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Covid e mafiosi, Maresca: no ad un nuovo “liberi-tutti”

Covid e mafiosi, Maresca: no ad un nuovo “liberi-tutti”

15 Novembre 2020

Di Fulvio Miele

Catello Maresca, magistrato antimafia, nel mese di marzo denunciò con forza l’esistenza di una questione carceraria. Fu facile Cassandra. Pochi giorni dopo aver denunciato quei segnali inquietanti che arrivavano dai penitenziari, scoppiarono rivolte ovunque negli istituti di pena italiani. Per chi l’avesse dimenticato, per quelli che hanno memoria corta, tra il 7 e il 9 marzo di quest’anno, nelle carceri d’Italia in rivolta morirono 14 detenuti, ci furono decine di feriti e danni per una trentina di milioni di euro alle strutture devastate e incendiate. Dopo quelle rivolte ci furono decreti legge e circolari del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria che portarono, più o meno surrettiziamente, alla scarcerazione di centinaia di pericolosi detenuti con la scusa del rischio contagio. E tra questi scarcerati c’erano anche detenuti al 41 bis, i boss mafiosi. Tanti mafiosi. E tra gli scarcerati (differimento della pena a casa) c’era Pasquale Zagaria, mente criminale e fratello del capoclan dei Casalesi. Abbiamo chiesto al dottor Maresca, Sostituto Procuratore Generale a Napoli, se la storia può ripetersi e se abbiamo tratto qualche insegnamento da quanto accaduto tra marzo e aprile nelle carceri d’Italia.

Dottor Maresca, c’è il rischio che possano accadere le stesse cose di marzo e aprile negli istituti di pena?

Quei detenuti morti, quelle devastazioni nelle carceri. Quella perdita di credibilità delle istituzioni. Quella sequela di dimissioni ai vertici del Dap e al Ministero della Giustizia sono una pagina buia su cui sarebbe il caso si facesse luce.

Scusi ma non ha risposto alla domanda. La domanda é: rivedremo lo stesso film? Rivedremo rivolte e poi provvedimenti per svuotare le carceri per evitare le rivolte? Rivedremo mafiosi tornare a casa a causa del rischio contagio da covid 19?

La questione carceraria è rimasta lì. Non è cambiato molto nella gestione delle carceri. E non è la prima volta che mi capita di notare atteggiamenti e provvedimenti a mio parere poco efficaci, quando non addirittura forieri di effetti assolutamente negativi.

A quali provvedimenti si riferisce in particolare?
Ad un complesso di circolari del DAP, talvolta contraddittorie, alcune prima emanate e poi subito ritirate, sintomatiche di una difficoltà operativa e decisionale molto pericolosa.

Mi perdoni se insisto, ma davvero rischiamo di correre lo stesso rischio di qualche mese fa ovvero l’uscita dal carcere di migliaia di detenuti?

E non per fine pena. Mi sembra piuttosto evidente che, in mancanza di una linea programmatica chiara e diretta in maniera scientifica ad affrontare e risolvere l’atavico problema del sovraffollamento delle carceri, il rischio più grande che si corre sia quello di rivedere scene di protesta, anche potenzialmente violente da parte di detenuti più o meno eterodiretti.

Si riferisce alle rivolte del 7 e 8 marzo,  quando all’unisono scoppiarono rivolte in  27 carceri tutti assieme? All’epoca lei parlò di una “strana” coincidenza.

Ovviamente mi auguro che non possano mai ripetersi quelle rivolte. Ma debbo constatare che la situazione della diffusione del virus all’interno delle carceri è assai più grave della prima fase dell’emergenza e la situazione generale delle strutture è migliorata troppo poco e molto lentamente. In alcune strutture come a Milano la strada intrapresa mi sembra giusta, altrove temo che siamo ancora molto indietro.

Quale soluzione propone lei?

Non avendo compiti gestionali e nemmeno ruoli istituzionali e di decisione in materia, non è mio compito quello di trovare le soluzioni. Anzi, le dirò di più, tranne qualche telefonata infastidita delle mie segnalazioni critiche, non ho mai ricevuto richieste di proposte ufficiali in tal senso. Mi sono però sempre limitato con educazione ad anticipare rischi e a suggerire possibili soluzioni. Qualcuno, di cui non faccio il nome, mi diede anche dell’ignorante e mi propose di tornare a studiare il diritto. Acqua passata.

Vuol dire che nessuno l’ha mai chiamata per ricevere un suo contributo tecnico istituzionale?
Intendo dire, che essendo il primo ad aver intuito, diciamo così, il rischio che si correva a marzo e ad aver proposto anche degli interventi riparatori, mi sarei aspettato almeno che qualcuno mi venisse a chiedere come avessi fatto ad anticipare lo scenario che poi si è drammaticamente realizzato. Sa, magari, capire quali possano essere gli indicatori, i campanelli di allarme, può servire ad anticipare le mosse e a prevenire guai maggiori.

