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Da Cosa nostra a Cosa nuova:«Ecco il piano per riunire i clan»;…………”massoni, ’ndrangheta, servizi segreti e politici per fare affari e gestire il potere. Una sorta di comitato d’affari perenne e stabile». Il Corriere della Sera, Domenica 17 luglio 2016

Da Cosa nostra a Cosa nuova:«Ecco il piano per riunire i clan»
Mafia e ‘ndrangheta erano pronti alla grande alleanza. I rapporti tra criminalità organizzata e logge massoniche nei racconti dei pentiti e nel verbale del Gran Maestro Di Bernardo: «Mi dissero che in Calabria 28 logge su 32 erano controllate dalle ‘ndrine»

di GIOVANNI BIANCONI

Tra le decine di migliaia di pagine che compongono l’inchiesta della Procura antimafia di Reggio Calabria sui cosiddetti «Invisibili» che orienterebbero dall’ombra le scelte della ’ndrangheta, c’è pure il verbale sottoscritto nel 2014 da Giuliano Di Bernardo, il Gran Maestro della massoneria che guidò il Grande Oriente d’Italia fra il 1990 e il ‘93, quando ne uscì per fondare la Gran Loggia Regolare d’Italia. Interrogato dal pubblico ministero Giuseppe Lombardo, ha raccontato le confidenze che gli fece il suo vice al Grande Oriente, il calabrese Ettore Loizzo: «Nel corso di una riunione della Giunta del Grande Oriente, che io indissi con urgenza nel ’93 dopo l’inizio dell’indagine del dottor Cordova (all’epoca procuratore di Palmi, ndr) sulla massoneria, a mia precisa richiesta disse che poteva affermare con certezza che in Calabria, su 32 logge, 28 erano controllate dalla ’ndrangheta. Gli dissi subito: “E cosa vuoi fare di fronte a questo disastro?”. Lui mi rispose: “Nulla”. Io, ancora più sbigottito, chiesi perché. Lui mi rispose che non poteva fare nulla perché altrimenti lui e la sua famiglia rischiavano gravi rappresaglie… Faccio presente che la questione calabrese era molto più preoccupante in quanto la massoneria calabrese era ben più ramificata di quella siciliana».

I racconti del «Buscetta della politica»
Sempre nel 2014, il pentito di mafia Gioacchino Pennino, ribattezzato il «Buscetta della politica» per i suoi trascorsi nella Dc, ha disegnato agli inquirenti reggini un contesto dove, al riparo delle Logge, si sarebbe realizzato una sorta di mutuo soccorso tra le diverse organizzazioni criminali: «Confermo che mio zio Gioacchino Pennino, uomo d’onore della famiglia di Brancaccio, mi confidò di essere stato da latitante, negli anni 60, ospite dei Nuvoletta nel napoletano. Ciò non deve sorprendere in quanto Cosa nostra, ’ndrangheta e Sacra corona unita sono da sempre unite fra loro. Sarebbe meglio dire sono una “Cosa sola”. Da lì mio zio si recava in Calabria dove mi disse che aveva messo insieme massoni, ’ndrangheta, servizi segreti e politici per fare affari e gestire il potere. Una sorta di comitato d’affari perenne e stabile». Il collaboratore di giustizia messinese Gaetano Costa ha aggiunto: «I legami tra Cosa nostra e ’ndrangheta erano strettissimi. Non so in concreto per quanto tempo, né con quali risultati operativi, ma si arrivò a progettare e a dare forma (nel periodo immediatamente successivo alle stragi di Falcone e Borsellino) a una super-struttura che comprendeva le due organizzazioni; la cosiddetta Cosa nuova. Era una sorta di organizzazione mafiosa di vertice che ricomprendeva sia gli elementi di spessore e di peso di Cosa nostra che quelli della ’ndrangheta. Cosa nostra serviva a inserire in modo più organico, nel tessuto del crimine siciliano e calabrese, persone insospettabili, collegamenti con entità politiche, istituzionali e massoniche». Pure l’ultimo pentito di Cosa nostra, quel Gaspare Spatuzza che ha riscritto la storia della strage di via D’Amelio, è entrato nell’inchiesta reggina per dire che Mariano Agate — capomafia di Mazara del Vallo, noto per le sue frequentazioni di circoli massonici più o meno segreti — «è da considerarsi l’anello di congiunzione tra Cosa nostra e ’ndrangheta». E facendo proprie le considerazioni della Procura guidata da Federico Cafiero de Raho, il gip conclude che «il legame ’ndrangheta-massoneria può, anzi deve, ritenersi dimostrato».

La cupola segreta
È lì dentro che è nata e cresciuta, secondo l’ipotesi dell’accusa, la presunta «componente apicale segreta e riservata» di cui farebbero parte le cinque persone raggiunte dai provvedimenti d’arresto della scorsa settimana, compreso il parlamentare Antonio Caridi per il quale si attende l’autorizzazione richiesta al Senato. Giunti a condizionare non solo la gestione di appalti e affari, ma anche elezioni comunali, provinciali, regionali e nazionali, con l’obiettivo di controllare ulteriori appalti e affari. Una «centrale di potere» che s’è avvalsa della manovalanza criminale fino a integrarsi e convergere nella stessa organizzazione. Questa sarebbe la «’ndrangheta invisibile» svelata, oltre che da nuove dichiarazioni, dalla rilettura di vecchie deposizioni e intercettazioni. Scrive ancora il gip: «È la componente criminale che ai metodi tipici della lobby o della Loggia segreta, aggiunge la possibilità di avvalersi di metodi ben più penetranti, quelli mafiosi». Ma per «operare in contesti istituzionali o economici» ci vogliono «punti di riferimento segreti, occulti, riservati, unica strada per cui poteva passare il progetto di mimetizzazione della ’ndrangheta». Di qui il ricorso a personaggi «insospettabili», sebbene due degli arrestati (l’avvocato Giorgio De Stefano e l’ex parlamentare Paolo Romeo) siano pregiudicati per concorso in associazione mafiosa.

La «lezione» del boss Mancuso
A conferma di questa ricostruzione, gli inquirenti citano un’intercettazione carpita nel 2012 dai carabinieri del Ros al vecchio boss della provincia vibonese Pantaleone Mancuso, che diceva: «La ’ndrangheta non esiste più!… Una volta a Limbadi, a Nicotera, a Rosarno, a… c’era la ’ndrangheta! (…) Ora cosa c’è più?… è rimasta la massoneria e quei quattro storti che ancora credono alla ’ndrangheta!… È finita!… bisogna fare come… per dire… c’era la “democrazia”… è caduta la “democrazia” e hanno fatto un altro partito… Forza Italia, “forza cose”… bisogna modernizzarsi!… non stare con le vecchie regole! (…) Il mondo cambia e bisogna cambiare tutte cose!… oggi la chiamiamo “massoneria”… domani la chiamiamo P4, P6, P9…».