone i carabinieri di Pozzuoli hanno chiesto l’arresto, ha rivelato ieri Il fatto. E’ quanto si legge nell’informativa inviata alla Dda di Napoli. L’inchiesta è partita dalla denuncia di un concorrente dei Cesarano e si è sviluppata fino a coinvolgere l’amministrazione quartese. Il 25 novembre il pm Woodcock interroga la sindaca 5S Rosa Capuozzo sull’agenzia di pompe funebri vicina al clan Polverino, sui suoi rapporti con De Robbio, su Ferro: «L’ho visto due o tre volte — spiega — e staziona sempre, unitamente a tante altre persone, innanzi al locale dove ha sede la ditta di pompe funebri Cesarano».

La storia comincia l’11 febbraio 2015, quando Angelo Tarantino sporge denuncia ai carabinieri di Quarto contro i Cesarano. Tarantino nel 2012 prova ad aprire un negozio di articoli funebri a Pozzuoli ma gli uffici dell’Asl locale fanno ostruzionismo per un anno nel rilascio delle certificazioni. Grazie ad accordi con il consorzio La Sannitica, riesce comunque ad avviare l’attività ampliando il mercato ai funerali. Il 5 marzo 2014 al rione Toiano di Pozzuoli due persone stracciano i manifesti mortuari della sua ditta per affiggere i loro con il logo Cesarano. E’ la prima di una lunga serie di intimidazioni.
L’8 gennaio 2014 l’agenzia di Pozzuoli viene chiusa dal locale ufficio delle Attività produttive per 15 giorni senza giusta causa. Diventa difficile anche ritirare le salme in ospedale. Il clima si fa sempre più ostile. A fine gennaio, arriva la richiesta di incontrare Giacomo Luigi Cesarano, figlio di Alfonso (ai domiciliari a Formia): gli spiegano che «per loro avere concorrenti era un’umiliazione». La richiesta di accordo diventa un’estorsione e poi, con il ritorno a casa di Alfonso Cesarano, minacce: «Precisava — racconta Tarantino ai carabinieri — che io a differenza sua non mantenevo i detenuti mentre lui ogni settimana faceva il suo dovere essendo un uomo d’onore». Don Alfonso è uno che si può permettere di scrivere a Tarantino: «Tutto quello che si fa io so. Adesso ti ho dato la pazziella per farti giocare ma sai bene se io voglio non vi faccio nemmeno respirare».

I carabinieri cominciano a intercettarlo insieme ai figli, così ascoltano mentre Giacomo Luigi Cesarano commenta i voti a De Robbio: «Noi ci siamo messi con chi vince… sì ma per fare cosa dopo? per prenderlo nel culo? noi dovevamo votare a Mario (Mario Ferro, ndr)…però una volta che è saltata la politica di Mario, cioè che Mario non esiste più, ci dobbiamo mettere a dare i voti a gente che non servono, che nemmeno il popolo vuole più… invece abbiamo preso ed abbiamo spostato tutto su di uno, già sapevamo già che era il nostro cavallo di battaglia». E ancora: «De Robbio noi abbiamo fatto l’accordo con lui…ci siamo seduti al tavolo, papà, Mario Ferro, De Robbio.. hanno concordato diciamo delle cose loro, noi gli abbiamo detto che gli avremmo dato una mano… ti diamo noi una mano a vedere i voti che devi avere…importante che noi adesso stiamo con chi vince… L’assessore glielo diamo noi cimitero, polizia se vediamo la mala parata ci buttiamo all’opposizione e li facciamo cadere».

La sindaca resiste, Cesarano e soci non ottengono quello che vogliono e cominciano a organizzare la guerriglia. Il 9 luglio Ferro spiega ad Alfonso Cesarano: «Facciamo la squadra prendiamo il titolo… andiamo sopra il comune e andiamo dal sindaco e diciamo …senti questa è una squadra che sta a Quarto, noi ci serve il campo per allenarci. Quanto dobbiamo dare l’anno? mille euro al mese, due mila…ci sta bene…il giorno successivo andiamo giù al campo, non possiamo giocare, andiamo al comune e ci facciamo la messa in mora al sindaco: senti adesso tu ci vai ad aggiustare il campo o ti facciamo la messa in mora perché tu ci fai problemi che non ci possiamo allenare. A questo punto interviene Giovanni (De Robbio, ndr)…gli dice “hai visto pezzo di scema quello che io ti dicevo quello sta succedendo. Adesso lo vuoi risolvere il problema? la soluzione la tengo io”…che poi è la soluzione nostra». E poi: «Giovanni diglielo chiaro, digli piccerella se a te ti piace la poltrona statti dentro la poltrona a casa tua perché noi qui ti mandiamo subito a casa…Giovanni ha detto che ci dobbiamo creare due problemi uno dietro l’altro…perché ci deve dire: senti mezza scema quelli che ti possono risolvere i problemi li tengo io a Quarto. Tengo imprenditori, tengo gente con esperienza politica del passato».
Capuozzo resiste all’assedio, il 21 dicembre racconta alla consigliera Concetta Aprile: «Ma lui (De Robbio, ndr) la disse una parola: noi se non la finiamo va a finire che ci uccidiamo. Ed io gli dissi…e ci uccidiamo..tu mi uccidi a me perché io non sono il tipo però io non voglio sapere niente io vado così, vado per la mia strada non mi fermo». E infine: «Io poi gli ho detto anche a Luigi (Di Maio, ndr) che qualche sera ci dobbiamo vedere perché qualsiasi cosa veramente loro ci devono commissariare».