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Da Il Tempo . Una richiesta dei 5 Stelle:il Governatore in audizione all’Antimafia

 

15/02/2016 06:08

POLITICA E INCHIESTE

«L’Antimafia ascolti Zingaretti e Vincenzi» 

L’istanza presentata da M5S al presidente della Commissione Rosy Bindi Al centro del documento il caso Mafia Capitale COINCIDENZE Buzzi, tra i voti a Tivoli e la legge alla Pisana

REGIONE, APPLAUSI DIPENDENTI ACCOLGONO PRESIDENTE ZINGARETTI - FOTO 3

Il governatore del Lazio, Nicola Zingaretti, e il neo eletto presidente della commissione regionale Bilancio, Marco Vincenzi, «siano ascoltati dall’Antimafia». L’istanza è del senatore del Movimento5stelle Mario Michele Giarrusso, che ha firmato la missiva recapitata venerdì scorso al presidente della Commissione parlamentare, Rosy Bindi. La recente nomina di Vincenzi – dimessosi a giugno scorso da capogruppo Pd per i suoi rapporti con il «braccio imprenditoriale» di Mafia Capitale, Salvatore Buzzi – ha scatenato le ire dei pentastellati. Perché il nome del consigliere regionale dem, uomo di punta di Zingaretti nella provincia romana e tra i più suffragati alle scorse elezioni, è finito in un capitolo bollente dell’indagine sulla presunta cricca mafiosa: quello sulle erogazioni di denaro destinate al Municipio di Ostia, per la gestione degli appalti sul verde accaparrati dalle cooperative di Buzzi. La questione che pongono i grillini è così riassumibile: un amministratore pubblico coinvolto (non indagato) in un’indagine penale per mafia non può essere nominato a presidente di una commissione delicata qual è quella sul Bilancio. Per questo Giarrusso ha preso carta e penna e chiesto una «urgente» audizione del governatore.
Stando al contenuto della missiva, «è auspicabile che la Commissione Antimafia voglia disporre urgentemente l’opportuna, se non necessaria, audizione del presidente della Regione Lazio, Zingaretti, nonché di Vincenzi, affinché siano forniti esaustivi chiarimenti in merito ai criteri adottati per l’affidamento di una presidenza cruciale quale è quella della Commissione regionale Bilancio al dottor Vincenzi». Recentemente, aggiunge Giarrusso, «nel gennaio e febbraio 2016, durante la deposizione degli ufficiali del Ros, in occasione dello svolgimento del processo Mafia Capitale, il dilagante fenomeno corruttivo all’interno della Regione Lazio si è nuovamente e prepotentemente manifestato, in concomitanza, peraltro, con la nomina del consigliere Pd Marco Vincenzi a presidente di Commissione. Vincenzi, pur non essendo al momento sottoposto a indagine, risulta essere presente in maniera preponderante nelle carte dell’inchiesta su Mafia Capitale e, segnatamente, per i suoi rapporti con Salvatore Buzzi».

C’è da chiedere cosa abbia indotto Zingaretti ad affidare la Commissione Bilancio a Vincenzi. In Regione sono pronti a scommettere che la decisione sia basata sul potere elettorale di Vincenzi in tutta la provincia di Roma. Per capire cos’è successo è necessario fare un salto indietro di alcuni mesi, a giugno scorso. Con la seconda ondata di arresti di Mafia Capitale si scopre che Vincenzi è in rapporti con Buzzi. Dopo un paio di giorni il politico rassegna le dimissioni da capogruppo Pd. Al suo posto arriva il professor Riccardo Valentini, esponente di punta dell’ormai sciolto Listino di Zingaretti «Per il Lazio». Ma la sua nomina proprio non va giù alle varie anime del Pd (quelle per intenderci che hanno portato i voti), in quanto la sua elezione e la successiva nomina a capogruppo non sono lo specchio di un suo potere elettorale. Zingaretti corre ai ripari. L’obiettivo è ritrovare armonia nel gruppo Pd e trovare una sistemazione per Vincenzi. Così scatta il giro di valzer natalizio delle nomine: a metà dicembre la nomenklatura del Pd Lazio si riunisce nella segreteria, in via degli Scialoja a Roma. Alla fine si decide che il nuovo capogruppo Pd sia Massimiliano Valeriani. Per Vincenzi, invece, la parola d’ordine è «riabilitazione». Così, il 9 febbraio scorso arriva la nomina a presidente della Commissione Bilancio.

Secondo i pentastellati, così come accertato dall’indagine coordinata dal procuratore capo Giuseppe Pignatone, il malaffare sarebbe penetrato dai Municipi di Roma, al Comune, fino alla Regione Lazio. Un’ondata di contatti e rapporti di natura illecita che hanno svelato il grado di curruzione della pubblica amministrazione laziale. Lo stesso Giarrusso, infatti, precisa che «le ripercussioni e gli intrecci che hanno interessato il Comune di Roma, si sono palesati in tutta evidenza e con pesanti implicazioni anche all’interno della Regione Lazio, implicando non solo consiglieri regionali della passata e presente consiliatura, ma anche gli stessi gangli centrali dell’amministrazione regionale», ossia l’ex capo di gabinetto di Zingaretti, Maurizio Venafro.

Francesca Mariani