Vuole quindi dire che gli attuali responsabili non sono in grado di fare queste previsioni?
Non ho detto questo. Non mi metta in bocca parole non mie. Ho solo detto che a me nessuno lo ha chiesto. Anzi si sono lamentati per le mie continue pubbliche sollecitazioni, fatte anche su questo giornale. Ovviamente, spero che lo abbiano fatto perché già pensano di avere le risposte alle varie criticità. Lo spero e ce ne accorgeremo nei prossimi mesi.

Tornando alle sue osservazioni, inviate anche alla Commissione Giustizia del Senato, all’ultimo decreto svuotacarceri, ci può spiegare di che cosa si tratta e perché lei è così preoccupato?

Quando un senatore napoletano, avvocato serio che già conoscevo per motivi professionali, mi ha chiesto un parere tecnico, ho sollecitato il mio gruppo di studio universitario ad approfondire la questione. Chiedendo a tutti un sacrificio anche nel weekend. E subito sono emerse una serie di criticità ed alcuni errori tecnici.

Di che cosa si tratta?
La risposta non è semplicissima, perché si tratta di questioni squisitamente tecniche. Cerco di risponderle indicandole gli effetti di questa norma che, replicando quella di marzo, tende a intervenire sul sovraffollamento carcerario.  In buona sostanza è una norma che rischia di non servire a niente.

In che senso scusi?
È che non solo non svuoterà le carceri, ma non alleggerirà neanche sensibilmente il problema delle celle affollate e del rischio di contagio. E poi non affronta il rischio di scarcerazione per i detenuti per reati più gravi.

Intende dire che potremmo assistere a scene simili a quelle di aprile e maggio? Mafiosi in vacanza domiciliare con la scusa del covid?
Anche qui vedo che lei tende ad essere troppo tranciante. Non ho detto questo. Dico solo che la norma da un lato non svuota le carceri e dall’altro non interviene sul pericolo di scarcerazione dei detenuti più pericolosi. Quindi se avessi dovuto dare un mio parere scientifico avrei suggerito un’altra strada.

E cioè?
In carcere c’è un grosso problema, che non è possibile risolvere con un lockdown. Non è fisicamente e tecnicamente possibile a meno che non si eseguano interventi strutturali profondi, difficili da realizzare in pochi mesi.

Quindi?
Quindi non si può pensare che mandare a casa 3/4 mila detenuti (
nella migliore delle ipotesi, ndr) che debbano scontare meno di 18 mesi di reclusione serva a risolvere il problema. Allora, se non hai la capacità organizzativa e strutturale devi avere il coraggio di adottare provvedimenti più decisi.

Che cosa intende per coraggio di decisioni?
Intendo dire che di fronte a questa situazione esplosiva ci sono solo due strade.

E quali sono?
O quella strutturale/organizzativa che devi realizzare con decisione. E non è stato fatto.
Oppure quella seriamente deflattiva, che prevede il dimezzamento della platea carceraria.

Non starà mica sta parlando di una amnistia generalizzata?
Assolutamente no. Sono sempre stato assolutamente contrario a questo tipo di interventi. Ma dico che se la situazione è esplosiva devo salvare il salvabile. E, quindi, devo fare di tutto per tenere in carcere i detenuti più pericolosi e prevedere temporanee soluzioni alternative per quelli meno pericolosi, a partire dai non definitivi.

Per lei è l’unica soluzione praticabile?
Nella situazione attuale c’è l’altissimo rischio che approfittino della gravità della situazione i “soliti” mafiosi più pericolosi, notoriamente in grado di mettere in campo mezzi e strategie sofisticate.  Questo è il pericolo da scongiurare a tutti i costi. Poi si dovrebbero avere a disposizione i numeri veri per fare una strategia. Ci vorrebbe una analisi che valuti la pericolosità dei detenuti, le pene da scontare, i braccialetti effettivamente disponibili e le reali esigenze delle strutture carcerarie per adeguarsi alla gestione dell’emergenza.

Sembrano dati facilmente reperibili?
Anche a me sembrava. Ma purtroppo l’intervento normativo proposto ne prescinde quasi totalmente. Lo segnalano anche i tecnici del dossier bilancio che accompagna la norma. Ma purtroppo sembra che sia più importante approvare velocemente la norma che non verificarne la validità e l’efficacia.

Scusi se glielo rammento, ma quello che lei dice è grave. Lei sostiene che si approva una norma tanto per approvarla non perché si è consapevoli che questa norma sarà utile ed efficace.

E vabbè, spero di non averla troppo impaurita.

Dottor Maresca, per dirla col filosofo napoletano Vico, la storia si ripete.

Adoro Vico, ma per dirlo con le parole di un altro genio napoletano, il principe de Curtis, Totò: ho detto tutto! E che Dio ce la mandi buona.

Fonte:https://www.juorno.it/